NAPOLI - Un complicato incastro di quote societarie, utili, tessere imprenditoriali. C’è soprattutto questo scenario dietro la bomba lanciata la notte tra mercoledì e giovedì invia dei Mille contro il bar Guida.
Un locale distrutto, danni per centomila euro, ma se vai a scavare gli interessi in campo sono molto più sostanziosi, quanto basta a spingere qualcuno a usare le maniere forti. Non stanno a guardare in Procura, tanto da affidare il caso dell’incendio nel bar Guida alla Dda, al pool anticamorra quanto mai attento su ciò che sta avvenendo nelle zone più esclusive della città.
A Chiaia, in poche centinaia di metri quadrati, c’è uno scontro tra blocchi di potere economico. E, accanto o contro imprenditori puliti, si muovono riciclatori e gente in odore di camorra. Un solo obiettivo: conquistare un posto al sole, nel domino di locali, pub, ristoranti, pizzerie e discoteche che accolgono la dolce vita napoletana. Interessi opachi, per il momento ci sono solo i nomi delle due vittime: si chiamano Rosario De Stefano e Giuseppe Pizzicato, due imprenditori che avevano rilevato appena tre mesi fa lo storico bar di via dei Mille. Ci avevano investito soldi, erano pronti a riaprire una delle mete storiche del circuito cittadino: il bar Guida era costato trecentomila euro, oltre una serie di oneri esattoriali da fronteggiare frutto della precedente gestione. Entrambi hanno smentito fin dalle prime battute investigative di aver subito in passato richieste estorsive e non hanno saputo dare alcuna traccia su possibili moventi criminali.
Eppure, sono stati colpiti appena pochi giorni prima della riapertura del locale in modo fin troppo plateale. Qual è l’obiettivo? Un messaggio, un avvertimento, magari in vista di ben altri investimenti familiari più o meno nella stessa zona cittadina: un raid per frenare (legittime) aspirazioni imprenditoriali che rischiano di turbare strategie di espansione di altri blocchi societari. Un’azione dimostrativa, come a dire: fatevi da parte, ora è troppo, nella zona ci sono altri investimenti da mettere in cantiere. Una sorta di azione preventiva per assicurarsi il controllo degli affari che contano nella zona più ambita della metropoli napoletana.
Inchiesta condotta dalla Mobile del primo dirigente Vittorio Pisani e dal vicequestore Fulvio Filocamo. Racket, vendetta o una sorta di assicurazione per il futuro, si muove la Dda del procuratore aggiunto Sandro Pennasilico. Chiaia, la Torretta, ma anche i vicoli dei Quartieri Spagnoli sono da tempo «attenzionati» dai pm Sergio Amato e Michele Del Prete, cui spetta ora la gestione delle indagini. Inevitabili a questo punto accertamenti su equilibri e rapporti di forza in seno allo scacchiere criminale cittadino: ci sono personaggi di recente tornati in circolazione nella zona di Montecalvario, ma anche alleanze fluide, che si organizzano proprio attorno al tavolo degli affari. Strani movimenti anche alla Torretta, dove da tempo sono tornati a piede libero boss e capicosca locali. C’è un salto di qualità nella strategia del crimine? C’è un asse tra clan differenti per inserirsi in zona «in» della città. Sul territorio, gli inquirenti fanno la conta dei nomi. Gente unita da una sola esigenza: riciclare soldi sporchi, lavare i proventi di droga, estorsioni, videopoker. In una parola: creare attività apparentemente estranee al crimine, per consolidare potere economico e radicamento territoriale.
Indagine alle prime battute, per il momento nel taccuino degli investigatori non c’è molto. Si attendono i referti dei vigili del fuoco, anche perché manca per il momento l’ufficialità della matrice dolosa del rogo. Un boato intorno all’una e trenta, poi fiamme e paura. Macerie dappertutto, zona da bonificare, al momento si fa fatica anche a capire cosa abbia provocato l’esplosione. Due giorni dopo l’esplosione, area transennata, c’è ancora puzza di bruciato: chi voleva lanciare un messaggio o un avvertimento ha ottenuto, almeno finora, gli effetti sperati.
Leandro Del Gaudio
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