martedì 4 febbraio 2014

Alfano: “Risultato straordinario”
Colpo alla Camorra, preso Mario Riccio, 23 anni e latitante dal 2011. Era il capo del clan Amato-Pagano. Al momento del fermo non aveva armi


Lo cercavano dal 2011 e nell’ottobre di due anni fa la sua foto fu diffusa a tappeto visto che a poco più di venti anni Mario Riccio, detto Mariano e considerato a capo del clan Amato-Pagano, era uno dei cinque “wanted” della faida di Scampia. Oggi la polizia lo ha arrestato, in una villetta di Qualiano, comune a nord di Napoli. Non aveva armi, non ha opposto resistenza. Tranquillo e sereno, con indosso una maglietta con l’immagine di Marlon Brando, si è lasciato ammanettare quasi con il sorriso in faccia.

E cade, così, un altro pezzo importante della camorra. Il tutto nel giorno in cui anche un altro clan ha subito un duro colpo: i Zaza con 29 arresti ed un sequestro di beni del valore di 400 milioni di euro, anche discendenti del notissimo Varenne. Figli di boss, degli “Scissionisti” come dei “Girati”, dei cinque “wanted” ora ne resta solo uno, il 32enne Marco di Lauro. In due anni, coloro che sono state considerate le nuove leve della camorra e di quei clan che per anni sono stati protagonisti di una delle faide più sanguinose degli ultimi anni, sono finiti quasi tutti in carcere. Oggi è toccato a Riccio.

Nell’elenco dei 100 latitanti più pericolosi del ministero dell’Interno, Riccio quando è stato sorpreso dagli agenti della Squadra mobile di Napoli, del Servizio centrale operativo e del commissariato di Scampia, era in casa con la moglie e la sua bimba di pochi mesi. Non aveva armi ma aveva altro per difendersi: un sistema di videosorveglianza e telecamere che inquadravano tutte le strade di accesso alla sua casa. Barba, qualche chilo in più, era nettamente diverso rispetto alla foto dell’identikit. Un “risultato straordinario” lo ha definito il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, messo in atto dalla “squadra Stato”. Un arresto, quello di Riccio, che forse consentirà di comprendere, ancora di più, gli assetti e gli scenari della camorra, a Scampia come altrove. «Un personaggio di rilievo, che ha alimentato molti fatti cruenti avvenuti a Napoli”, lo ha definito il capo della polizia, Alessandro Pansa, a margine della sua audizione al Copasir, sottolineando che «merita un plauso’’.

Già perché Napoli e la Campania non sono affatto ormai più l’esclusivo del quartiere generale della camorra. Gli arresti di oggi degli affiliati del clan Zaza ne sono l’ennesima dimostrazione con un sequestro beni concentrato quasi esclusivamente a Roma. Sequestrati anche otto cavalli da corsa tra cui alcuni discendenti del notissimo Varenne. Le investigazioni del Centro Operativo della Dia di Roma hanno riguardato soprattutto la figura di Ciro Smiraglia (nipote del defunto Michele Zaza e referente per le attività «economiche» del clan sulla Capitale) e i suoi stretti congiunti (il padre, un fratello e le sue due sorelle). Su 41 fabbricati complessivamente sottoposti a sequestro, 18 (villini, negozi, appartamenti) si trovano a Roma e dintorni, così come cinque terreni sui complessivi 14 sequestrati, e quattro alberghi. Sigilli anche per un locale notturno in pieno centro storico di Roma, 20 società, tutte con sede legale a Roma e provincia, un villaggio turistico sulla collina di Cogoleto (Genova) (`Villa Beuca´, con oltre venti ville a ridosso della costa ligure) ed uno yacht di 23 metri ormeggiato a Porto Santo Stefano (Grosseto). Le operazioni, coordinate dalla Dda di Napoli, sono state condotte dalla Dia di Roma in collaborazione con la Squadra Mobile della Capitale.

Dalle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto di Napoli Giovanni Melillo e dal pm della Dda Francesco De Falco, è emerso anche che tramite l’imprenditore edile Simone Di Maio, il clan si è aggiudicato negli anni scorsi importanti appalti nella Mostra d’Oltremare e nel cimitero di Fuorigrotta a Napoli. L’aggiudicazione degli appalti è stata seguita «in diretta» dagli investigatori grazie alle intercettazioni telefoniche, che hanno anche consentito di accertare come,almeno nel caso dell’appalto per la costruzione di un monumento funebre nel cimitero, Di Maio abbia truccato la gara inducendo altri imprenditori a depositare buste con offerte fittizie, mentre nel caso della Mostra si sia aggiudicato la gara grazie a una «bustarella» di 100.000 euro. 

Nessun commento:

Posta un commento