sabato 27 ottobre 2012

Sicilia Domani si vota per decidere il domani di una regione fatta a pezzi

Sicilia elezioni per il rinnovo del parlamento siciliano

Dalle 8 alle 22, soltanto domenica 28 ottobre 2012. Quattordici ore che i siciliani (non tutti, si capisce, ma molti che sono troppi) vivranno sospesi tra panza e coscienza. Perché si vota per decidere il futuro di una regione a pezzi, con il tasso di disoccupazione più alto del Paese, con centinaia d’imprese che muoiono, con i giovani che emigrano, con i fondi per le opere da realizzare bloccati a Bruxelles perché non esiste la possibilità di cofinanziamento. Siamo dentro il burrone, da tempo in caduta libera. Molti hanno cercato di distrarci e di non farcelo capire, c’è stato il solito adeguamento alla situazione alla siciliana, nella speranza che, morti tutti gli altri, qualcosa avanzasse per la propria personale causa.


Bene, nella tragedia collettiva non è avanzato più niente quasi per nessuno. Persino i privilegiati, quelli che la politica trascina con sé, grazie ai quattrini indebitamente sottratti all’uso pubblico, sono diminuiti. Più sprechi, sì, ma meno beneficiari, quasi sempre gli stessi. E questo è un segnale, questo è l’elemento che apre un dubbio: tra centinaia di migliaia di persone che erano in attesa di un favore e non l’hanno ricevuto, quanti avranno il coraggio e lo stomaco per ridare fiducia a chi non ha rispettato nemmeno quell’impegno minimo e strettamente privato? Stavolta, dicono le previsioni, saranno tanti quelli che liquiderebbero con un vaffanculo sonoro chi ha promesso e non ha mantenuto.

Ma non c’è da fidarsi, perché, se no, non saremmo qui a dire che si starà sospesi tra panza e presenza. Perché così funziona il sistema degenerato, disperatamente, sino alla fine, c’è chi spera che qualcosa accada, tanto più oggi che si perdono nella crisi migliaia di posti di lavoro. Eppure dovrebbero essere chiare due cose: la prima è che chi non ha rispettato i patti ieri, potrebbe non rispettarli anche domani. E rimandare il regalo, il favore, ad altra data. La seconda è che bisogna ragionare anche sulle modalità della protesta. Premesso che non mi scandalizza affatto l’astensionismo, tutt’altro, lo giudico stavolta più che frutto della rabbia, conseguenza della rassegnazione. E guai, perché la rassegnazione è il sentimento su cui puntano i politicanti di sempre e i questuanti di oggi. Meno si è in lista, sostanzialmente, più un favore può essere canalizzato.


Per questo oggi non votare è più rischioso che votare, anche se la tentazione di andarsi a fare un giro per i boschi, tra gli gnomi e le fate, anziché fare il gioco di nani e ballerine, beh c’è. E il voto di protesta? Si ragiona molto anche di questo, di Grillo, delle piazze piene e di quelle vuote. Ogni voto ha un senso, anche qui mettiamo al bando le generalizzazioni, l’idea di rinchiudere nel ghetto chi ci spaventa, fosse il buono o fosse il cattivo. Non si emargina nessuno, non si demonizza nessuno. Si sceglie. La Sicilia ha bisogno di scelte, non di balbettii, non di dibattiti senza fine tra chi, peraltro, sulla pelle dei siciliani discute già da diversi decenni. Grillo, intanto, è servito a dare la scossa a tutti, a far cambiare linguaggi, approcci, dinamiche. Passate le 14 ore vissute tra panza e coscienza sapremo: sapremo se i siciliani hanno scelto chi ha riempito le piazza, oppure chi ha riempito le segreterie politiche, oppure chi ha diviso qualche pacco di pasta, oppure chi ha promesso ancora una volta il miracolo. Vedremo i siciliani come hanno immaginato il loro futuro, cinque anni che potrebbero finire di farci affondare o farci riprendere faticosamente quota.

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