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lunedì 12 luglio 2010
Eolico, Carboni mirava ai pm del G8
Eolico, Carboni mirava ai pm del G8
Indagati anche Dell'Utri e Cosentino
Martone lascia la magistratura: «Mai subito condizionamenti»
ROMA
Gli arrestati dalla Procura di Roma, nell’ambito dell’inchiesta stralcio sugli appalti per l’eolico, l’imprenditore Flavio Carboni, l’ex esponente della Dc campana, Pasquale Lombardi e l’imprenditore napoletano, Arcangelo Martino, intendevano avvicinare anche i magistrati di Firenze che indagavano sul G8 e sugli altri eventi affidati alla Protezione civile. Il dato emerge dall’ordinanza dei provvedimenti di custodia cautelare emessa dalla procura capitolina. Anche il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e il sottosegretario all’economia Nicola Cosentino sono indagati a Roma nell’ambito dell’inchiesta sulla cosidetta P3 nata da uno stralcio dell’indagine degli appalti sull’eolico in Sardegna. Dell’Utri e Cosentino sono accusati di associazione a delinquere e violazione della legge Anselmi sulla costituzione delle associazioni segrete.
Intanto Martone spiega la sua decisione di lasciare la magistratura. «Mai nessun condizionamento nè ideologico nè tanto meno politico». L’ex avvocato generale della Cassazione, in una lettera aperta indirizzata al presidente dell’Anm Luca Palamara, nega tutte le accuse scritte dalla stampa su di lui in questi giorni e spiega i motivi che lo hanno spinto a decidere di lasciare la magistratura dopo l’inchiesta sugli appalti per l’eolico in Sardegna. Martone dice di lasciare la toga per il «desiderio di poter agire a difesa della mia onorabilità, in piena libertà e senza condizionamenti derivanti dallo status di magistrato di fronte a coloro che si sono rivelati goffi millantatori e che hanno utilizzato il mio nome per cercare di avallare i loro disegni». L’ex avvocato generale della Suprema Corte ribadisce con forza di non aver mai «fatto pressioni sui giudici della Corte Costituzionale: sono completamente estraneo -spiega- a tutti gli episodi che i giornali hanno tratto dall’ordinanza del gip».
Nella lettera a Palamara, Martone non nasconde la sua amarezza, oltre che la sua delusione perchè, fa notare, «da un magistrato mi sarei aspettato, quanto meno il beneficio del dubbio». Martone ricorda di aver «servito l’amministrazione della giustizia ininterrottamente e per oltre 44 anni, ricchi di soddisfazioni ma anche di sacrifici, rischi e infine, amarezze. Sfido chiunque -prosegue nella lettera- magistrato o avvocato, a indicare un solo concreto provediemnto o atto da me adottato che non si sia ispirato rigorosamente ai principi di indipendenza, imparzialità e terzietà, senza farmi condizionare da ideologie e idee politiche». Considerazione che Martone rivolte anche a «Pino Berruti e Livio Pepino, componenti del Csm che hanno rilasciato dichiarazioni ai giornali di oggi, ma che ben dovrebbero conoscere l’attività che ho svolto presso la Corte di Cassazione per oltre 23 anni». Adesso, aggiunge Martone, «per me è anche giunto il momento della riflessione su quanto in tanti anni ho fatto per la giustizia e per quanto ho vissuto nella magistratura. Oggi che non siamo più colleghi -si rivolge a Palamara- ricorro al "lei" per esprimerle la certezza che il tempo, spero non lungo, saprà essere gentiluomo».
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