Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palmi Giancarlo Giusti è stato arrestato questa mattina su ordine della Dda di Milano. Pesanti le accuse mosse a suo carico: avrebbe incassato dei fondi dalle 'ndrine «per compiere atti contrari ai doveri di ufficio»
PALMI (RC) - Soggiorni a Milano «fra donne, amore, vino e affari». Il giudice di Palmi, Giancarlo Giusti, sospeso a dicembre dal Csm e arrestato oggi su ordinanza della Procura di Milano, nell'ambito dell'inchiesta per i suoi rapporti con esponenti di 'ndrangheta, non si faceva mancare proprio nulla. O almeno questo scriveva in un suo diario informatico finito sotto sequestro. L'ordinanza di custodia cautelare riporta stralci del diario, dal quale emerge la vita che il giudice avrebbe condotto, spesato da un clan della 'ndrangheta. Il 21 settembre del 2008, infatti, Giusti scriveva sul suo diario: «va bene il convegno. Serata di venerdì pazzesca fra donne e vino. Notte di amore con Natascia, ubriachi cotti». E poi il 10 ottobre del 2008: «due giorni a Milano fra donne, amore, vino e affari, la squadra c'è e sembra funzionare. Due belle notti con Elisabetta, dolce ragazza russa».Il gip Giuseppe Gennari scrive che in quella occasione Giusti “ha soggiornato all’hotel Melià dal 6 all’8 ottobre 2008“ assieme a Fabio Pullano, perito del Tribunale di Reggio Calabria dove il magistrato lavorava alle esecuzioni immobiliari. A Pullano, secondo le indagini, Giusti avrebbe affidato consulenze su aste immobiliari per circa 300 mila euro. Il viaggio aereo da Reggio Calabria a Milano, come scrive il gip, venne «pagato da Giulio Lampada», presunto boss. E poi a novembre del 2008 Giusti scrive «Torno da Milano. Costituita società, ora dobbiamo chiudere affari». Secondo l’accusa, il magistrato sarebbe stato il socio occulto in una società del clan Lampada che acquisiva immobili alle aste di cui lo stesso magistrato si occupava. E poi ancora: «ho conosciuto Anna, ragazza di Mosca, bella e intelligente, problematica, ottimo amore». Per «mantenere Simona», invece, scriveva il magistrato, «occorrono soldi. Meglio essere chiari con lei».
Una vita di vizi e passioni, dunque, che ha fatto aprire le porte del carcere per il giudice. Nei suoi confronti, l'accusa è di corruzione aggravata dalla finalità mafiosa nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Milano sul clan dell’ndrangheta dei Lampada. Il suo arresto è stato comunicato direttamente dal procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati.
L'aspetto che ha portato all'arresto di Giusti riguarda alcuni movimenti immobiliari: il magistrato sarebbe stato il "socio occulto" della cosca in una società che puntava all’acquisto di appartamenti e case in aste di cui si occupava proprio lo stesso giudice, che era assegnato presso la sezione esecuzioni immobiliari a Reggio Calabria. Giulio Lampada e l’avvocato Vincenzo Minasi, entrambi già arrestati nell’inchiesta, avevano infatti, stando a quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare, costituito una società controllata da una "scatola" svizzera e da un’altra in Belize, che formalmente non era stata ancora aperta. La cosca puntava a immobili del valore di circa 300 mila euro
Giusti, 45 anni, è stato bloccato dalla polizia nella sua abitazione di Cittanova.
L’arresto è stato eseguito dalle Squadre mobili di Milano e Reggio Calabria, che hanno notificato al giudice l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il magistrato sarà ora trasferito a Milano.
Secondo l’accusa, avrebbe ricevuto dal clan almeno 71 mila euro. Il suo nome era già comparso nell’ambito delle indagini perchè gli sarebbero stati pagati viaggi ed escort in hotel di lusso a Milano. Nella nota firmata dal procuratore della Repubblica di Milano si legge che «in data odierna, nell’ambito del procedimento Valle/Lampada, è stata notificata l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano», Giuseppe Gennari, «nei confronti del dottor Giancarlo Giusti, magistrato, già in servizio presso il Tribunale di Reggio Calabria e quindi di Palmi, sospeso dalle funzioni con delibera della Sezione disciplinare del Csm», lo scorso 16 dicembre. Giusti, stando al capo di imputazione, è accusato di corruzione «fino al giugno 2010» in concorso con il presunto boss della 'ndrangheta calabrese radicata a Milano, Giulio Lampada. Il magistrato, infatti, in concorso anche «con persone non identificate» per «compiere e per aver compiuto atti contrari ai doveri d’ufficio, in palese violazione dei principi di imparzialità, probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria, si metteva a disposizione di Giulio Lampada». Tale “mercimonio della funzione», si legge nell’imputazione, “veniva posto in essere dal magistrato al fine di ricevere e dopo aver ricevuto le utilità economiche da Giulio Lampada e da soggetti a quest’ultimo collegati, tra cui Mario Giglio e Minasi Vincenzo per un valore complessivo di almeno 71 mila euro». Il tutto con «l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire l’associazione di tipo mafioso». Lo scorso 30 novembre, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Alessandra Dolci, era stato arrestato un altro magistrato, poi sospeso dal Csm, il presidente delle misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, Vincenzo Giuseppe Giglio. In carcere erano finite anche altre 8 persone: il cugino di Giglio, il medico Vincenzo Giglio, il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli (Pdl), l’avvocato Vincenzo Minasi, il maresciallo della Guardia di Finanza Luigi Mongelli e un 'fedelissimò, Raffaele Fermino. E poi anche Giulio Lampada, “il regista di tutte le operazioni» e il fratello Francesco, gestori di bar e locali e veri e propri imprenditori nel settore dei giochi di azzardo, la moglie di quest’ultimo Maria Valle (lei però ai domiciliari) e suo fratello Leonardo, l’unico componente «spendibile della famiglia all’esterno». Per tutti il processo con rito immediato comincerà nelle prossime settimane. Il 27 gennaio scorso, poi, erano stati arrestati anche 3 finanzieri e il direttore del lussuoso hotel milanese 'Brun’, accusato di favoreggiamento personale. In quell'albergo, secondo l’accusa, Giusti avrebbe soggiornato pagato dalla cosca e incontrato escort.
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