sabato 3 luglio 2010

Giuseppe Falsone: Crono storia criminale


Giuseppe Falsone: Crono storia criminale


Do p o l a cattura di Giuseppe F a l s o n e avvenuta la s e t t i m a n a scorsa a
Marsiglia, si è in attesa dell’estradizione.

Cosa si profila per l’ex primula rossa di Campobello di Licata una volta messo
piede in Italia? Abbiamo studiato attraverso i documenti in nostro possesso e la
situazione per Falsone è davvero drammatica. A parte le condanne, anche per omicidio,
già definitive, si profila un’ecatombe di provvedimenti di cattura per associazione
mafiosa e per numerosi omicidi. Venti ne ha contato Grandangolo per i quali
Falsone è indagato o semplicemente sospettato. E l’elenco non è completo.

OMICIDIO CARMELO MILIOTI
Il 13 agosto 2003, a Favara veniva ucciso, Carmelo Milioti, boss di grande prestigio
della criminalità organizzata agrigentina, per quanto non ritualmente affiliato
a Cosa Nostra di fatto era uno dei massimi esponenti. I suoi trascorsi delinquenziali
cominciano negli anni ’70, all’ombra dello “stiddaro” Filippo Di
Stefano di cui ha condiviso la caduta per poi tornare ai vertici di Cosa Nostra grazie
ai suoi agganci con Angelo Siino e Giovanni Brusca. Arrestato nel 1997 poi
scarcerato per conto di Siino, Brusca e Maurizio Di Gati, riscuoteva le tangenti
in provincia di Agrigento. La sua uccisione segna oltre che la sua fine anche quella,
mafiosa, di Maurizio Di Gati. Secondo le dichiarazioni di quest’ultimo,
Falsone sarebbe il mandante dell’omicidio Milioti.

OMICIDIO SALVATORE INGAGLIO
Il 18 aprile 1994, è stato ucciso Salvatore Ingaglio di Campobello Licata dipendente
del Consorzio Agrario. Tale delitto è stato esaminato e definito con sentenza
dalla Corte d’Assise di Agrigento che scrive: Nei primi
anni novanta, all’epoca della grande alleanza stiddara e della guerra contro
Cosa Nostra, la cosca degli Ingaglio, di Campobello di Licata, era uno dei gruppi
più forti e agguerriti. Proprio gli Ingaglio erano stati i mandanti e gli organizzatori
dell’omicidio di Vincenzo e Angelo Falsone (rispettivamente: padre e fratello
di Giuseppe Falsone), avvenuto a Campobello di Licata il 24 giugno del
1991. Nell’aprile 1994, il vice rappresentante provinciale Antonio Di Caro ordinò
a Luigi Putrone l’omicidio di Salvatore Ingaglio, e Putrone si presentò con
Alfonso Falzone e Filippo Sciara. Tutti a Campobello di Licata, in una zona di
campagna, si incontrarono con Giuseppe Falsone e con il capomafia Antonio Di
Caro il quale impartì ai sicari le istruzioni da seguire. Recatisi in una località vicina,
i sicari trovarono quindi un’automobile rubata, all’interno della quale vi erano i
passamontagna da indossare nonché le armi da utilizzare (un fucile, una pistola
semiautomatica e un revolver). Giuseppe Falsone, Alfonso Falzone e Filippo
Sciara si recarono quindi sotto casa dell’Ingaglio e si predisposero all’agguato.
Intorno alle 8.00, uscito di casa l’Ingaglio, i tre sicari lo affrontarono crivellandolo
di colpi, mentre questi si accingeva a salire sulla propria auto.

