sabato 22 gennaio 2011

Totò Cuffaro

Cuffaro in cella da solo

"Lo lascerò come insegnamento ai miei figli, devono avere fiducia nella giustizia e nelle istituzioni"

PALERMO. Savatore Cuffaro è entrato nel primo pomeriggio nel carcere di Rebibbia, dall'ingresso carraio. Il provvedimento di carcerazione gli è stato notificato dai carabinieri del Ros nella stazione dei militari vicino a piazza Farnese, dove l'esponente politico si è fermato dopo aver lasciato l'abitazione.

L'ex governatore della Sicilia aveva deciso di andarsi a costituire a Roma dopo la conferma in Cassazione della condanna a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra. Lo si è appreso negli ambienti dell'entourage del senatore.

"Rispetto la magistratura, adesso andrò a costituirmi". Sono le prime parole di Salvatore Cuffaro, appena uscito di casa. Subito dopo si è allontanato a bordo di una Punto grigia diretto al carcere di Rebibbia.

"Adesso affronterò la pena come è giusto che sia, questo è un insegnamento che lascio come esempio ai miei figli", dice Cuffaro, intrattenutosi per qualche istante con i giornalisti appena uscito di casa, prima di andare al carcere di Rebibbia a costituirsi. "Sono stato un uomo delle istituzioni - ha proseguito - e ho un grande rispetto della magistratura che è una istituzione, quindi la rispetto anche in questo momento di prova. Questa prova - ha concluso - che certamente non è facile, ha rafforzato in me la fiducia nella giustizia e soprattutto ha rafforzato la mia fede". "Se ho saputo resistere in questi anni difficili è soprattutto perché ho avuto tanta fede e la protezione della Madonna, adesso affronterò la pena come è giusto che affronti un uomo delle istituzioni ed ora viene chiamato a sopportare una prova. Lo lascerò come insegnamento ai miei figli, devono avere fiducia nella giustizia e nelle istituzioni".

Oltre a Cuffaro altri due imputati del processo alle talpe della Dda sono andati in carcere dopo la sentenza della Cassazione. Si tratta dell'ex manager della sanità privata Michele Aiello, che dovrà scontare 15 anni e sei mesi di reclusione, e del maresciallo dei carabinieri Giorgio Riolo, condannato a 8 anni. Aiello è stato arrestato dai carabinieri a Bagheria, in esecuzione di un ordine di carcerazione firmato dal sostituto procuratore generale di Palermo Enza Sabatino e rinchiuso nel carcere Pagliarelli di Palermo. Riolo, che si è costituito ai carabinieri di Piana degli Albanesi, il paese dove risiede, è stato trasferito nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.

AGGIORNAMENTO ORE 20

Piano terra del penitenziario romano di Rebibbia, reparto G12: è qui che Salvatore Cuffaro passerà la sua prima notte in carcere, poche ore dopo la sentenza della Cassazione che lo ha definitivamente condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e per violazione del segreto istruttorio. All'ex governatore della Regione Sicilia - secondo quanto si é appreso - è stata assegnata una cella singola nel reparto 'prima accoglienza', in attesa di una sistemazione definitiva. "Voglio affrontare il carcere con tranquillità", avrebbe detto Cuffaro ai poliziotti penitenziari che hanno provveduto a sbrigare le pratiche di rito quali l'immatricolazione del detenuto e il suo accompagnamento per la visita medica di ingresso. Ogni 15-20 minuti un agente controllerà le sue condizioni: non si tratta di una sorveglianza a vista (il più delle volte disposta per scongiurare il pericolo di atti di auolesionismo) ma comunque una vigilanza 'marcata' e più attenta.

Ecco chi è "Totò vasa vasa"

di FRANCESCO NUCCIO - ANSA


PALERMO. Più delle accuse e dei guai con la giustizia l'immagine che ha avuto un peso enorme nella vicenda umana di Salvatore Cuffaro, che dovrà scontare sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, é quella che lo riprende, dopo la condanna di primo grado, davanti a un vassoio di cannoli che gli aveva portato un amico.

