Per il pm Detusche Bank, Citigroup, Morgan Stanley e Bank of America sono "complici di Tanzi nelle false informazioni al mercato per alterare i prezzi del titolo". Chieste inoltre sanzioni pecuniarie per 3,6 milioni di euro
MILANO - Il pm di Milano Eugenio Fusco, nell'ambito del processo Parmalat, ha chiesto al termine della sua requisitoria a condanna di 4 banche estere, Deutsche Bank, Citigroup, Morgan Stanley e Bank of America. Il pm ha chiesto sanzioni pecuniarie complessive per 3,6 milioni (900.000 euro per banca) e la confisca del profitto per 120 milioni. Chiesta anche la condanna di 6 funzionari a pene comprese tra 1 anno e 1 anno e 4 mesi.
Le banche delle quali si chiede la condanna sono state, secondo il pubblico ministero, "Complici di Tanzi nelle false informazioni al mercato per alterare i prezzi del titolo". Se la sanzione pecuniaria chiesta dal pm per ciascuna banca è identica, la confisca del profitto è invece diversa per ognuna delle banche: 5 milioni e 900 mila euro per Morgan Stanley, 14 milioni per Deutsche Bank, 70 milioni per Citigroup, 30 milioni per Bank of America. I 120 milioni da sequestrare corrispondono alla somma di tutti gli importi che le banche avrebbero lucrato nel corso degli ultimi anni della storia di Collecchio sotto la gestione di Tanzi, e che ora vanno sequestrate, secondo l'accusa, come provento del reato.
Quanto alle condanne dei manager bancari, i pm hanno chiesto comunque che vengano concesse le attenuanti generiche perché sono incensurati. Si tratta di Carlo Pagliani, Paolo Basso (entrambi di Morgan Stanley), Marco Pracca, Tommaso Zibordi (entrambi di Deutsche Bank) e Paolo Botta (di Citibank). E' stato chiesto invece il non doversi procedere, perché il reato è estinto per prescrizione, per Giaime Cardi (Credit Suisse).
"Comunicati con false comunicazioni al mercato scritti a quattro mani con le banche sono il simbolo dell'aggiotaggio", è la tesi della procura di Milano. Le banche rispondono in relazione alla responsabilità oggettiva, per violazione della legge 231. Parmalat si era dotata di un codice di autodisciplina che imponeva comunicazioni al mercato in materia di prestiti obbligazionari. "Ebbene i primi comunicati sono datati ai primi giorni del 2003, cioè appena 8 mesi prima del default e nessuno aveva chiesto al gruppo perchè non rispettasse le regole che si era dato da solo facendone un vanto", è la tesi dell'accusa.
Il gruppo di Collecchio faceva utili ma nello stesso tempo aveva continuamente bisogno di soldi e le banche lo aiutavano a piazzare i bond facendosi finanziare dai risparmiatori. "Questo processo - è la posizione del procuratore aggiunto Francesco Greco - è il cuore della vicenda Parmalat. Sono fatti del 2003 ma che aiutano a capire la crisi finanziaria globale di oggi".
La replica di Citigroup. "Citi ribadisce la propria convinzione che le accuse prospettate siano totalmente infondate", si legge in un comunicato della banca americana con riferimento, nell'ambito nel processo Parmalat-banche, alla richiesta del pubblico ministero di condanna e confische per quasi 120 milioni.
Citigroup "è convinta che la discussione dimostrerà la totale estraneità" della banca "ai fatti contestati e che Citi fu parte offesa della più grave bancarotta fraudolenta della storia italiana".
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