DUPLICE OMICIDIO FRANCESCO
MANISCALCO CALOGERO PANEPINTO
Il 19/09/1994 a Bivona venne compiuto il duplice omicidio di Francesco
Maniscalco e Calogero Panepinto. I collaboratori di giustizia attribuiscono il
delitto, tra gli altri, a Giuseppe Falsone. Il delitto sarebbe stato originato da contrasti
all’interno della criminalità organizzata mafiosa per il controllo degli appalti nella
zona di Alessandria della Rocca, Cianciana, S. Stefano Quisquina.
Maurizio Di Gati, in particolare, pubblicamente ha già narrato del dissidio tra il
gruppo Panepinto, oggi sotto processo dopo l’inchiesta “Face off” e il clan
Capizzi di Ribera. Proprio Di Gati ha rivelato che dopo l’omicidio, che fu ordinato
da Salvatore Fragapane, quest’ultimo ebbe a lamentarsi dell’assassinio
di Maniscalco, vittima innocente.

OMICIDIO
GIUSEPPE SPATAZZA
Il 18 dicembre del 2006 scompariva da Campobello di Licata, Giuseppe Spatazza, e
la cui auto, una Golf, è stata ritrovata a Canicattì, nei pressi del palazzetto dello sport.
Secondo il pentito Giuseppe Sardino, Spatazza sarebbe stato ucciso da Giuseppe Falsone,
il boss latitante da parecchi anni capo incontrastato di Cosa nostra agrigentina.
Secondo Sardino, il delitto sarebbe stato personalmente commesso dal Falsone nel covo,
in territorio di Naro, dove ha trascorso parte della sua latitanza. Le dichiarazioni di Sardino
sono agghiaccianti: “A proposito di Spatazza, Falsone mi ha spiegato le
ragioni del suo omicidio che sono le seguenti. Anni prima Falsone aveva commesso
un omicidio in concorso con Putrone (poi pentito), con Gambino di
Ravanusa e con lo stesso Spatazza. Di tale omicidio non mi è stato riferito dal
Falsone alcun particolare, ovvero l’epoca, ovvero ancora le modalità o il luogo di
consumazione. Il Falsone mi riferì soltanto che in occasione dell’agguato lo
Spatazza era rimasto ferito e che una tale circostanza era stata notata dalla moglie e
dalla stessa – poi separatasi dal marito – riferita ai Carabinieri. A seguito dell’arresto
del Putrone e della sua collaborazione con l’autorità giudiziaria Falsone ebbe
evidentemente a preoccuparsi del possibile coinvolgimento degli altri responsabili
e, segnatamente, di lui stesso, dello Spatazza e del Gambino. Spatazza era il
soggetto a maggior rischio perché alle eventuali ma certe accuse del Putrone,
potevano aggiungersi le circostanze riferite dalla moglie ai Carabinieri. Gambino,
invece, rischiava poco – per quanto riferitomi dal Falsone – poiché il Putrone non
conosceva il nome del Gambino e, tutt’al più, avrebbe potuto riconoscerlo in fotografia .
Il rischio paventato dal Falsone era quello che l’eventuale arresto della
Spatazza, avrebbe potuto indurre lo stesso a pentirsi ed a fare il nome del
Gambino. E poiché questi doveva essere protetto e non poteva passare guai di questo
genere, bisognava eliminare la possibile fonte del rischio. Spatazza, d’altra
parte, aveva abbandonato la Sicilia per qualche tempo ed era stato in America ed
una tale circostanza non era stata valutata positivamente dal
Falsone. In altri termini, quest’ultimo era preoccupato dei
possibili guai che prima o poi avrebbe potuto provocare Spatazza; per altro verso, lo
stesso, rientrato a Campobello di Licata, aveva manifestato la
determinazione di assumere il ruolo di capo famiglia di quel centro, anche in ragione dell’avvenuto
arresto dell’Accascio”. Falsone avrebbe riferito al Sardino che “in occasione dell’agguato,
lo Spatazza era rimasto ferito e che una tale circostanza era stata notata
dalla moglie e dalla stessa – poi separatasi dal marito - riferita ai Carabinieri”.


