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domenica 1 novembre 2009
Il pentito Calogero Rizzuto una miniera di informazioni
Il pentito Calogero Rizzuto una miniera di informazioni
Calogero Rizzuto, detto “Cavigliuni” mi pento perché mi cunsumavu
Calogero Rizzuto, “cavigliuni” per soprannome (ngiuria, per i siciliani), boss di Sambuca di
Sicilia diretto rappresentante, per lungo tempo, del gruppo vincente di Cosa Nostra, quello guidato da
Giuseppe Falsone, latitante, e dai fedelissimi alleati del clan Capizzi di Ribera, ha deciso di pentirsi perchéormai era un uomo morto. I verbali di Rizzuto sono una miniera di informazioni e
una miniera di informazioni sono anche gli omissis che mostrano chiaramente come le indagini sono davvero proprio all’inizio. Cavigliuni parla di massoneria (“Mario Davilla era affiliato”), di politica (“Alle ultime regionali mi venne detto di votare per Cascio”), di servizi segreti a tutto spiano. I suoi ricordi sono precisi, puntuali, ricchi di particolari. I riscontri alle sue dichiarazioni sono stati già avviati. Si tenterà anche di fare luce su una serie di delitti due dei quali il pentito attribuisce a Pietro Derelitto,
attualmente in carcere. Poi, spiega ai giudici un percorso privilegiato: quello delle estorsioni. Nomi, date, soldi ricevuti, attentati. E poi ancora la ricostruzione delle famiglie mafiose dell’agrigentino per volere diretto di Bernardo Provenzano che viene seguito alla lettera da Giuseppe
Falsone, attuale boss latitante della mafia agrigentina. Dovevano essere messi fuori famiglia tutti coloro i quali avevano partecipato al summit interrotto dalla polizia denominato Cupola e quanti avevano deciso di adottare la strategia processuale del patteggiamento. A Sciacca l’incarico
di riformare la famiglia venne dato a Carmelo Bono, boss ottantenne che era coadiuvato da Domenico
Friscia (“è un magnaccia”, afferma Rizzuto) ed Accursio Indelicato, vecchie conoscenze degli inquirenti.
E poi ancora gli incontri con Giuseppe Falsone, anche ad Agrigento, e quello mancato con Matteo Messina Denaro finito in un nulla di fatto sol perchè Rizzuto venne arrestato pochi giorni prima dell’appuntamento. Ed ancora: le famiglie mafiose agrigentine avevano due supervisori che rispondevano solo a Falsone: Capizzi per la zona di Sciacca e Lillo Lombardozzi per quella di
Agrigento. Dunque la molla che ha fatto scattare il pentimento di Rizzuto è stata la paura. Paura di essere assassinato. Anzi, il pentito è sicuro che ormai la sua fine era prossima.Ecco, sul punto cosa dice ai pm che lo stanno interrogando: “Ho deciso di collaborare con l’Autorità giudiziaria
per diversi motivi, principalmente perché temo di essere ucciso: i miei sospetti sono rivolti nei confronti dei Capizzi e di Falsone: ritengo che la mia morte fosse stata decisa in una riunione a cui mi aveva invitato Imbornone e a cui io non partecipai proprio per timore di essere ucciso. A seguito della mia collaborazione potrebbero derivare pericolo per la incolumità dei miei familiari”. Il pubblico ministero Rita Fulantelli lo incalza e pone la domanda più semplice. Sembra banale, invece è straordinariamente ricca di significati: P.M.: Ma lei che e’ha guadagnato ad entrare in Cosa Nostra? Rizzuto: Io? Mi cunsumavu io, si
consumò tutta a me’ famiglia e... chistu ddocu ci guadagnavu, cunsumavu a tutti... P.M.: Non c’ha guadagnalo niente? Rizzuto: No, c’haiu sulu persu e ci può credere dottoressa tranquillamente. P.M.: Io a lei non l’ho capito perché lei è entrato a far parte di Cosa Nostra; ci entra senza... non si capisce per quale motivo… se non ci guadagna niente che c’è entrato a fare? Rizzuto: Perché pensavo
di guadagnare... ...ma non sono riuscito, da tutto quello che... non sono riuscito a prendere niente perché na
vota se li prendeva Capizzi, n’atra vota se li prendeva Agrigento, un’altra volta se lei prendeva di qua, un’altra volta se li prendeva di là e noi stavamo sempre a guardare.
PM: Però Guzzo i soldi se li pigliava! Rizzuto: Se iddu si pigliava io questo non...
Noi, come sempre vi raccontiamo tutto.
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