Infiltrazioni mafiose: il ministro Cancellieri ha già deciso. Il prefetto Varratta: «È un’ipotesi concreta da non escludere»
Il «decreto non c’è ancora», perchè al Ministero dell'Interno e in Prefettura «stanno ancora valutando» ma sembra essere solo questione di giorni e il provvedimento andrà in Consiglio dei ministri. Poi, a Palazzo San Giorgio, arriveranno gli ispettori e inizieranno a spulciare tra le carte e così il Comune di Reggio Calabria sarà oggetto d’accesso da parte di una commissione che dovrà valutare il rischio di infiltrazioni mafiose.
La notizia circolava già da una settimana, ma ancora niente di ufficiale. Per ora ci sono solo carte che, indirettamente, dimostrano come il ministro Annamaria Cancellieri e il prefetto Luigi Varratta siano in stretto contatto per valutare cosa fare. Circostanza confermata dallo stesso Varratta: «E’ un’ipotesi concreta, anche alla luce delle relazioni che sistematicamente la Prefettura manda al Ministero, che è costantemente informato dei fatti».
Un ipotesi concreta ma ancora incerta trattandosi di un comune capoluogo (peraltro amministrato fino a pochi mesi addietro dall’attuale governatore Giuseppe Scopelliti).
Sul fronte della politica, da una parte ci sono i parlamentari del Pdl che danno la notizia per certa mettendo così in moto le diplomazie che cercheranno, qualora fosse ancora possibile, di stoppare l’accesso. E dall’altra quelli del Pd che lo giudicano un «atto dovuto», alle luce di quanto sta affiorando di giorno in giorno dalle inchieste della magistratura.
Una commissione d’accesso a Reggio Calabria farebbe vacillare l’immagine del presidente Scopelliti. Si tratterebbe insomma di una macchia. E questo a prescindere dall’esito a cui potrebbero arrivare i commissari.
La richiesta di accesso agli atti amministrativi per verificare possibili infiltrazioni mafiose porta la firma del prefetto Varratta. Nelle scorse settimane il rappresentante del governo ha inviato più di un dossier al dicastero dell’Interno. L’ultimo è di pochi giorni prima delle feste natalizie, ed ha riguardato l’operazione della Squadra Mobile che ha portato all’arresto del consigliere comunale Giuseppe Plutino. Accusato dalla Dda reggina di concorso esterno in associazione mafiosa. Plutino è ritenuta dai magistrati il «referente della cosca di San Giorgio Extra».
L'OPERAZIONE "ASTREA" FA TREMARE PALAZZO SAN GIORGIO
Il cuore della decisione del Prefetto e del Ministro è l’inchiesta “Astrea”, che fa seguito all’indagine “Reggio nord”. Un fascicolo che dimostrerebbe come il clan Tegano avesse messo le mani, attraverso dei prestanome, sulla “Multiservizi”. Ossia sulla società mista (51% del Comune e 49% di provati) che si occupa della manutenzione ordinaria della città. Per i magistrati il 33% della componente privata, sarebbe controllata dagli uomini e dai familiari del boss Giovanni Tegano. Un’ipotesi che, un paio di mesi addietro, portò all’arresto di Giuseppe Rechichi (direttore tecnico della Multiservizi) ed alcuni prestanome. Colletti bianchi che in maniera consapevole avrebbero favorito i boss di Archi.
Ma non è tutto. In questo senso nelle carte inviate da Varratta a Roma, ci sarebbero anche tutta una serie di riferimenti ad una seconda controllata del Comune. Diversi pentiti, infatti, ormai da oltre un anno, stanno tirando in ballo la “Leonia” (anch’essa 51% pubblico e 49% privata). Affermando che l’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti cittadini sia una sorta di ufficio di collocamento delle cosche. Dichiarazioni che, ovviamente, sul piano giudiziario sono tutte da riscontrare, ma sufficienti a far saltare dalla sedia il prefetto.
A queste informazioni vanno poi aggiunte anche alcune altre. Di cui alcune hanno trovato esito in carte processuali. E il caso dell’ex consigliere comunale Manlio Flesca, rinviato a giudizio (sia pure non per reati di mafia) nell’ambito dell’inchiesta “Meta”. Nella stessa indagine, a suo tempo, affiorò anche il nome di un altro consigliere comunale (oggi consigliere provinciale). Si trarra di Michele Marcianò, pizzicato dalle microspie del Ros a discutere di tessere di partito (Forza Italia) e di incarchi di progettazione con il boss Cosimo Alvaro. La Dda non contestò niente all’esponente del Pdl. Ma i dialoghi stanno lì a dimostrare che tra i due esisteva un rapporto amicale importante. Allo stato c’è anche un processo che riguarda l’ex consigliere comunale di An, Massimo Labate. Assolto sia in primo che in secondo grado per presunti rapporti con il clan Caridi, è ora inquisito per una storia di finanziamenti ad un’associazione riconducibile alla cosca. Infine la vicenda dell’attuale assessore ai Lavori Pubblici Pasquale Morisani. A cui formalmente non è contestato nulla, ma che è stato intercettato mentre chiedeva voti al boss di Eremo. Di tutto ciò adesso, oltre che la magistratura se ne potrebbe occupare il ministero dell’Interno.
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