DUPLICE OMICIDIO
FILIPPO E MICHELE FERRANTI
Questa circostanza trova conferma, con riferimento ad altro episodio omicidiario,
cui avrebbe partecipato Gambino, per la cui impunità si era preoccupato ed attivato
il Falsone. Infatti, Maria Rosaria Proto moglie dello Spatazza, aveva avuto modo
di dichiarare ai carabinieri, che il giorno in cui a Campobello di Licata (in data
29 settembre 1993) vennero uccisi i fratelli Filippo e Michele Ferranti, il marito
rientrò molto tardi a casa e le mostrò una profonda ferita al braccio destro, rifiutandosi
di andare alla guardia medica. La donna affermò che il “marito provvide alla meglio a fasciarsi la
ferita, in quanto ella si era rifiutata di farlo, poiché sin dal giorno del matrimonio gli
aveva detto che non l’avrebbe aiutato in nulla di illecito e che era propensa a
denunciarlo”.

OMICIDIO ANGELO LENTINI
“Pino Gambino, se mal non ricordo, ho avuto modo di incontrarlo con il Falsone
un paio di volte: una prima volta in occasione del trasferimento del Falsone nella
casa di campagna di Lo Giudice fra i territori
di Riesi e Licata, per la preparazione e l’esecuzione dell’omicidio
di Angelo Lentini. In tale occasione Falsone si fermò in
questa casa per una quindicina di giorni; io lo accompagnai ed
ebbi modo di prendere atto che Falsone aveva le chiavi di questa
casa. Poi ebbi modo altresì di assistere all’arrivo di questo
Lo Giudice che non si mostrò meravigliato della presenza del
Falsone. Nel corso di quella fase preparatoria dell’omicidio Lentini io
mi recavo in detta abitazione quasi ogni giorno, ma ho visto il Lo Giudice soltanto
in una occasione. Non so dire se lo stesso, in mia assenza, è venuto a trovare il
Falsone. Non mi risulta in alcun modo che il Lo Giudice sia rimasto coinvolto o sia
stato reso edotto della fase organizzativa e preparatoria dell’omicidio Lentini. In mia
presenza non v’è stato alcun dialogo di questo genere e, tuttavia, non posso escludere
che ciò sia avvenuto; così come non posso escludere che il Lo Giudice si sia
potuto accorgere di qualcosa in quei giorni, come ad esempio la circostanza che nel
garage veniva ospitato il Doblò giallo poi utilizzato per l’omicidio”.

DUPLICE OMICIDIO
GIUSEPPE MAGRI’
E SALVATORE DI GRIGOLI
Il 4 ottobre 1994, è stato commesso in territorio di Canicattì il duplice omicidio di
Giuseppe Magrì e Salvatore Di Grigoli. Magrì, di Castrofilippo, schedato mafioso,
vera vittima dei sicari, Di Grigoli sarebbe stato vittima perché testimone oculare del delitto,
di cui uno sarebbe proprio Giuseppe Falsone. Tuttavia, entrambi
gli assassinati avevano ricevuto colpo di grazia alla testa. Il duplice delitto dovrebbe
rientrare nella faida intestina tra Stidda e Mafia che venne combattuta a Racalmuto.
Infatti, i collaboratori di giustizia, Di Gati in testa, raccontano della vicinanza di
Magrì al vecchio patriarca racalmutese Luigi Castiglione “pagliavagnata” legato
a sua volta con gli stiddari Giuseppe, Alfredo e Salvatore Sole

OMICIDIO IGNAZIO VETRO
Il 26 ottobre 1994 al Villaggio Peruzzo di Agrigento, veniva ucciso un colpo d’arma
da fuoco, Ignazio Vetro che era davanti il bar “La Conchiglia”. Per il collaboratore
di giustizia Maurizio Di Gati, l’omicidio di Vetro, consigliere comunale di
Agrigento, fu eseguito da Giuseppe Falsone. Per il delitto, nei giorni immediatamente
successivi, vennero arrestati Carmelo ed Angelo Russello, che tuttavia,
vennero processati ed assolti sia in primo che in secondo grado. Sugli esiti
giudiziari del processo, sempre Di Gati solleva dei dubbi, affermando che vi fu un
intervento presso i giudici attraverso esponenti massoni. Adesso la nuova ipotesi fornita
da Di Gati ai Pm della Direzione distrettuale antimafia secondo la quale
Ignazio Vetro venne punito da Cosa nostra per avere allacciato una relazione
extraconiugale con la moglie di Carmelo Russello. Sempre secondo Di Gati, attraverso
l’intervento di Lillo Lombardozzi, venne richiesto a Falsone, suo figlioccio,
di compiere l’omicidio.

