giovedì 20 gennaio 2011

Sala vuota per Borsellino nel paese del boss

Incontro a Castelvetrano, patria di Messina Denaro. I presidi si rifiutano di mandare gli studenti. Contestato il pentito Calcara: doveva uccidere il magistrato invece lo salvò


PALERMO - Parlare di mafia si può ma quando è una mafia lontana, una mafia degli altri. Perché se il boss è quello della porta accanto, è vietata anche solo la parola. Figurarsi poi se qualcuno fa nomi o addirittura cognomi. Ne sa qualcosa il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia che a Castelvetrano ieri si è ritrovato solo - insieme a un pentito - a ricordare Paolo Borsellino. Vuoto il teatro comunale, disertato soprattutto dagli studenti "comandati" dai dirigenti scolastici a restare in classe "perché i ragazzi non hanno niente da imparare da certi personaggi". Così, nelle terre di Matteo Messina Denaro, è andata in scena una Sicilia antica che sembrava per sempre sepolta.


Niente lezione di "legalità" per gli allievi degli istituti superiori di Castelvetrano, mezzo secolo fa diventata famosa per la messinscena dell'uccisione del bandito Giuliano e oggi città che probabilmente dà ancora ricovero all'ultimo grande latitante di Cosa Nostra. Sotto il palco sette vecchietti, due ragazzi dell'Associazione antiracket che avevano organizzato l'incontro, il sindaco Gianni Pompeo e poi nessun altro ad ascoltare il procuratore Ingroia che era l'ospite, il giornalista Giacomo Di Girolamo che presentava L'Invisibile - il suo ultimo libro proprio sulla vita di Matteo Messina Denaro - e il collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara. È stato proprio il ritorno nella provincia trapanese del pentito a scatenare l'ira dei suoi concittadini. Lui, Calcara, era quello che una ventina di anni fa avrebbe dovuto uccidere Paolo Borsellino con un fucile di precisione però poi decise di saltare il fosso e raccontare - alla vittima designata, Borsellino - i segreti delle "famiglie" di Trapani. Per la prima volta in Sicilia dopo due decenni, Calcara è stato accolto malamente. Castelvetrano ha salutato con rabbia la sua rimpatriata. "Dottore in criminologia e malaffare", gli hanno gridato.

A fine mattinata il procuratore Ingroia se n'è andato infuriato: "I presidi hanno ritenuto di non mandare gli studenti all'incontro e credo che sia una decisione incredibile. Ritengo grave e molto significativo che in un'occasione del genere, in ricordo del giudice Paolo Borsellino, nella città di Matteo Messina Denaro si avverta di più la presenza dello stesso latitante che di Paolo Borsellino. Tutto questo è assurdo".

Durante l'incontro c'è stato volantinaggio. Prima un foglio distribuito da Tonino Vaccarino, ex sindaco della città (chiamato in causa da Calcara) che è stato prosciolto dall'accusa di mafiosità e condannato per traffico di stupefacenti. Diceva il suo volantino: "Non si combatte la mafia con un falso pentito". E ha spiegato Vaccarino, che qualche tempo fa era stato pure ingaggiato dai servizi segreti per intraprendere una corrispondenza proprio con Matteo Messina Denaro: "È un'offesa per tutti far passare come docente della legalità un assassino come quello, oggi sono commosso per il rifiuto dei giovani a incontrarlo".

Poi, fuori dal teatro, è arrivato anche il volantino firmato da Francesco Fiordaliso, dirigente scolastico del liceo classico di Castelvetrano: "Penso che Vincenzo Calcara sia un personaggio che ha niente da insegnare ai nostri giovani e per questo ho rifiutato di consentire, dopo essermi consultato con i miei collaboratori, che i miei studenti - del classico, dello scientifico e del pedagogico - partecipassero all'incontro con lui". Al termine della bagarre il sindaco Pompeo ha tentato di rimediare alla brutta figura fatta dalla sua città. E ha rinvitato il procuratore Ingroia a Castelvetrano per il prossimo febbraio, un altro incontro su mafia e mafiosi. L'ultimo commento di Ingroia: "Oggi, l'unico veramente contento sarà Matteo Messina Denaro".

ATTILIO BOLZONI

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