venerdì 29 marzo 2013

Mafia, cambia la geografia delle cosche: ma non è stato individuato un capo


Relazione della «DiA». Nella nuova geografia territori storici hanno perso il loro predominio a vantaggio di altri

 
  di ENZO GALLO
AGRIGENTO.  E' cambiata la geografia mafiosa sul territorio assieme ai rapporti di forza a causa delle ultime operazioni delle forze dell'ordine e soprattutto degli arresti di Gerlandino Messina e Giuseppe Falsone. Ad affermarlo sono i vertici della Dia nella periodica relazione sulle "Organizzazioni di tipo mafioso autoctone". «La più recente ed attendibile suddivisione mafiosa nel territorio agrigentino -scrivono gli investigatori della DIA- emerge dall'operazione "Nuova cupola" e consente di annoverare 8 mandamenti».
 
Nella nuova geografia, territori storici hanno perso il loro predominio a vantaggio di altre. L'elenco si apre con il mandamento di "Campobello di Licata cui fanno capo le famiglie di Canicattì/Licata, Ravanusa, Camastra, Castrofilippo, Grotte che torna ad inglobare pure Comitini-Racalmuto". A seguire "Giardina Gallotti cui fanno parte le famiglie di Porto Empedocle, Siculiana, Lampedusa; Burgio con le famiglie di Lucca Sicula, Villafranca Sicula e Caltabellotta; Ribera cui fanno capo le famiglie di Cattolica Eraclea, Montallegro e Calamonaci; Santa Margherita Belice che ingloba le famiglie di Montevago e Menfi". Sempre nelle zone interne ed in particolare il mandamento di Sambuca di Sicilia scopriamo ingloba la famiglia di Sciacca mentre Cianciana comprende un territorio molto vasto diviso tra l'area montana e la bassa Quisquina con poco meno di un terzo dei comuni dell'intera provincia cioè le famiglie di Bivona, Santo Stefano Quisquina, Alessandria della Rocca, Casteltermini, Aragona, Cammarata, San Giovanni Gemini, Ioppolo Giancaxio, Raffadali, Sant'Angelo Muxaro, San Biagio Platani e Santa Elisabetta. A chiudere il mandamento di Agrigento che controlla le famiglie della città e frazioni ma anche quelle di Favara, Palma di Montechiaro e Naro.
 
La DIA nella sua relazione ribadisce che "cosa nostra condiziona lo sviluppo della provincia soprattutto nel campo dell'imprenditoria e delle opere pubbliche con una percentuale fissa del 2 per cento sull'importo complessivo di ogni appalto a vantaggio dei clan locali". Dopo l'operazione "Alta mafia" ed "Agorà" solo per citarne alcune resta confermato che "il tessuto sociale è spesso caratterizzato da connessioni tra mafia-imprenditoria-politica tanto che alcuni consigli comunali sono stati sciolti ed, in ultimo, il 23 marzo 2012 quello di Racalmuto" oggi affidato ad una triade prefettizia. Le grandi famiglie nell'agrigentino continuano a prediligere di agire in maniera sommessa e senza clamore. Si ammazza o si fa sparire qualcuno quando non c'è altra via e il danno che ne deriverebbe all'organizzazione sarebbe maggiore. "Le altre attività delle famiglie mafiose -per la Dia- riguardano la grande distribuzione, lo smaltimento dei rifiuti ed il mondo che gira intorno agli appalti, senza disdegnare le estorsioni" e secondo altri canali investigativi sempre più di recente le attività del gioco (slot machine e on line), quello di trasferimento denaro e di compravendita d'oro ed argento. "Una delle attività di maggior successo nel contrasto alle organizzazioni resta lo strumento del sequestro e della confisca dei patrimoni illeciti". Ancora ci sono sul territorio gruppi di "stiddari" che però hanno raggiunto un'intesa con "cosa nostra" di cui accetterebbero le direttive a non configgere.

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