DUPLICE OMICIDIO LUIGI NARO
E CARMELO GIANGRECO
Il 15 settembre 1996, a Campobello di Licata è stato compiuto un duplice omicidio
ai danni di Luigi Naro e Carmelo Giangreco, con ferimento di Maria Turco, moglie di Giangreco. Un delitto
clamoroso compiuto all’interno di una abitazione di campagna, a tarda ora, presenti
molte persone che stavano cenando, da un commando che non ha avuto esitazione nel
far fuori i due campobellesi noncuranti dei numerosi testimoni.
Anche per questo delitto collaboratori di giustizia indicano in Giuseppe Falsone quale
mandante. Le ragioni del duplice omicidio sarebbero da ricercare
nei contrasti sorti tra Falsone e Giangreco in relazione ad un fiorente traffico di droga (cocaina)
esistente nella zona di Campobello ed organizzato senza avere il permesso della
mafia. Con ogni probabilità Luigi Naro è stato ucciso per un errore di persona.

OMICIDIO
SALVATORE IACOPINELLI
Il 9 marzo 2002 nelle campagne di Licata venne commesso l’omicidio di Salvatore
Iacopinelli con l’uso di una sofisticata arma da guerra dello stesso tipo utilizzato
per l’omicidio Collura. Racconta Maurizio Di Gati: “… e poi mi riferii che
il Montaperto aveva…era stato graziato da …diciamo graziato dalle forze dell’ordine
perché era riuscito a sfondare un posto di blocco insieme a ..a suo cugino e un
altro che non ricordo come si chiama , il cugino è Middione di cognome e avevano
buttato, dopo che avevano sfondato il posto di blocco dei carabinieri, un fucile
m i t r a g l i a t o r e kalasnikov, io questa parlando sinceramente non
…momentaneamente non.. non gli credevo perché la notizia non
era uscita, parlando di…di un fucile mitragliatore credo che si
sarebbe saputa e infatti si è saputa, è risultata verità che poi la notizia è uscita sui
giornali. Io l’ho saputa prima, almeno un 15 giorni prima che è uscita sui giornali,
me la racconta lui perché io non… in quel periodo avevamo parlato di andare a a
fare..andare a fare, c’era il discorso di andare a fare l’omicidio di uno di…di uno
di…Iacopinelli di Licata. Pm: Iacopinelli Salvatore. Di Gati: di Licata, e loro già si
stavano organizzando per portare le armi a … per questo gli serviva il kalasnikov per
portarlo verso Licata e andare a uccidere Iacopinelli, per questo è stato il discorso
che ne abbiamo parlato. Iacopinelli fu ucciso nel… perciò noi ne abbiamo parlato
intorno fine ’99, 2000, Iacopinelli è avvenuto nel 2001 mi sembra. Pm: sì, più o
meno.

OMICIDIO VINCENZO COLLURA
l’11 luglio 1999 è stato commesso a Canicattì, con uso di sofisticata arma da
guerra (kalasnikov), l’omicidio di Vincenzo Collura, siculianese d’origine,
trapiantato a Canicattì dove aveva percorso una rilevante carriera criminale. Che
detto delitto sia riconducibile a Falsone ci sono pochi dubbi
soprattutto se si compara questa vicenda con l’omicidioIacopinelli. Le risultanze balistiche
effettuate dagli investigatori scientifici non lasciano dubbi.

