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lunedì 30 novembre 2009
Spatuzza, Ciancimino e la via dei soldi che porta a Milano
Spatuzza, Ciancimino e la via
dei soldi che porta a Milano
Nel mirino dei pm un imprenditore di Palermo
FRANCESCO LA LICATA
ROMA
E’ ancora la Sicilia il terreno scivoloso che tiene in apprensione Dell’Utri e Berlusconi. Certo, ci sono i verbali fiorentini di Gaspare Spatuzza sulle stragi, ma poco si sa di ciò che bolle tra Palermo e Caltanissetta, dove confluiscono carte e interrogatori del pentito e del «teste privilegiato» Massimo Ciancimino, ormai accolto dalle due Procure come persona che riferisce «scenari interessanti» e li sostiene con documenti e ricordi trasmessi dal padre, Vito, l’ex sindaco Dc di Palermo, in quasi 25 anni di convivenza forzata.
Un lungo periodo in cui Massimo si è occupato esclusivamente del genitore (carcere, soggiorno obbligato, domiciliari), assistendolo anche quando aveva il ruolo di cerniera fra mafia e politica era finito. Si saldano, in qualche modo, le rivelazioni dei due testimoni? Forse è presto per dirlo, ma le investigazioni delle procure siciliane sembrano concentrate in questa direzione. Spatuzza ha riferito degli interessi economici e finanziari di Giuseppe e Filippo Graviano (oltre che del loro ruolo nello stragismo mafioso). Interessi che porterebbero a Milano, anche per via di un personaggio che ora è al centro delle attenzioni: Giuseppe Cosenza, imprenditore del settore spedizioni, che metteva a disposizione dei boss la propria azienda per favorire gli «incontri» di mafia.
Nel deposito della «Valtras srl», nel quartiere di Brancaccio, lavorava Gaspare Spatuzza. Secondo il pentito, bisogna cercare lì il legame tra i Graviano e Milano. Un legame riscontrabile anche nell’interesse dei boss di Brancaccio per la nascita di Forza Italia, gestita - anche a Palermo - da Marcello Dell’Utri. Il quartiere fu teatro della prima campagna pubblicitaria in favore del partito nascente, campagna interrotta bruscamente - ricorda Spatuzza - quando si cominciò a parlare dello «scandaloso» legame fra Dell’Utri e Vittorio Mangano. Il pentito racconta tutto ciò non senza qualche recriminazione dei magistrati che gli contestano una iniziale reticenza sui temi di mafia e politica.
Ma Spatuzza replica: «Non ho riferito subito di queste cose riguardanti Berlusconi perché intendevo prima di tutto che venisse riconosciuta la mia attendibilità su altri argomenti», ma anche per «ovvie ragioni inerenti la mia sicurezza». Insomma timore di imbarcarsi in discorsi difficili. Stranamente anche Massimo Ciancimino, all’inizio della collaborazione, non aveva per nulla in mente di avventurarsi su un terreno pericoloso come le presunte «relazioni pericolose» del premier e del suo amico più fidato. E’ stato il casuale(?) ritrovamento del «pizzino» - in precedenza inspiegabilmente sfuggito ad una perquisizione - attribuito a Provenzano a trascinarlo per i capelli. Il contenuto del biglietto è noto: un foglio con l’intestazione strappata e una strana richiesta-minaccia rivolta a qualcuno che «aveva promesso una rete televisiva».
Costretto a spiegare, Ciancimino jr, esibisce numerosi altri appunti scritti con la stessa grafia dell’altro attribuito a Provenzano. Di più non si sa, tranne che si tratterebbe di «discorsi politici» e promesse non mantenute. Ma Massimo consegna anche un altro foglio, a suo tempo scritto dal padre, che sembra essere un suggerimento ad un interlocutore (Provenzano?) al quale viene ricordato un impegno preso. Si tratta di una frase di Berlusconi (intervista a «la Repubblica», 1977) che promette: «Metterò a disposizione degli amici che scenderanno in politica mezzi di comunicazione, a cominciare da Telemilano».
La stessa frase viene sottolineata da Vito Ciancimino, prima, e dal personaggio che la inoltra a Berlusconi, se ciò che racconta Ciancimino jr sarà dimostrato. Era meticoloso, negli appunti, don Vito. Quasi maniacale: elencava minuziosamente, annotava tutto. E conservava. Come il biglietto su cui viene annotata una incomprensibile equazione che riguarda i nomi di due mafiosi (Buscemi e Bonura) accostati a Berlusconi. O come il «pizzino» in cui Provenzano, alias il signor Lo Verde, scrive di aver parlato «con l’amico sen.». O come i commenti su qualche investimento dei palermitani su Milano: appunti - questi - che hanno fatto riaprire vecchi fascicoli riguardanti le disinvolte operazione finanziarie del costruttore Alamia, ancora sulla piazza di Milano. E domani Massimo Ciancimino preannuncia il deposito di altro materiale.
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