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mercoledì 18 gennaio 2012
Severino: nove milioni di cause arretrate, troppi 2mila uffici giudiziari, taglieremo
ROMA - Il ministro della Giustizia Paola Severino, nella sua comunicazione alla Camera sullo stato della giustizia, ha espresso «forti preoccupazioni sia in ordine all'enorme mole dell'arretrato da smaltire che, al 30 giugno 2011, è pari a quasi 9 milioni di processi (5,5 milioni per il civile e 3,4 per il penale)». Il ministro si è detto preoccupato per i «tempi medi di definizione» dei processi pari a 2.645 giorni nel civile e 1.753 nel penale.
Troppi uffici giudiziari. «Il Paese non può permettersi oltre 2000 uffici giudiziari allocati in 3000 edifici», ha detto il ministro. Una materia su cui il governo procederà, ha assicurato Severino, «alla riduzione del numero degli uffici e alla razionalizzazione dei relativi assetti territoriali», ma senza «spazzare via presidi di legalità» e con «equilibrio e pacatezza, cercando parametri oggettivi che sappiano tenere lontani gli egoismi localistici e soddisfare le esigenze si efficienza del sistema».
Il ritardo nella definizione dei processi dinanzi alle Corti di appello, quindi di secondo grado, è un altro motivo di preoccupazione del ministro, che parla di «entità ormai stratosferica e sempre crescente» degli indennizzi per la giustizia-lumaca. Severino, che sta parlando alla Camera sullo stato della giustizia, rileva che per i risarcimenti della legge Pinto, si è passati dai cinque milioni di euro del 2003, ai 40 milioni del 2008 per giungere ai circa 84 milioni del 2011.
«L'inefficienza della giustizia civile italiana può essere misurata in termini economici come pari all'1% del Pil», ha continuato Severino, ricordando il dato fornito nel 2011 dalla Banca d'Italia. Se a questo si aggiunge «la durata stimata per il recupero del credito commerciale pari a 1210 giorni», ha sottolineato il ministro, «si coglie la misura di quanto ciò incida negativamente sulle nostre imprese».
Custodia cautelare. Alla custodia cautelare si deve fare ricorso solo quando ogni altra alternativa è impraticabile e quando le circostanze lo richiedono. Lo ha sottolineato, in sintesi, il Guardasigilli. «Sulla necessità che la delicata e complessa valutazione delle esigenze cautelari sia improntata a criteri di estrema prudenza - ha concluso - condivido le preoccupazioni pubblicamente manifestate dal primo presidente della Corte di Cassazione».
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