Tra i beni confiscati il 'Cafè de Paris' e il ristorante 'Georgès' di Roma, sono stati confiscati alla cosca Alvaro di Sinopoli. Disposta la confisca di 15 tra imprese e ditte individuali operanti principalmente nel settore dei servizi della ristorazione
Beni per 200 milioni di euro sono stati confiscati dalla Guardia di Finanza al clan della 'ndrangheta facente capo alla famiglia Alvaro di Sinopoli (Rc). Il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Procura, ha disposto la confisca di 15 tra imprese e ditte individuali operanti, principalmente, nel settore dei servizi e della ristorazione.
Si tratta di noti locali romani, tra i quali, il «Cafè de Paris» ed il ristorante «Georgès». A queste vanno aggiunti 4 immobili di pregio, 3 autovetture di lusso oltre a rapporti bancari, postali, assicurativi e denaro contante. La Procura ed i finanzieri, nell’arco degli ultimi ventiquattro mesi, hanno sviluppato specifiche indagini tecniche, investigazioni finanziarie e bancarie, nonchè informazioni tratte da segnalazioni di operazioni sospette, provenienti dagli intermediari finanziari. Il Cafè de Paris, ha un valore commerciale, secondo gli investigatori, di 55 milioni di euro e risulta di proprietà della società "Cafè de Paris", con sede a Roma, in via Crescenzio 82, ma, in realtà, sarebbe stato nella disponibilità di affiliati alla cosca degli Alvaro di Cosoleto (Rc) della 'ndrangheta.
Il Cafè de Paris era stato sequestrato esattamente due anni fa nel corso di una operazione congiunta di Guardia di finanza e carabinieri del Ros. Un altro noto locale della capitale che è stato sequestrato, nell’ambito della stessa operazione, il ristorante Georgès è di proprietà ufficialmente della «Georgès Immobiliare e di gestione Srl», con sede a Roma in via Marche 7, ed ha un valore commerciale, sempre secondo gli investigatori, di 50 milioni di euro.
I beni confiscati sono riconducibili a Vincenzo Alvaro, di 47 anni, e Damiano Villari, esponenti si spicco della cosca egemone a Cosoleto e ha importanti ramificazioni a Roma.
Nei due anni intercorsi dal sequestro la Procura di Reggio Calabria ha affidato ai finanzieri del Gico di Reggio Calabria e dello Scico di Roma numerose deleghe d’indagine mirate a rafforzare il quadro probatorio disegnato nel luglio del 2009 ai finanzieri del Gico di Reggio Calabria e dello Scico di Roma. La Procura ed i finanzieri hanno attuato indagini tecniche, investigazioni finanziarie e bancarie e acquisito informazioni su segnalazioni di operazioni sospette provenienti dagli intermediari finanziari.
Vincenzo Alvaro, esponente di spicco della cosca omonima, denominata «Testazzi» o «Cudalonga», si è rivelato la mente "operativa" dell’omonima cosca nella capitale, sin da quando, nel 2001, trasferitosi a Roma per scontare la sorveglianza speciale, si fece assumere come «aiuto cuoco», investendo somme di provenienza illecita nell’acquisto di numerosi esercizi commerciali, operativi nel settore della ristorazione. A questo proposito il Tribunale ha evidenziato l’esistenza di «un vero e proprio sistema occulto di accaparramento e gestione di attività economiche nella città di Roma» riconducibile proprio allo stesso Alvaro e di Damiano Villari, che dopo essere stato inizialmente solo prestanome degli Alvaro con il passare del tempo ha assunto un ruolo di maggiore rilievo nell’ambito delle strategie economiche della cosca.
Villari, giunto a Roma da un piccolo comune dell’Aspromonte dove faceva il barbiere, ha creato un patrimonio pur essendo privo di qualsiasi ricchezza o mezzo di sostentamento.
Vincenzo Alvaro, inoltre, attraverso la moglie, risulta strettamente legato al ramo di Sinopoli della famiglia anch’esso in forte difficoltà dopo la morte del capostipite Domenico Alvaro Domenico e l’arresto, ad opera della polizia di Reggio Calabria, avvenuto proprio in questi giorni, di Cosimo Alvaro, di 47 anni.
I PARTICOLARI ILLUSTRATI IN CONFERENZA STAMPA
«Grazie ai contenuti normativi del pacchetto sicurezza, approvato unanimemente dal Parlamento nel 2008, è stato possibile raggiungere questo importante risultato. Il lavoro sinergico e gli incroci investigativi dei carabinieri del Ros e della Guardia di Finanza, hanno fatto il resto». Queste le parole del procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone incontrando i giornalisti per illustrare i risultati della maxi confisca nei confronti della cosca Alvaro di Cosoleto: «Vincenzo Alvaro e Damiano Villari, un rispettabile barbiere di Cosoleto – ha aggiunto Pignatone – avevano spostato il raggio dei loro interessi legali dal 2001 a Roma e nel Lazio, riuscendo lentamente ad acquisire, con sofisticate operazioni finanziarie, numerosi locali rinomati, come lo storico 'Cafè de Paris'. La lente di ingrandimento degli investigatori, però, è riuscita a sezionare l’insieme delle attività di questo agguerrito gruppo della ndrangheta, smantellandone il sistema di riciclaggio».
«E' il coronamento di uno sforzo investigativo, che il Tribunale ha riconosciuto nella sua interezza – ha aggiunto il comandante provinciale della Guardia di Finanza, colonnello Alberto Reda – e abbiamo scoperto ingenti quantitativi di danaro contante su conti correnti e cassette di sicurezza nella disponibilità di Vincenzo Alvaro, grazie anche alle informazioni acquisite da alcune società di intermediazione del credito». La Guardia di Finanza, grazie al controllo approfondito delle posizioni fiscali e tributarie del 'sistema Alvaro', ha scoperto le attività plurime del gruppo malavitoso.