giovedì 27 febbraio 2014

Racket dell'ombrellone blitz antimafia in Salento




LECCE - Sono state fondamentali le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia e le successive intercettazioni ambientali a riscontro nello sviluppo delle due indagini parallele dei Ros dei Carabinieri e della Squadra Mobile della Questura di Lecce, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia diretta da Cataldo Motta, denominate rispettivamente «Alta Marea» e «Terre d’Acaia» e che hanno portato a eseguire una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale del capoluogo salentino nei confronti di 43 persone indagate, appartenenti a vari gruppi mafiosi della frangia leccese della Sacra corona unita.

IL CONTROLLO SULLE «MARINE»
I reati a loro contestati, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanze stupefacenti, calunnia, favoreggiamento personale, rapina, estorsione, ricettazione, danneggiamento seguito da incendio, illecita concorrenza con minaccia e violenza, porto e detenzione illegale di armi, tutti aggravati dalle modalità e finalità mafiose. Le due indagini sono state riunificate un unico procedimento.
Quelle della Squadra Mobile sono state condotte in un periodo tra aprile 2010 e settembre 2011, quelle dei carabinieri da agosto 2012 a maggio 2013. Sono coinvolti nell’inchiesta esponenti di rilievo (capi clan e gregari) della frangia leccese della Scu, che operavano nel capoluogo e nell’area geografica a sud est e nella fascia costiera adriatica della provincia di Lecce, comprendente i comuni di Lecce, Vernole, Melendugno, Calimera, Lizzanello, Cavallino ed altri, con le rispettive «marine».
In particolare, la Squadra Mobile, mediante intercettazioni telefoniche ed ambientali, osservazioni, controlli, perquisizioni e sequestri, ha acquisito prove sull’organizzazione mafiosa e la parallela associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (in particolare provenienti dalla Spagna), sorta su impulso di Salvatore Rizzo (capo storico della Sacra corona unita e già coinvolto nell’Operazione Augusta condotta dal Ros nell’ottobre 2011), e poi diretta da Andrea Leo e Alessandro Verardi (presunti capi del clan denominato «Vernel»).

IL RUOLO DEI PENTITI
Proprio in questo contesto particolarmente importanti si sono dimostrate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Giuseppe Manna ('gestitò della Squadra Mobile) e Alessandro Verardi («gestito» dal Ros). Se con l’indagine «Terre d’Acaia» della Squadra Mobile era stata verificata l’attendibilità delle dichiarazioni di Manna, il Ros ha successivamente comunicato all’autorità giudiziaria gli esiti dell’indagine «Alta Marea» svolta al fine di verificare la sussistenza di riscontri alle dichiarazioni di Verardi. Le dichiarazioni di quest’ultimo hanno consentito ai militari del Ros, anche grazie ad una serie di intercettazioni telefoniche e di acquisizioni di corrispondenza fra detenuti, ma in particolare di intercettazioni ambientali, di ricostruire l’evolversi dell’organigramma e delle attività delittuose gestite dal gruppo
ormai capeggiato in via esclusiva da Leo dopo la «defezione di Verardi.
Nelle indagini di carabinieri e Squadra mobile sul gruppo mafioso capeggiato all’esterno da Leo e Verardi sono emersi elementi che hanno consentito di accertare l’operatività sul territorio della provincia di Lecce di altre organizzazioni di tipo mafioso riconducibili alla Scu, ad esempio il gruppo capeggiato da Roberto Nisi, (capoluogo e dintorni); quello capeggiato da Pasquale Briganti (capoluogo); quello capeggiato dalla famiglia di Bruno De Matteis (Merine e dintorni). Le alleanze ed i contrasti tra questi gruppi hanno caratterizzano di fatto la vita dell’organizzazione facente capo a Leo e Verardi che, con il patronato di Totò Rizzo, ha tentato sin dal 2010 di imporsi in maniera esclusiva sul territorio di appartenenza.

GLI IRREPERIBILI
Sono 19 le persone catturate dalla Squadra Mobile, tre invece gli irreperibili. Nelle ultime ore è stata catturata anche Maria Valeria Ingrosso, 34 anni, moglie di Andrea Leo, residente a Merine di Lizzanello. La donna, che alle prime ore di questa mattina si era resa irreperibile, dovrà rispondere di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Le perquisizioni effettuate hanno consentito di sequestrare una pistola modificata marca Valtro modello 85 Combat con trentasei proiettili calibro 8 ed un bilancino di precisione, all’interno dell’abitazione di Mauro Cucurachi.

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