venerdì 30 ottobre 2009

Napoli, così uccide un killer della camorra


Napoli, così uccide un killer della camorra
Guarda il video dell'esecuzione tra la
gente

NAPOLI (29 ottobre) - C’è la donna del gratta e vinci che graffia nervosamente il biglietto appena acquistato, ferma al centro della scena, all’uscita dell'Antica Caffetteria Vergini di Napoli. Secondi interminabili.

Poi arrivano le altre comparse, tutti attori per caso: il padre che stringe la figlioletta tra le braccia e scappa via, il barista che si affretta a chiudere la saracinesca, una passante con le buste della spesa che si muove con gelida indifferenza. Ma c’è anche dell’altro. Il cadavere di un uomo.

Scene da brividi, fotogrammi mostrati in esclusiva oggi dal Mattino che si rincorrono per descrivere un delitto di camorra. Immagini che in questo caso conservano un valore più unico che raro: sono state filmate. E acquisite dalla Dda di Napoli. Da mesi tengono impegnati polizia e carabinieri, hanno fatto il giro dei monitor di investigatori chiamati a dare un nome ai killer in azione.

Undici maggio 2009, via Vergini, rione Sanità: è il video dell’uccisione di Mariano Bacioterracino ricavato da una telecamera nascosta, piazzata a due passi dalla scena del delitto. Sequenze nitide che raccontano ciò che frulla nella testa di un killer, gli imprevedibili intoppi che si materializzano davanti alla sua pistola - il classico delitto (im)perfetto - e che spiegano il ruolo di un «palo» e quanto sia tagliente il suo sguardo mentre indica la vittima al carnefice.

Sono le quattro passate di un pomeriggio con il primo caldo di stagione, negozi appena riaperti e folla in strada. La vittima predestinata è lì: in piedi, accanto all’ingresso del bar. Un suo ritrovo abituale. Al suo fianco si piazza il palo, complice del killer, il «Giuda» che indicherà il bersaglio. Chi uccide in terra di camorra - è cosa nota - spesso non sa neppure perché preme il grilletto e contro chi lo fa. Per questo ci vuole il «palo», che nella sequenza choc ha una stazza prestante e il volto scoperto.

Quasi sicuramente è un incensurato perché agisce sfidando il rischio di telecamere che non mancano in una zona piena di banche e esercizi commerciali. Per dare un nome a lui e al killer, la Procura ha firmato un decreto che rende pubblico il lungo filmato della morte di Bacioterracino. Dopo mesi di indagini non ci sono stati sviluppi e da questa mattina il film sarà a disposizione dei media.

Inchiesta dei carabinieri del comando provinciale guidato dal colonnello Mario Cinque, e affidata al nucleo operativo del maggiore Lorenzo D’Aloja. Chiaro l’obiettivo del capo della Dda, Sandro Pennasilico, e del pm anticamorra Sergio Amato: appellarsi a chi è in grado di riconoscere il killer e il suo complice, chiedendo la collaborazione di tutti. La scena che segue è il racconto dell’omicidio numero 32 nel 2009. Il palo - camicia bianca smanicata, occhiali da sole sollevati sulla fronte, con il movimento della testa indica il boss seduto al suo fianco, poi annuisce, come a dire: eccolo, è lui che deve morire.

Entra in scena l’assassino. Compare in video con un giubbino chiuso fino alla gola, le mani in tasca, l’immancabile cappellino con visiera. Irrompe sulla scena, pronto ad estrarre la pistola: sta per uccidere, ma non lo fa. Resta spiazzato. Ha la mano armata paralizzata nel giubbino.

Che succede al killer di Bacioterracino? Perché tentenna? Succede che è appena sbucata dal bar una donna, quella con il gratta e vinci tra le dita, quella che sta involontariamente sfidando la sorte rimanendo impalata lì, al centro, tra il killer e il bersaglio da colpire. Lei non lo sa, ma la fortuna le dà credito. Decisamente maggiore di ciò che le riserva il grattino.

Perché il killer mantiene il sangue freddo, è lucido abbastanza da escogitare una mossa diversiva: entra in tabaccheria, fa appena un giro nel locale, poi esce ed estrae la pistola. E questa volta non perdona. Esce dal bar e con una pistola fredda la vittima sparandogli un colpo alle spalle. Vista a rallentatore o con il fermo immagine la scena è da brividi: i due, vittima e carnefice, per un attimo si guardano negli occhi: Mariano Bacioterracino ha in mano una sigaretta, l’ultima della sua vita.