Quadruplice omicidio commesso a Licata
Il 27 agosto 1993 sulla Licata-Riesi quasi nei pressi di Falconara, venivano
scoperti quattro cadaveri: dentro una Fiat Croma si trovava il corpo di
Calogero Brunco, licatese mentre nelle vicinanze dell’autovettura veniva trovato
il cadavere di Salvatore Lauria, e Salvatore Greco, gelese, ancora vivo nonostante
presentasse numerose ferite da arma da fuoco. Solo l’indomani venne
ritrovato il cadavere di Domenico Cellura, con le luci del giorno,
sebbene lo stesso fosse stato attinto in varie parti del corpo
da numerosi colpi di arma da fuoco. Greco moriva qualche
giorno dopo in ospedale. Per questo terribile fato di sangue
venne processato in concorso con ignoti, il licatese e schedato
mafioso Angelo Occhipinti, 56 anni. Il 9 maggio 2002 la Corte
di Assise di Agrigento ha assolto Occhipinti per non aver commesso
il fatto. Dello stesso parere anche la Corte d’Assise d’Appello di Palermo un anno dopo. Processo celebrato senza
l’aiuto dei collaboratori di giustizia se si eccettua un pentito
minore della zona, Angelo Ballacchino. Ma i pentiti dell’ultima
generazione, tra cui Di Gati e Luigi Putrone avrebbero
dato una nuova chiave di lettura che andrebbe a collimare con
l’iniziale indagine dei carabinieri di Licata secondo cui il quadruplice
omicidio fu deciso da Cosa Nostra per togliere di
mezzo quattro pusher che infastidivano la cosca locale.
OMICIDIO GIUSEPPE MURATORE
Il 18 agosto 1999 venne ucciso a Campobello di Licata. Giuseppe
Muratore. Il collaboratore di giustizia, Maurizio Di Gati racconta così l’episodio: “..
Falsone mi disse che era un uomo… infatti allora si parla…io gli avevo riferito del
nome…di un certo Muratore, che questo cercava persone, perciò ai tempi di Leonardo
Fragapane questo si aveva messo a disposizione per … allora c’erano contrasti tra Falsone
e Fragapane perché aveva ..era già sparito Di Caro Antonio. Pm: Muratore lei dice di
Campobello di Licata? Di Gati: di Campobello di Licata, gli riferii che questo si era messo
a disposizione con…coni Fragapane in quanto gli dava appoggio per potere uccidere a
Falsone Giuseppe, che allora eravamo tutti liberi per poter organizzare l’agguato, però
poi non se ne fece nulla. Quando gli dissi io di questo Muratore che aveva
la campagna accanto… di fronte a quella sua, nello stesso momento che io me ne andai c’era
Angelo Di Bella e davanti a me gli dissi “ vai…mi devi andare a chiamare
un certo Lo Cicero e Michele Montaperto. Dopo…dopo l’omicidio del Muratore perché da
quando gli diedi questa confidenza al nuovo incontro passò circa un dieci giorni, una settimana
su per giù, ci siamo rivisti e mi ha raccontato… che io mi lamentai
di digli non c’era bisogno di andarlo a ucciderlo nel senso che quello ormai si faceva i fatti
suoi, rici, non aveva il pericolo lui “e se chistu come si misi a disposizione con… con
Leonardo Fragapane si poteva mettere d’accordo con altra gente, siccome io ho mio fratello
Lillo ancora a Campobello dice potevano uccidere a mio fratello dice e io non sapevo più
come …con chi rivol…con chi prendermela” e mi riferii in quel… quel momento che aspettò lui e
Michele Montaperto a ..al Muratore, in campagna perché lui la zona la conosce perfetto perché mi diceva che la
campagna del Muratore è di fronte alla casa di campagna di…del Falsone, così mi…mi riferii che per l’omicidio si
portò a Michele Montaperto lui come…come aiuto per fare l’omicidio. Mi spiegò anche in quale modo, le
moda..le modalità dell’omicidio che dice “appena ni vitti…appena mi vitti stu curnutu”, proprio le parole…
“aveva scappato, ha tentato di scappari a peri, rici, con du scupittati lu ittamu in terra”.

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