BARI - Il prezzo per restituire la patente ai sorvegliati speciali (tra cui il boss Dambrosio) era una cassetta di pesce, un classico in questi giorni di polemiche sui rapporti tra imprenditoria e politica. Ma lo scenario è la corruzione al massimo livello possibile, quella in atti giudiziari.
A Bari e in provincia, tra il 2006 e il 2008, un gruppetto di giudici di pace e avvocati sarebbe stato disponibile ad aggiustare sentenze, spesso in cambio di quasi nulla. È il sistema smascherato dall’Antimafia di Lecce, che dopo due anni di indagini - partite da un’inchiesta coordinata dal pm antimafia barese Desirèe Digeronimo - ha iscritto nel registro degli indagati 28 persone, tra cui 14 giudici di pace, un giudice onorario e un ex magistrato recentemente cancellato dai ruoli per un’altra storiaccia di sentenze comprate.
Associazione per delinquere, falso, abuso d’ufficio, corruzione (in un caso con l’aggravante di aver favorito un sodalizio mafioso). Un vero terremoto, perché alcuni dei giudici coinvolti sono in attività.
Tra i 29 capi di imputazione contenuti nell’avviso di conclusione delle indagini che il pm salentino Valeria Mignone ha fatto notificare ieri sono riassunti episodi piccoli e grandi. Come quello che riguarda Vito Squicciarini, altamurano, ex coordinatore dei giudici di pace di Modugno, In cambio della disponibilità a restituire la patente ad alcuni sorvegliati speciali, a Natale 2007 avrebbe ricevuto da un avvocato (anche lui indagato) «una confezione contenente 7-8 aragoste, salmone, caviale e champagne».
Sempre a Squicciarini, insieme ai gdp Letizia Serini, Angelo Scardigno e Rocco Servodio (in servizio a Bitonto, dove la prima era coordinatore), Roberto Cristallini (di Corato), Pietro Mascolo e Roberto Sorino (di Bari, il primo ex vice coordinatore), l’avvocato Vincenzo Sergio e l’intermediario Alfredo Fazzini, è contestata l’associazione per delinquere: c’erano giudici di pace che si facevano scrivere le sentenze dagli avvocati, gli stessi che erano pronti a ricambiare il favore quando indossavano la toga da gdp in una diversa giurisdizione.
Le sentenze aggiustate sono centinaia, e venivano utilizzate come moneta di scambio. In questo modo - secondo l’Antimafia di Lecce - ci guadagnavano tutti: l’avvocato perché vinceva la causa, il giudice perché incassava senza fatica i 56 euro di compenso previsti dalla legge. Sarebbero state truccate anche sentenze più importanti, come quelle emesse dal Got di Altamura, Deborah Semidoppio: il giorno che nella sua aula si presenta Squicciarini (in qualità di avvocato di persone arrestate per furti o per detenzione di armi e droga), la giudice emette «provvedimenti di assoluto favore» come il ritorno in libertà e la restituzione dei beni sequestrati.
In cambio la giudice riceve bottiglie, aiuti per un trasloco e «provvedimenti di favore a vantaggio di persone di suo interesse». Mentre l’ex giudice del Tribunale civile di Bari, Domenico Ancona, è indagato insieme all’avvocato Vincenzo Sergio: il secondo scriveva le sentenze al primo assicurandosi così «la piena soddisfazione delle ragioni nonché la liquidazione delle spese».
GIOVANNI LONGO E MASSIMO SCAGLIARINI
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