mercoledì 4 maggio 2011

Guidonia, fermata la banda della "Malafemmina"

In manette in 13, facevano fallire le società da risanare

Prima si facevano nominare nei consigli di amministrazione delle società vittime, poi dall’interno le spolpavano portandole al fallimento. Così sono finite in manette 13 presone tra Guidonia, Napoli e Avellino con l’accusa è di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, estorsione, truffa aggravata, ricettazione e circonvenzione di incapace.


L`operazione, con cui gli agenti del commissariato di Tivoli hanno sgominato la banda dei truffatori, è stata battezzata "Malafemmina", proprio come il film con Totò e Peppino. Già perché una delle intercettazioni che ha inchiodato i criminali ricorda proprio la scena della stesura della lettera del celebre “Totò, Peppino e la Malafemmina”. I due membri dell'organizzazione criminale parlano al telefono per scrivere un ordine di merce da inviare a una delle società truffate, ma l’esito della conversazione è a dir poco esilarante.

ll modus operandi della banda era strutturato e si articolava in tre fasi. La prima mossa era individuare le società in difficoltà finanziare, che venivano acquisite e intestate a prestanome, dietro la promessa di salvataggio dalla bancarotta. Spesso per convincere i dirigenti venivano anche versati dei soldi. Poi dopo aver prosciugato le risorse in cassa, le attività venivano condotte al fallimento. Ma i fondi prelevati dovevano sparire in qualche modo. La seconda mossa, infatti, consisteva nella creazione di società fittizie, che avevano spesso come base le strutture delle aziende fallite. Ma non è tutto: la banda passava poi all'acquisto di merce da altre aziende, che non venivano pagate. La refurtiva veniva quindi rivenduta a prezzi stracciati attraverso il passaparola o tramite internet.

Così facendo la banda è riuscita a truffare oltre 70 aziende per un bottino complessivo accertato di tre milioni di euro.

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