Una boccata e partono gli spari. Primo colpo: alla spalla sinistra, la vittima si accascia, poi due-tre-quattro. L’ultimo, il colpo di grazia, alla nuca. Finito. Ma non basta ancora. C’è tempo per un estremo gesto in segno di sfregio: il killer fa le corna al cadavere, prima di andar via lentamente. Seguono altre scene, sequenza-choc: un papà che scappa con la figlia terrorizzata tra le braccia; poi le urla, il commerciante che chiude bottega, il corpo a terra e il fuggi fuggi di persone.

Scappano i clienti del bar, donne che hanno appena acquistato un gelato, ragazzi che pochi attimi prima giocavano con le slot machine che cercano una via di salvezza. Minuti interminabili con il corpo riverso nel suo sangue, l'incubo di una nuova sparatoria poi la scena torna in movimento. Ancora un particolare clamoroso: c’è una donna che si avvicina al corpo di Mariano Bacioterracino, lo fa senza provare compassione per quel corpo riverso nel sangue.

Tanto che gli alza la testa, gli dà un’occhiata e sembra tirare un sospiro di sollievo. Si gira verso qualcuno e si sbraccia in modo plateale, quasi in modo irriverente. Sembra voglia dire: l’hanno ucciso con due o tre colpi, prima di scavalcarlo. Senza un minimo di pietà. La scena torna a rianimarsi: vinta la paura, si fa un capannello di persone attorno al corpo senza vita. Tutti a guardare il boss ammazzato, c’è chi fuma e chi commenta.

Voci del vicolo attorno alla morte e non manca neppure chi approfitta del caos per portare a casa un pacchetto di sigarette senza pagare. Sullo sfondo si nota infatti un passante dalla mano lesta, che afferra un pacchetto di sigarette dalla bancarella di contrabbando rimasta sguarnita.

Prende il pacchetto e scappa. Tanto c’è poco da preoccuparsi, l’attenzione è tutta per il morto e i suoi killer.

Le immagini riportano alla mente l'omicidio del muscista romeno Petru Birladeandu, vittima innocente di un raid di camorra alla Pignasecca.

Mariano Bacioterracino era stato tra i sequestratori di Guido De Martino, figlio del senatore Francesco, leader storico dell'ex Partito socialista italiano. Per la liberazione della vittima del sequestro, definito allora "atipico", fu pagato un riscatto.

Quasi tutti i componenti della banda furono arrestati e condannati nei vari gradi processuali. Altri compagni di Bacioterracino nel sequestro di Guido De Martino, poi divenuto parlamentare nel Partito partito comunista italiano, furono Ciro e Gennaro Luise, Vincenzo Tene, Giuseppe Ponticelli, Giulio Castaldo, Giuseppe Altieri, Angelo Cuomo Divino, Giuseppe Zanca e Giovanni Uva. I mandanti non furono mai scoperti.

Tre dei condannati furono assassinati durante una licenza premio. Bacioterracino non potè prendere parte al sequestro di Guido De Martino perché si fratturò una gamba, ma, fu ugualmente pagato dai suoi complici che gli versarono una parte del miliardo estorto al senatore a vita Francesco De Martino. Bacioterracino fu condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere, ma in appello la pena fu ridotta a 12 anni e mezzo. Il sequestratore tornò in libertà dopo appena 10 anni.

Era il '77 quando De Martino fu sequestrato e Bacioterracino aveva solo 22 anni. Il malvivente faceva parte del clan del rione Sanità capeggiato dal duo Giuseppe Nisso-Giulio Pirozzi. Nel periodo in cui si trovava in carcere Bacioterracino fu indagato nell'ambito di un processo per l'omicidio di Gennaro Moccia, camorrista di primo livello che comandava ad Afragola, comune a nord di Napoli ma in guerra con i fratelli Antonio e Luigi Giugliano. I Giugliano si rivolsero a 4 sicari per eliminare il rivale scomodo. In Corte d'Assise per l'omicidio Moccia finirono Francesco Agozzino, Umberto Iavarone, Antonio Limongelli e Bacioterracino. Ma, nonostante le richieste di ergastolo da parte del pm, i 4 furono assolti.

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