mercoledì 12 gennaio 2011

Napoli, sabotarono mezzi per la raccolta dei rifiuti: arrestati soci cooperativa Davideco

NAPOLI (12 gennaio) - Assaltarono e danneggiarono 52 mezzi della 'Enerambiente', all'alba sette appartenenti alla cooperativa 'Davideco' (il presidente e sei soci) sono stati arrestati in base

ad un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip presso il Tribunale di Napoli. Le accuse sono di devastazione, incendio ed altri reati.



Il gravissimo episodio avvenne il 23 settembre scorso nei depositi dell'azienda, addetta fino a qualche mese fa alla raccolta dei rifiuti nelle strade di Napoli. La Digos di Napoli, coordinata dai pm della Procura ha fatto chiarezza su altri episodi di assalti ai mezzi addetti alla raccolta dei rifiuti avvenuti nei mesi scorsi nel centro del capoluogo campano.

Gli arrestati. I sette esponenti della cooperativa Davideco, che opera nel settore della raccolta dei rifiuti a Napoli, arrestati dalla Digos sulla base di un provvedimento della magistratura sono Salvatore Fiorito, presidente della cooperativa, Pasquale Catania, Rosario Buonomo (per i quali il gip Isabella Iaselli ha disposto la detenzione in carcere), Felice Maglione, Vincenzo Fiorito e Giuseppe Giordano, ai quali il giudice invece ha concesso i domiciliari. Oltre all'episodio del 23 settembre, il più grave, ai soci della Davideco vengono contestati altri due danneggiamenti di autocompattatori, avvenuti rispettivamente il 27 settembre in via Pasquale Scura e il 22 ottobre in piazza Carlo III. Fondamentali per la ricostruzione dell'accaduto sono state le intercettazioni telefoniche e ambientali; il raid nella sede di Enerambiente, infatti, era stato ripreso dalle telecamere, ma le immagini erano di qualità scadente.

I soci della cooperativa agirono in seguito alla rescissione del contratto da parte di Enerambiente; in particolare lamentavano il mancato pagamento degli stipendi di agosto, mese durante il quale avevano lavorato; le richieste e le sollecitazioni non avevano avuto esito.

Le intercettazioni. Conversando con i soci, Salvatore Fiorito e Rosario Buonomo ricostruiscono il raid nell'autoparco: «Lo sai quanto durò tutto il bordello? Quattro minuti. Se noi la pianificavamo, quella cosa non riusciva così... Io mi girai e dissi: dovete entrare tutti quanti dentro... In cinque o sei di loro a prendere le porte dei camion e a sbatterle, ma poi lascia stare che i camion già si dovevano buttare, hanno detto che li abbiamo messi fuori uso, che addirittura non possono circolare. Io, poi, una cosa che mi ha fatto arrabbiare è che nessuno ha sfondato la macchinetta dove stava il caffè, i biscotti: nessuno l'ha sfondata». L'inchiesta è dei pm Luigi Santulli, Giuseppe Noviello, Maria Sepe, Paolo Sirleo e Danilo De Simone, con il coordinamento del procuratore aggiunto Giovanni Melillo.

Il tentativo di coinvolgere i clan. Dalle intercettazioni emerge anche il tentativo, poi fallito, di coinvolgere nella vicenda persone legate al clan camorristico dei Sarno, attivo nel quartiere dei Ponticelli ma ora in bassa fortuna. Dopo aver commentato la crisi che il clan sta attraversando («il fatto non è buono»), Fiorito parla dei contatti con un cognato del boss Ciro Sarno ma spiega che la vicenda si è poi conclusa con un nulla di fatto: «Io non è che sono andato a Ponticelli con la bandiera in mano dicendo: scusate, sono Salvatore Fiorito, chi sono i Sarno qua?». C'è anche un accenno al clan dei casalesi: se gli danno lavoro, obietta Fiorito, sono amici suoi. Dalle conversazioni tra i soci viene fuori infatti la forte preoccupazione per la fine del rapporto di lavoro con Enerambiente e la mancanza di denaro: «Noi siamo persone che abbiamo famiglia... Io tengo tre figli... Io devo avere i soldi, ho lavorato». Inoltre, quelli che avevano partecipato al raid del 23 settembre ritenevano di avere più diritto degli altri allo stipendio arretrato: «Io ho bruciato il capannone, ho sfondato i camion e adesso me ne dovrei andare con una mano davanti e una indietro?». Commentando l'arresto di 13 disoccupati che avevano assaltato la sede del Consiglio regionale, il presidente della cooperativa avverte: «Hanno scassato tutto. Appena danno il lavoro a questi qua e a noi no, rompo tutto». Dalle ambientali, infine, si comprende che una talpa aveva informato Fiorito delle indagini in corso, rivelandogli anche che i telefoni cellulari erano sotto controllo: «Disse: vieni sopra, ti devo parlare; aprì la schermata del computer: io, Gaetano, tutti col telefono sotto controllo».

 

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