lunedì 22 ottobre 2012

Caccia ai 5 boss della faida di Scampia


Le forze dell’ordine chiedono aiuto: “Queste sono le loro foto,
dateci una mano a stanarli”



ANTONIO SALVATI
 
NAPOLI
Il più «anziano» ha appena due anni in più di Pasquale Romano, l’operaio trentenne trucidato la settimana scorsa perché scambiato per uno spacciatore. Il più giovane, invece, di anni ne ha solo 21, ma per gli inquirenti bastano e avanzano per guidare agguerriti manipoli di narcotrafficanti pronti a tutto. Eccoli i cinque boss della nuova faida che sta insanguinando Scampia, periferia a nord di Napoli. Giovani, ricercati e con un corposo curriculum criminale. Portano cognomi pesanti, che evocano i fantasmi e i morti (oltre cinquanta in meno di un anno) della prima guerra combattuta otto anni fa all’ombra delle Vele.

Le forze dell’ordine hanno deciso di diffondere le loro foto chiedendo una mano ai cittadini, visto che tutti sono ricercati. Un po’ come fa l’Fbi, solo che stavolta come ricompensa c’è la riconquista della città.

Con i suoi 32 anni, Marco Di Lauro è il più vecchio del gruppo. Le forze dell’ordine lo cercano in tutto il mondo dal 2006. L’anno prima suo padre, il boss Paolo Di Lauro, veniva arrestato in un covo a poche centinaia di metri dal commissariato di Secondigliano. Passione per le auto veloci e per le scarpe di lusso, Marco è il quarto figlio del padrino in grado di incassare un miliardo di vecchie al giorno col traffico di stupefacenti. Quando i carabinieri, due anni fa, sequestrarono la contabilità di uno dei tanti «ragionieri» della camorra, il suo nome sul libro mastro era indicato con la sigla «F4». Quarto figlio appunto. Conti «robusti» quelli del suo gruppo criminale, tutti annotati su quei fogli. Maggio 2010, incassi pari a quasi tre milioni di euro in due piazze di spaccio, spese per circa due milioni e un ricavo netto da un milione di euro. E poi ci si interroga ancora sul perché da queste parti si spara con tanta facilità.

Per gli inquirenti ci sarebbe lui dietro alla rivolta del gruppo di Vanella Grassi (l’antica denominazione del centro storico di Secondigliano), i cui capi, otto anni fa, facevano parte della sua personale «squadra» di killer. Di quel gruppo sono ancora ricercati Antonio Mennetta e Rosario Guarino, soprannominato Joe Banana. Strana storia la loro: prima fedeli dei Di Lauro, poi passati tra le file dei nemici e ora di nuovo al fianco del loro vecchio capo contro i rivali di una volta. Mennetta fu sottoposto a fermo questa estate, ma il gip non convalidò l’arresto. Mentre il suo faldone passò al Riesame, lui pensò bene di darsi alla macchia.

Mariano Abete invece, di anni ne ha ventuno. Suo padre Arcangelo, attualmente detenuto è considerato, insieme a Raffaele Amato, uno dei fondatori degli «scissionisti», il cartello malavitoso nato da una frattura nel clan Di Lauro. Ancora minorenne partecipava alle riunioni criminali di suo padre e quando il boss venne arrestato, e poi spedito ai domiciliari a Casarile, faceva la spola con la provincia di Milano per tenerlo informato su quanto accadeva a Napoli. Un pentito racconta che nel 2004 Mariano fu dato in ostaggio dal padre come garanzia della buona riuscita di un agguato di camorra. Nel mese di marzo il figlio riferisce al padre di dissidi interni. Mentre il genitore invoca prudenza, Mariano sbotta: «Allora ci dobbiamo tenere gli schiaffi?». Giovane sì, ma già pronto a comandare. Come Mario Riccio, anche lui 21 anni, conosciuto da tutti come «Mariano». Genero del boss Cesare Pagano ha gestito la faida interna scoppiata nel cartello degli scissionisti a inizio di quest’anno e che conta, almeno nelle stime dei magistrati, già tre omicidi.

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