venerdì 27 novembre 2009

Catania, duro colpo ai "Ceusi"


Catania, duro colpo ai "Ceusi"

CATANIA - La Squadra mobile di Catania ha inferto un duro colpo alla cosca mafiosa dei Piacenti, noti come i "Ceusi" (Gelsi).

Il provvedimento cautelare è stato eseguito su delega della Procura distrettuale antimafia. I reati ipotizzati sono associazione mafiosa, traffico e spaccio di stupefacenti, usura, estorsioni, organizzazione di gare clandestine di cavalli. Arresti oltre che in Sicilia sono stati eseguiti anche a Roma, Pisa e Biella.

Durante l'operazione sono state anche notificate 12 informazioni di garanzia nei confronti di esponenti della società civile, dell'imprenditoria, della sanità e delle forze dell'ordine, per i reati di riciclaggio, favoreggiamento e reato contro la pubblica amministrazione. Nel corso delle indagini, che hanno riguardato gli episodi dal 2004 al 2008, sono stati sequestrati circa 360 chilogrammi di marijuana e un arsenale di armi da fuoco a disposizione dell'organizzazione mafiosa.

GLI INTERESSI DEI "CEUSA". "Allargare" il campo ed occuparsi di attività redditizie come cantanti napoletani, maghi, centri anziani, ambulanze, videogiochi e contattare politici "corrotti" per aver accesso a finanziamenti nazionali e comunitari. Sono alcune delle indicazioni date dal boss detenuto Giovanni Piacente, considerato dagli investigatori a capo della cosca dei "Ceusi", in una lettera scritta di suo pugno e indirizzata ai parenti e agli affiliati, fatta uscire dal carcere di Rebibbia e ritrovata durante un normale controllo dagli investigatori sotto il sellino di uno scooter nel marzo del 2008.

Della missiva ha parlato il procuratore aggiunto Michelangelo Patanè incontrando i giornalisti a Catania per illustrare i particolari dell'operazione 'Morus'. Nella lettera Giovanni Piacente impartisce anche la disposizione di "togliere tutto al pedofilo", riferendosi al cugino Giovanni Piacenti, arrestato nel 2004 per pedofilia, reato considerato "infamante" nell'ambito della criminalità.

Durante la conferenza stampa, alla quale ha preso parte anche il questore Domenico Pinzello, è stato sottolineato il ruolo "non più marginale" delle donne (tre le arrestate nell'operazione ndr) la cui presenza è stata giudicata "significativa" all'interno nell'organizzazione, dove impartivano agli affiliati le disposizioni ricevute dal boss.

Tre persone sono riuscire a sfuggire all'arresto; a tredici di esse il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere. Tra gli arrestati la sorella di Giovanni Piacente, Rosaria, che avrebbe avuto il compito di portare fuori dal carcere le disposizioni per gli affiliati date dal boss e Giovanna Bonafede, accusata di detenzione illegale di armi perchè trovata in possesso di quattro pistole.

Nel corso delle indagini è emerso come al boss Piacente si sarebbero rivolti anche esponenti delle forze dell'ordine e professionisti: una circostanza che gli investigatori hanno definito "allarmante". Alcuni cittadini si sarebbero infatti rivolti all'organizzazione per dirimere una lite condominiale, per avere la sicurezza di acquistare una casa in un'asta giudiziaria o anche per recuperare crediti. Tra questi u
esponente delle forze ordine che a Piacenti avrebbe chiesto di fare minacciare la moglie che voleva lasciarlo e che aveva una relazione extraconiugale; in cambio avrebbe dato al boss l'assicurazione che in quel periodo non vi era pericolo di ordinanze di custodia cautelare nei suoi confronti.

Al boss si sarebbe rivolto anche un ginecologo, chiedendo di poter visionare la cartella clinica di una donna conservata all'ospedale Cannizzaro, cosa che sarebbe avvenuta. Il professionista avrebbe chiesto l'interessamento dell'organizzazione per ritrovargli l'automobile che gli era stata rubata.

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