Dava l'impressione che stesse festeggiando la condanna a 5 anni, ma lui ha sempre negato sostenendo che stava solo spostando quei dolci dal tavolo del suo ufficio. Se questo è il simbolo del declino (qualche giorno dopo si dimise da presidente della Regione) c'é un'altra improvvisata comparsa televisiva rimasta nella memoria del grande pubblico che segnò invece lo spumeggiante esordio di Cuffaro. Era il settembre 1991. Michele Santoro e Maurizio Costanzo avevano organizzato al teatro Biondo una trasmissione su Libero Grassi, ucciso dalla mafia per essersi ribellato al racket del pizzo. All'improvviso un giovane Cuffaro, rosso in viso e in maniche di camicia, si lanciò dal pubblico in una appassionata difesa di Calogero Mannino, suo capo politico, a quel tempo accusato da un pentito. "E' una volgare aggressione - gridò - alla migliore classe dirigente siciliana della Dc". Costanzo, che non l'aveva mai visto, chiese a uno degli ospiti chi fosse e ne storpiò il nome chiamandolo "Puffaro". Ma quell'appellativo lasciò ben presto il posto a quello di Totò "vasa vasa", ispirato alla sua abitudine di rendere più calorosi i suoi incontri pubblici e privati baciando su entrambe le guance gli interlocutori.

Quei gesti affettuosi, uniti alla cura metodica dei rapporti con l'elettorato, lo hanno reso popolare e politicamente sempre più influente. Che fosse una portentosa "macchina di voti" si era capito sin dal 1991 quando fu eletto all'Assemblea regionale siciliana sfiorando le 80 mila preferenze. Il successo non arrivava per caso. Nato nel 1958 a Raffadali, una volta roccaforte del Pci in provincia di Agrigento, si era messo in luce come consigliere comunale del suo paese e prima nelle liste studentesche quando frequentava la facoltà di medicina (poi arrivò la specializzazione in radiologia).

Nel 1990 l'approdo al consiglio comunale di Palermo, quindi il passaggio all'Ars e un nuovo exploit elettorale nel 1996 che lo fece diventare assessore all'agricoltura. Dopo un breve passaggio nella giunta di centro sinistra guidata da Angelo Capodicasa, la scalata di Cuffaro ai vertici della Regione raggiunse il culmine nel 2001 quando, come candidato del centro destra, sconfisse Leoluca Orlando nella prima elezione diretta a presidente. Replicò il successo nel 2006 quando l'avversario era Rita Borsellino. Ma dopo meno di due anni dovette gettare la spugna. Aveva resistito alla prima condanna, era riuscito a superare una mozione di sfiducia del centro sinistra all'Ars ma non le reazioni suscitate da quella foto "maledetta" con i cannoli. Sposato con Giacoma Chiarello, pure medico, padre di due ragazzi, Cuffaro ha sempre manifestato un forte sentimento religioso.

La sua casa è piena di statue e immagini della Madonna a cui nel 2001 affidò le sorti della Sicilia. Dopo le dimissioni da Governatore, presentate il 23 gennaio 2008, sembrava che la parabola politica di Cuffaro fosse arrivata alla conclusione. Lui stesso aveva fatto intendere che si sarebbe fatto da parte. Invece non mancò l'appuntamento con le politiche del 2008 quando trascinò con i suoi voti l'Udc al Senato, conquistando un seggio. Nell'ottobre 2010 è stato al centro di una nuova svolta politica. Abbandonata l'Udc, ha promosso con Calogero Mannino e l'amico Saverio Romano il Pid, Popolari di Italia domani. Il gruppo, in rotta con Casini, si è subito schierato a sostegno del governo Berlusconi e ha votato per la fiducia. Cuffaro ha condiviso fino in fondo quella linea ma ha preferito restare fuori dalla scena per dedicarsi ai suoi appuntamenti con la giustizia ribadendo sempre il massimo rispetto per la magistratura. Fino alla vigilia della sentenza della Cassazione, che il senatore ha atteso raccogliendosi in preghiera nella chiesa della Minerva a Roma e affidandosi, come sempre, alla Madonna prima di andare in carcere.

 
Cuffaro, in Cassazione confermate le condanne anche agli imputati

Diventano definitivi anche i 15 anni per l'ex manager della sanità privata Michele Aiello, ritenuto vicino a Bernardo Provenzano

ROMA. E' diventata definitiva la condanna a 15 anni di carcere per l'ex manager della sanità privata Michele Aiello, ritenuto vicino a Bernardo Provenzano. Lo ha deciso la Seconda sezione penale della Cassazione che, oltre a confermare la condanna per l'ex governatore della Sicilia Salavatore Cuffaro, ha convalidato tutte le pene per gli altri imputati.

