giovedì 15 marzo 2012

Fratelli gemelli uccisi nel Catanzarese Due condanne e un'assoluzione

Per l'agguato mortale di Gagliato venti anni di carcere, con il rito abbreviato, per Alberto Sia e Patrik Vitale. Il delitto dell'11 giugno 2010 avvenne nell'ambito della faida del Soveratese
 
 Si sono conclusi con due condanne a venti anni di reclusione e un’assoluzione i tre giudizi abbreviati a carico degli altrettanti giovani finiti in carcere con l’accusa di concorso nel duplice omicidio dei fratelli gemelli 45enni Vito e Nicola Grattà, avvenuto l’11 giugno 2010 a Gagliato (Catanzaro). Il giudice dell’udienza preliminare distrettuale, Abigail Mellace, questa sera ha emesso la propria sentenza con la quale ha ritenuto colpevoli Alberto Sia, 26 anni, di Soverato, avvisato orale di pubblica sicurezza e figlio di Vittorio Sia, 51 anni, il presunto boss ucciso in un agguato il 22 aprile scorso, e Patrik Vitale, 26 anni, di Satriano, cui ha inflitto una condanna a venti anni di reclusione ciascuno (il pubblico ministero aveva invece chiesto due ergastoli), e ha invece scagionato con formula ampia Giovanni Catrambone, 22 anni, di Montepaone (per il quale il pm aveva chiesto una condanna a venti anni) come richiesto dall’avvocato Giovanni Caridi. Il giudice depositerà entro 90 giorni le motivazioni della decisione, avute le quali la difesa dei condannati (gli avvocati impegnati sono Gregorio Viscomi, Salvatore Staiano, Sergio Rotundo, e Felice Siciliano) ricorrerà in appello. Gli imputati sono stati condotti in carcere dai carabinieri il 2 luglio 2010, in esecuzione di un provvedimento di fermo emesso dalla Procura distrettuale antimafia, che poi il giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catanzaro, Emma Sonni, ha convalidato.

I tre giovani – assieme ai quali è stato indagato anche un minorenne -, secondo la tesi dell’accusa avrebbero partecipato alla ideazione e all’esecuzione dell’omicidio dei Grattà, maturato nell’ambito di una faida tra cosche per il controllo del soveratese, nonchè del territorio a cavallo con le province di Reggio Calabria e Vibo Valentia. Una delle vittime di questa guerra è stato proprio Vittorio Sia, padre di Alberto, e quest’ultimo assieme a Vitale e Catrambone è stato poi accusato di aver rubato lo scooter utilizzato per l’agguato di chiaro stampo mafioso in cui sono stati freddati i due Grattà – le accuse contestate ai tre sono state concorso in omicidio aggravato, furto aggravato, lesioni e porto abusivo di arma da fuoco -. Le intercettazioni e i riscontri investigativi hanno permesso ai carabinieri di verificare che i tre giovani avrebbero rubato lo scooter, dopo il duplice omicidio rinvenuto bruciato in località Pietà di Petrizzi, non distante dal luogo dell’agguato, e cioè in una zona che sarebbe sotto il controllo proprio di Sia e degli altri due fermati. Qui i militari hanno rinvenuto anche una pistola 9x19 con quattro colpi nel caricatore, pure bruciata, compatibile con quella utilizzata per l’agguato. L’impianto accusatorio, comunque, ha retto solo per due imputati, ed è completamente venuto meno per il solo Catrambone.
 

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