mercoledì 18 maggio 2011

Lotta alla mafia, 63 arresti fra Nisseno, Varese e Genova

La nuova piovra opera la Sicilia e il Nord: in questo caso soprattutto la Liguria. Sequestrati ville e beni per 10 milioni. In carcere anche uno dei carcerieri di Giuseppe Di Matteo, il bambino sciolto nell'acido

Una vasta operazione antimafia contro le cosche mafiose di Gela che avrebbero proiettato i propri interessi criminali in alcune zone del Nord Italia è in corso tra la Sicilia, la Lombardia e la Liguria. La polizia sta notificando 63 ordinanze cautelare in carcere, firmate dal Gip di Caltanissetta su richiesta della Dda, nei confronti di esponenti di spicco dei clan Rinzivillo ed Emanuello. Sono state sequestrate ville e beni per 10 milioni. In un'altra operazione antimafia ad Agrigento sono state arrestate quattro persone, tra cui anche uno dei dei sequestratori del piccolo Giuseppe Di Matteo, il bambino sciolto nell'acido per ordine di Brusca.

Nell'operazione condonna dal gip di Caltanissetta gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di estorsione, associazione mafiosa, traffico internazionale di sostanze stupefacenti, incendi, detenzione e porto di armi. L’indagine è stata condotta dallo Sco e dalle squadre mobili di Caltanissetta, Varese e Genova. Gli affiliati delle due cosche, da tempo in lotta tra loro per il predominio mafioso, erano inoltre coinvolti in un traffico di cocaina importata da Santo Domingo. I proventi illeciti venivano reinvestiti in immobili ed imprese commerciali nel Nord Italia. Sono state infine accertate numerose estorsioni nei confronti di imprenditori del settore edile e di titolari di esercizi commerciali.

Delle 63 ordinanze di custodia cautelare, 36 sono state notificate in carcere a persone già detenute. Tra gli arrestati anche un dipendente del Comune di Gela, Angelo Camiolo, ritenuto uomo di fiducia del clan Emmanuello e vicinissimo all’ex reggente, Crocifisso Smorta, ora collaboratore di giustizia. L’impiegato comunale avrebbe avuto il compito di informare la cosca sugli appalti banditi dal Comune di Gela e successivamente di riscuotere il ’pizzò dagli imprenditori che effettuavano i lavori.

Le indagini, durate tre anni, hanno permesso di svelare la complessa realtà di Cosa nostra di Gela e le sue ramificazioni nel varesotto e a Genova riconducibili ai Rinzivillo e agli Emmanuello. Le due famiglie rivali erano entrambe legate al capomafia della provincia di Caltanissetta Piddu Madonia, catturato nel 1992. Dopo la morte del boss Daniele Emmanuello, nel 2007, i Rinzivillo tentarono di riconquistare la leadership, approfittando della momentanea instabilità al vertice di Cosa nostra. Il clan sarebbe riuscito a infiltrarsi nel Nord Italia, in particolare nella zona di Busto Arsizio, grazie a imprenditori gelesi compiacenti e ad alcuni affiliati rimasti in libertà. Proprio sull’asse Gela-Busto Arsizio la famiglia Rinzivillo sarebbe riuscita a reimpiegare i proventi illeciti, provenienti in particolare dal traffico di stupefacenti, finanziando attività imprenditoriali del settore edile. Nel corso delle indagini è emerso come gli uomini d’onore trasferitisi al Nord continuassero a mantenere contatti con la cosca contribuendo all’assistenza dei detenuti e delle loro famiglie, e partecipando alle decisioni di Cosa nostra.

Un capitolo a parte riguarda le estorsioni messe a segno dai due clan. Ben 15 imprenditori hanno collaborato con la giustizia denunciando intimidazioni e richieste di pizzo. Sono stati inoltre ricostruiti decine di episodi estorsivi, dalla classica ’messa in regolà, all’imposizione di materiale da acquistare presso aziende ’amichè, all’assunzione di personale. Le indagini, infine, si sono avvalse della collaborazione di diversi pentiti appartenenti alla Stidda e a Cosa nostra. Smantellati i vertici del mandamento mafioso di Cammarata e Casteltermini, nell’agrigentino.

Nell'altra operazione antimafia i carabinieri di Cammarata e del reparto Operativo di Agrigento hanno arrestato quattro persone, tra cui anche uno dei dei sequestratori del piccolo Giuseppe Di Matteo. L’operazione denominata «Kamarat», è stata coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi, e dai sostituti Giuseppe Fici ed Emanuele Ravaglioli. Le manette sono scattate ai polsi di Angelo Longo, 47enne di Cammarata, Mariano Gentile, 58enne di Cammarata, Giovanni Calogero Scozzaro, 53enne di Casteltermini, tutti finiti in carcere; ai domiciliari, invece, è stato sottoposto Vincenzo Giovanni Scavetto, 71enne di Casteltermini.

In particolare, Angelo Longo, figlio del boss di Cammarata Luigi, è accusato di avere preso parte al sequestro del piccolo Giuseppe di Matteo, il figlio 13enne del pentito Santino fatto poi sciogliere nell’acido su ordine di Bernardo Brusca. Tutti gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa con l’aggravante della disponibilità di armi ed esplosivi per il conseguimento delle finalità dell’organizzazione.

Nessun commento:

Posta un commento