E' stata leggermente ritoccata, per una piccola prescrizione, la condanna a 8 anni di reclusione per l'ex maresciallo del Ros, Giorgio Riolo: ora la pena è di 7 anni, 5 mesi e 10 giorni. Definitiva anche la condanna a 3 anni per il dirigente della Sezione Anticrimine della Questura di Palermo, Giacomo Venezia. Il suo ricorso è stato rigettato.

Sono stati inoltre dichiarati "inammissibili" i ricorsi degli altri imputati del processo 'Talpe alla Dda': 4 anni e 6 mesi sono, dunque, diventati la condanna definitiva per il radiologo Aldo Carcione; quella a un anno per Roberto Rotondo, a 9 mesi per Michele Giambruno; a 4 anni e 6 mesi per Lorenzo Iannì (direttore del distretto sanitario di Bagheria); a 6 mesi per Antonella Buttitta; a 9 mesi per Salvatore Prestigiacomo e a 2 anni per Angelo Calaciura.

Sentenza Cuffaro, Messineo: confermato impianto accusatorio

PALERMO. "Mantengo la linea dell'ufficio, che è quella di non commentare le sentenze in nessun caso. Quello che posso dire è che la sentenza della Cassazione conferma l'impianto accusatorio sostenuto dalla procura in primo grado e cioé: il favoreggiamento, con l'aggravante mafiosa che il Tribunale aveva invece respinto". Così il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, commenta la decisione della Cassazione, che ha confermato la condanna sette anni per l'ex presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, accusato di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra.




Cuffaro, le tappe del processo

PALERMO. Comincia il 5 novembre del 2003, con l'arresto, tra gli altri, di due insospettabili investigatori che lavoravano fianco a fianco con i pm di Palermo, l'inchiesta, poi denominata talpe alla dda, che coinvolge l'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, oggi condannato in via definitiva dalla Cassazione.


Un'indagine, condotta dai pm Maurizio De Lucia e Michele Prestipino, che svela una vera e propria rete di spionaggio, costituita da sottufficiali dei carabinieri e della Dia come Giorgio Riolo e Giuseppe Ciuro, che, su input dell'imprenditore della sanità Michele Aiello e con la complicità di impiegati della Procura, avrebbero rivelato, proprio all'ex manager, notizie riservate su indagini di mafia in corso. Aiello, secondo l'accusa, sarebbe stato l'alter ego del boss Bernardo Provenzano nel mondo della sanità.

L'inchiesta, che porta alla luce anche una serie di truffe al sistema sanitario, va a intrecciarsi con un'altra indagine della dda sulle commistioni tra il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro ed esponenti politici come l'assessore dell'Udc Mimmo Miceli, "delfino" dell'ex governatore Cuffaro, condannato in un altro processo per mafia. Ne viene fuori un quadro di collusioni che coinvolgono anche l'ex maresciallo dell'Arma Antonio Borzacchelli, processato e condannato per concussione successivamente.

Commistioni e relazioni pericolose in cui Cuffaro, secondo l'accusa, avrebbe avuto un ruolo centrale. Informato da Borzacchelli, eletto, poi, all'Ars nelle liste del suo partito, di una microspia piazzata a casa del capomafia Guttadauro, Cuffaro avrebbe avvertito Miceli, abituale frequentatore del boss di Brancaccio. Rivelazioni che Miceli riferì a Guttadauro, che scoprì la cimice. Da qui le accuse di rivelazione di segreto istruttorio e favoreggiamento aggravato alla mafia a carico dell'ex presidente della Regione.

Il 2 novembre del 2004 l'allora presidente della Regione viene rinviato a giudizio. L'uno febbraio 2005 comincia, davanti alla terza sezione del tribunale, presieduta da Vittorio Alcamo, il processo di primo grado a carico di 12 imputati e due società. Il dibattimento si conclude, il 18 gennaio 2008, con la condanna di Cuffaro a 5 anni per favoreggiamento semplice. Cade la contestazione dell'aggravante mafiosa. Pene pesantissime vengono inflitte anche agli altri imputati: come Aiello, che viene condannato a 14 anni e Riolo a 7. Il 23 gennaio del 2010 la corte d'appello di Palermo, presieduta da Gincarlo Trizzino, rincara la dose, riconosce l'aggravante e condanna l'ex governatore, che intanto si è dimesso, a 7 anni. Pena più dura anche per Aiello (15 anni e sei mesi) che finisce in cella e Riolo a cui i giudici, cambiando l'accusa da favoreggiamento a concorso in mafia, danno 8 anni.


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