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giovedì 26 agosto 2010
Esplode una bomba sotto casa del procuratore generale di Reggio Calabria
Bomba contro la casa del procuratore
Reggio Calabria, la sfida delle cosche
L'ordigno è esploso nella notte
davanti al portone della casa
di Salvatore Di Landro
REGGIO CALABRIA
Un ordigno è stato fatto esplodere davanti al portone dell’abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. L’esplosione ha mandato in frantumi i vetri delle finestre della casa del magistrato, che abita in un condominio, e di altre abitazioni vicine. Al momento della deflagrazione Di Landro si trovava in casa insieme alla moglie. Nessuno è rimasto ferito. Sul luogo dell’esplosione sono giunti, per le indagini, carabinieri e polizia di Stato, insieme al pm di turno della Procura della Repubblica di Reggio Calabria.
L’edificio in cui abita Di Landro si affaccia sulla pubblica via e per arrivare al portone, dunque, non bisogna superare alcun cancello. L’esplosione ha provocato danni gravi anche al portone dell’edificio in cui abita Di Landro. Il palazzo, invece, non ha subito danni strutturali. La zona in cui abita il magistrato si chiama Parco Casoria. Nell’edificio davanti al quale è stato fatto esplodere l’ordigno abitano, oltre a quella del magistrato, altre quattro famiglie, ma non c’è alcun dubbio, secondo gli investigatori, che l’intimidazione sia diretta contro il procuratore generale. Secondo quanto è emerso dai primi accertamenti, l’ordigno, collegato ad una miccia a lenta combustione, sarebbe stato confezionato con tritolo.
«Lo Stato è vicino al procuratore generale Di Landro e a tutta la magistratura reggina. Questo ultimo ennesimo vile atto intimidatorio conferma la bontà dell’impegno finora profuso nel contrasto all’ndrangheta, ma ci impone di mantenere alto il livello di guardia». Lo dichiara il ministro della Giustizia Angelino Alfano in merito all’ordigno fatto esplodere davanti al portone dell’abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. «Quanto è accaduto - continua il Guardasigilli - rafforza la determinazione del Governo nel portare avanti la lotta alla criminalità mafiosa, cosa che abbiamo fatto finora adottando provvedimenti sempre più incisivi che ci hanno consentito di raggiungere traguardi prestigiosi. La criminalità, come una bestia ferita è in difficoltà, ma proprio per questo siamo consapevoli di quanto possa essere pericolosa».
Ordigno a base di tritolo. Nell'edificio davanti al quale è stato fatto esplodere l'ordigno abitano, oltre a quella del magistrato, altre quattro famiglie, ma non c'è alcun dubbio, secondo gli investigatori, che l'intimidazione fosse diretta contro il procuratore generale. L'ordigno, collegato ad una miccia a lenta combustione, sarebbe stato confezionato con tritolo.
Vertice in Prefettura. Il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, ha convocato d'urgenza il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica per fare il punto sulle indagini relative all'attentato ed esaminare le misure di sicurezza cui è sottoposto attualmente il procuratore generale. L'attentato della scorsa notte segue quello del 3 gennaio scorso contro la sede della Procura generale reggina e una serie di intimidazioni nei confronti dei magistrati di Reggio.
L'intimidazione di giugno. L'attentato contro la casa di Di Landro non rappresenta la prima intimidazione effettuata contro il magistrato. Nello scorso mese di giugno persone non identificate sabotarono l'automobile di servizio di Di Landro, allentando i bulloni di una ruota. La vettura si trovava nel parcheggio del Centro direzionale, dove vengono lasciate le vetture di servizio dei magistrati della Dda e della Procura generale di Reggio Calabria. Un atto che, secondo gli investigatori, avrebbe potuto comportare gravi conseguenze per il magistrato, oggetto anche successivamente di minacce.
Di Landro: vogliono farmela pagare. «Contro di me, a partire dall'attentato a gennaio contro la Procura generale, c'è stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalità organizzata, che si è personalizzata - ha detto Di Landro - Vogliono farmela pagare, evidentemente per il fatto che ho sempre e in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato».
«E' il culmine di una strategia». «Dall'attentato del tre gennaio - ha aggiunto Di Landro - l'attenzione negativa nei miei confronti è aumentata sempre più fino all'attentato della scorsa notte, che rappresenta il culmine di questa strategia. Evidentemente a qualcuno non sta bene che io abbia sempre agito senza infingimenti e sulla base di quella che ritenevo essere la verità, rispettandola fino in fondo. Sono sempre stato in buona fede e ho sempre agito col massimo scrupolo, pur comprendendo che posso sbagliare anch'io, come tutti, ma sempre in buona fede. Una linea di condotta che ha sempre caratterizzato la mia gestione della Procura generale di Reggio Calabria, di cui ho assunto la guida nel novembre del 2009. Sono grato a quanti, soprattutto colleghi, mi stanno chiamando per esprimermi la loro solidarietà. Il mio cellulare e il mio telefono di casa, da quando si è diffusa la notizia, non smettono un attimo di squillare».
Alfano: lo Stato è vicino alle toghe. «Lo Stato è vicino al procuratore generale Di Landro e a tutta la magistratura reggina - assicura il ministro della Giustizia, Angelino Alfano - Questo ultimo ennesimo vile atto intimidatorio conferma la bontà dell'impegno finora profuso nel contrasto alla 'ndrangheta, ma ci impone di mantenere alto il livello di guardia. Quanto è accaduto rafforza la determinazione del governo nel portare avanti la lotta alla criminalità mafiosa».
Grasso: sfida alle istituzioni. «Questo ennesimo grave episodio si inserisce in una lunga scia di intimidazioni e minacce, iniziata lo scorso tre gennaio, nei confronti della magistratura calabrese tutta - ricorda il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso - Certamente Di Landro rappresenta il più alto vertice della magistratura in Calabria, ma non bisogna dimenticare che sono stati messi proiettili sulle macchine di servizio, sottoposte a vigilanza e posteggiate nel Palazzo di giustizia, di altri magistrati a riprova del fatto che si tratta di un piano di intimidazione generale e allargata. E' in corso una sfida alle istituzioni culminata nel ritrovamento di una macchina con armi durante la visita a Reggio Calabria del presidente della
Repubblica. Da una prima valutazione complessiva si può ipotizzare che, oltre all'attacco personalizzato a Di Landro, la criminalità organizzata stia tentando di creare un clima generalizzato di intimidazione nei confronti di tutti i magistrati inquirenti e giudicanti che operano in Calabria».
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