martedì 10 gennaio 2012

Denuncia di Libera «Anche in Puglia i clan investono nel gioco»


Ogni italiano, neonati compresi, spende 1.260 euro all’anno per tentare la fortuna tra videopoker, slot-machine, lotterie e sale bingo: in totale 76,1 miliardi per l’azzardo ufficiale, e almeno altri 10 miliardi per quello illegale. Un fatturato che fa del gioco la terza impresa italiana. Il dossier dell’assocazione antimafia «Libera» («Azzardopoli») fotografa «un terreno borderline» in cui le mafie hanno la possibilità di impiantarsi per fare affari: nella gestione delle slot, di fatto - sottolinea lo studio curato da Daniele Potole cosche sono «l'11°concessionario occulto del Monopolio».


Sono 41, dai Casalesi di Bidognetti ai Mallardo, dai Santapaola agli Schiavone, i clan che gestiscono i «giochi delle mafie», a Chivasso come a Caltanissetta, passando per la Capitale. E non mancano i pugliesi. Secondo il rapporto, a Bari il clan Parisi-Capriati ricicla denaro in biglietti Lotto, Superlotto e Gratta e Vinci e quello degli Strisciuglio investe nelle scommesse sulle corse clandestine di cavalli; a Monteroni (Lecce) i Tornese sono impegnati nella raccolta illegale di scommesse online; da Mesagne il clan Vicientino-Pasimeni-Vitale-Penna ha il monopolio delle estorsioni sul giro delle macchinette videopoker-slot sia nella provincia di Brindisi sia in Albania. Infatti, ha spiegato in una conferenza stampa la consigliera Diana De Martino della Direzione nazionale antimafia, «a partire dal 2003, quando il gioco si è evoluto, anche le infiltrazioni si sono evolute: concentrandosi sulle macchinette, che sono il comparto dei giochi con la maggiore redditività».

Al momento ci sono 10 concessionarie ognuna delle quali ha collegamento telematico che comunica i dati sulle giocate al Fisco per poi applicare le tasse al 12%: l’attività delle mafie consiste nell’alterare le macchinette in modo da annullare o abbattere i dati comunicati al Fisco. I rischi e le sanzioni sono contenute: difficile dimostrare l’associazione mafiosa, e alla fine si viene giudicati solo per l’intrusione abusiva in un sistema informatico o per concorrenza sleale.

Ma in senso più generale il gioco d’azzardo è «un danno sociale, ma anche umano», ha detto il fondatore di «Libera», don Luigi Ciotti: 800mila persone sono dipendenti dal gioco e altri 2 milioni di giocatori sono a rischio. «Bisognerebbe applicare – ha aggiunto - le direttive dell’Oms che dicono che la dipendenza da gioco è una malattia sociale e va fatta prevenzione» . «Libera» sollecita, una legge quadro sul gioco d’azzardo, di limitare i messaggi pubblicitari e di marketing; promuovere campagne di informazione, di consentire ai giocatori dipendenti il diritto di usufruire di cure e benefici.

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