sabato 28 luglio 2012

Sigilli a case, terreni, società e aziende dalla guardia di finanza. Coinvolto Giuseppe Ferdico, 56 anni, per le sue molteplici e radicate relazioni con l’organizzazione di Cosa Nostra, emerse dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e da corrispondenza riservata sequestrata ai boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo

PALERMO. Case, terreni, società e aziende per un valore complessivo di oltre 450 milioni di euro sono stati sequestrati dalla guardia di finanza di Palermo, in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo siciliano, in accoglimento della proposta avanzata dalla Procura della Repubblica di Palermo.

L’operazione è la risultante di una complessa attività di indagine svolta dal Gruppo Investigazione sulla Criminalità Organizzata - GICO - del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo su delega e sotto la costante direzione della locale Procura della Repubblica, concernente presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore della grande distribuzione alimentare e di prodotti per la casa, nel corso della quale è stata ricostruita la “storia economico – finanziaria” di un importante gruppo imprenditoriale palermitano leader nel settore, che si è potuto affermare sul mercato grazie ai rapporti di reciproco vantaggio instaurati con le famiglie mafiose del mandamento di Tommaso Natale – San Lorenzo ed al riciclaggio di proventi di estorsioni, traffico di stupefacenti ed altre attività illegali riconducibili ai boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo.

Interessato dal provvedimento è Giuseppe Ferdico, già indagato nel 2006 per associazione mafiosa e impiego di denaro di provenienza illecita (aggravato dal favoreggiamento mafioso), di cui ancora la guardia di finanza non ha fornito il nome, per le sue molteplici e radicate relazioni con l’organizzazione mafiosa (in particolare con le famiglie del mandamento di Tommaso Natale – San Lorenzo e di Carini), emerse dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e da corrispondenza riservata sequestrata ai boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo, il cui contenuto è stato puntualmente riscontrato dalle investigazioni dei finanzieri. 

Secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo La Manna, l’imprenditore nella gestione della sua attività di commercializzazione di detersivi, aveva operato utilizzando anche risorse finanziarie di Claudio Lo Piccolo, figlio del boss Salvatore e di altri esponenti della famiglia di Partanna Mondello e si era interposto nella titolarità di immobili ad uso commerciale in realtà riferibili alla famiglia mafiosa di Carini.

Di analogo tenore le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo Fontana, per il quale l’imprenditore aveva immesso nelle proprie società 400 milioni di lire provenienti dalle estorsioni e dal traffico di sostanze stupefacenti, nonché di Manuel Pasta e di Maurizio Spataro, secondo i quali l’imprenditore era a “disposizione” di Cosa Nostra e la notevole espansione economica crescita delle sue società era in parte legata al finanziamento occulto dei Lo Piccolo.

La contiguità dell’imprenditore con la famiglia mafiosa di Tommaso Natale è stata poi ulteriormente confermata dal rinvenimento di missive manoscritte all’atto degli arresti di Bernardo Provenzano e di Salvatore Lo Piccolo.

Dalle investigazioni è complessivamente emerso che l’imprenditore ha cercato ed ottenuto il sostegno economico e relazionale dell’organizzazione mafiosa nella fase iniziale della sua attività per acquisire nuove posizioni di mercato e per l’acquisto di immobili commerciali, pagando l’organizzazione criminale per i servizi ricevuti.

Gli approfondimenti economico - patrimoniali svolte dalle Fiamme Gialle del G.I.C.O.., corroborate da una consulenza contabile disposta dalla Procura della Repubblica, hanno evidenziato, a partire dalla seconda metà degli anni novanta, una notevolissima quanto ingiustificata crescita delle società riferibili all’imprenditore, in cui sono stati nel tempo assunti parenti o soggetti comunque legati ad ambienti mafiosi.

Dall’analisi dei volumi d’affari, la Guardia di Finanza ha ricostruito che il gruppo imprenditoriale ha incrementato il fatturato del 400% nell’arco di dieci anni, mentre l’esame dei bilanci e delle scritture contabili ha evidenziato, oltre a conferimenti di capitali e finanziamenti sproporzionati rispetto alle reali capacità reddituali dei soci conferenti, numerose e ripetute anomalie contabili utili a nascondere la reale provenienza dei flussi finanziari.

I beni di cui il Tribunale di Palermo, Sezione Misure di Prevenzione, ha disposto il sequestro, del valore stimato in oltre 450 milioni di euro, consistono in 7 società e relativi complessi aziendali, operanti nel settore della grande distribuzione di detersivi, prodotti per la casa ed alimentari, ubicate in Palermo e Carini, 2 terreni in località Cardillo di Palermo, 13 appartamenti ubicati a Carini e Palermo, 1 fabbricato in corso di costruzione a Carini e diverse disponibilità finanziarie.

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