lunedì 22 ottobre 2012

I segreti di Buccinasco la Platì del ricco Nord



Negli ultimi quindici anni la ’ndrangheta è cambiata e adesso controlla il mercato del movimento terra


Federico Varese

Buccinasco (mi)
Quando mi è arrivato il nuovo, importante saggio di Nando dalla Chiesa e Martina Panzarasa, Buccinasco. La ’ndrangheta al Nord (Einaudi), ho preso il telefono e ho chiamato Rosa Palone. Per certi versi la sua biografia è simile a quella di tante altre ragazze della sua generazione: ha ventisei anni, studia, lavora part-time, usa Facebook, porta gli occhiali e gira in motorino. Eppure le sue scelte recenti rappresentano un argine all’antipolitica che pervade l’Italia post-berlusconiana e una risposta al dilagare della mafia al Nord. Cosa ha fatto Rosa? Quattro mesi fa ha deciso di candidarsi alle elezioni per il Consiglio comunale del suo paese, dopo lo scioglimento anticipato dovuto all’arresto del sindaco e di due consiglieri.

La sua lista vince le elezioni col centrosinistra. Quel paese è ormai famoso come la Platì del Nord. Oggi Rosa è la presidente del consiglio comunale. «Buccinasco è una realtà virtuosa - mi dice - perché si è posta il problema della ’ndrangheta e la combatte. È la Lombardia intera che dovrebbe fare altrettanto e assumersi le proprie responsabilità».

Buccinasco si trova nell’hinterland milanese, a sud della grande metropoli lombarda, in una zona che comprende Corsico, Cesano Boscone, Rozzano e Trezzano sul Naviglio. Fino alla fine degli Anni Cinquanta era un agglomerato di cascine: si viveva di campi, riso, latte e allevamento. Poi cominciano ad aprire i battenti alcune fabbriche e la popolazione si triplica nel giro di vent’anni. I nuovi immigrati vengono soprattutto dalla provincia di Catanzaro, e il un nucleo più numeroso è di Platì, dove comandano le ’ndrine dei Sergi e dei Papalia. Saverio Morabito, futuro pentito di ’ndrangheta, è uno di loro: arriva nel 1959 e ancora adolescente inizia la sua carriera criminale con piccoli furti. Uno dei suoi primi colpi consiste nel rapinare la cassaforte del parroco di Corsico. La tappa successiva sono i sequestri di persona. Il picco risale alla metà degli Anni Settanta, quando i platensi di Buccinasco rapiscono otto persone in tre anni. Gli Anni Ottanta sono il decennio della droga. A quel punto le ’ndrine lombarde sono ben strutturate e a Buccinasco comanda Antonio Papalia.

Quando il Pubblico ministero di Milano Alberto Nobili comincia a indagare su Francesco Sergi e Antonio Papalia, la ’ndrangheta decreta la sua condanna a morte. Per fortuna le forze dell’ordine sono più rapide: nel 1993 scatta il blitz Nord-Sud. Rosa Palone ricorda l’immenso dispiego di mezzi avvenuto quella notte di ottobre di diciannove anni fa. Elicotteri, auto, mezzi di polizia, sirene: sembrava un’invasione della legalità. Al processo vengono imputati 133 individui, tutti residenti tra Corsico e Buccinasco. Dopo il colpo inferto dalla Procura di Milano, i platensi cominciano a dedicarsi a un nuovo business, il monopolio del ciclo del cemento, «ottenendo - scrivono Dalla Chiesa e Panzarasa - il silenzio degli imprenditori lombardi e la cooperazione consapevole di alcuni di loro».

Il capitolo per me più inquietante di «Buccinasco. La ’ndrangheta al Nord» si intitola “l’impresa mafiosa”. Racconta gli ultimi quindici anni, quando è avvenuta la trasformazione di gangster dediti ai sequestri e al traffico di droga in uomini d’affari radicati nell’economia legale. Il settore d’elezione sono le costruzioni e in particolare il movimento terra.

In anni in cui c’è molto da costruire - magazzini, rotatorie, strade, quartieri, centri commerciali -, il governo locale passa nelle mani di amministrazioni che abbracciano il principio della deregulation nell’urbanistica. Allo Stato si sostituisce la mafia, che impone le sue imprese e vince i subappalti. Alcuni imprenditori lombardi si ritirano impauriti, mentre altri si alleano. Il titolare di una azienda dice in una telefonata: «Mando giù bocconi amari però so che alla fine, intanto, ci rimane attaccato qualcosa». (Va ricordato che sentenze recenti sono state impugnate e non sono definitive).

«Buccinasco. La ’ndrangheta al Nord» è non solo una microstoria emblematica, ma anche un affresco dell’Italia del dopoguerra scritto da un osservatore d’eccezione. Sin dagli Anni Ottanta, quando ha fondato il mensile Società Civile, l’Osservatorio Milanese sulla Criminalità Organizzata al Nord e la rivista Omnicrom, Nando Dalla Chiesa continua a documentare e analizzare l’espansione nel civilissimo settentrione del fenomeno mafioso. Oggi intorno a lui lavora un gruppo di giovani ricercatori, come Martina Panzarasa e Ombretta Ingrascì, che uniscono rigore investigativo, impegno civile e passione didattica. Chi volesse conoscerli di persona può frequentare la Summer School sul crimine organizzato che si svolge tutti gli anni presso l’Università Statale di Milano.

Ma c’è anche una Buccinasco che vuole rompere col passato. «L’Italia -mi dice Rosa Palone - è pervasa dal sentimento dell’antipolitica, dall’idea che tutti gli amministratori siano uguali. Io credo che invece di criticare ci si debba metter in gioco, per questo ho deciso di candidarmi senza essere mai stata iscritta a un partito. Ho messo a frutto la mia esperienza nell’associazione Libera. Il potere è della collettività e sono i cittadini che devono prenderselo». Mi racconta che un suo collega, per poter partecipare alle riunioni del Consiglio, fa il turno di lavoro della quattro del mattino. Non sempre la politica è una professione. Mi chiedo però quanto la criminalità organizzata sia ancora in grado di condizionare la politica locale. «Abbiamo vinto le elezioni proponendo un programma di legalità. I pacchetti di voti controllati dalla ’ndrangheta sono minuscoli e il modo migliore per combattere la contiguità tra mafia e politica è impegnarsi in prima persona. Il primo passo è andare a votare, informarsi sui candidati e assegnare le preferenze in modo consapevole». Diceva un prete fiorentino un po’ eretico molti anni fa: «Ognuno deve sentirsi responsabile di tutto». La nostra conversazione finisce. Rosa deve andare a inaugurare il nuovo asilo nido comunale. Le rette mensili saranno la metà di quelle dei comuni limitrofi. Speriamo che un giorno la Platì del Nord possa meritarsi un nuovo soprannome.

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