lunedì 12 ottobre 2009

Agrigento la provincia più mafiosa d’Italia









Agrigento la provincia più mafiosa d’Italia

Al Sud un comune su tre (per la precisione il 37,9%) è
permeato dalla presenza mafiosa. Su 1.068 Comuni, infatti, 610 hanno un clan o almeno un bene confiscato
o, ancora, sono stati sciolti negli ultimi tre anni. Il record negativo spetta alla provincia di Agrigento, dove
37 comuni, pari all’86% del totale, evidenziano almeno un elemento di criticità tra i tre presi in considerazione dal
Censis (il Centro studi investimenti sociali) che oggi ha consegnato nelle mani del presidente della Commissione antimafia,
Giuseppe Pisanu, il rapporto sul condizionamento delle mafie al Sud. Il record della provincia di Agrigento
non deve sorprendere. Qui Cosa Nostra ha una lunga tradizione. “Ancora oggi – si legge nell’ultima relazione della
Direzione nazionale antimafia, consegnata a dicembre 2008 al Parlamento - l’articolazione agrigentina di “Cosa
Nostra” è da ritenere un pilastro per l’intera organizzazione regionale”. Senza dimenticare la forza della famiglia
Emmanuello di Gela, il rappresentante provinciale di “Cosa nostra” agrigentina è però Giuseppe Falsone.
Proprio in questa provincia non si è ancora spenta l’eco per i “fraterni” saluti spediti dal presidente dell’Akragas calcio,
Gioacchino Sferrazza, al presunto boss Nicola Ribisi arrestato 14 giorni fa. Dopo Agrigento c’è Napoli, provincia
nella quale il 79,3% dei comuni ha un indicatore di presenza della criminalità organizzata e, infine, Caltanisetta, in cui
i comuni che registrano un’indiscussa presenza di mafia sono il 77,3% del totale. Bene, al Sud, le situazioni di
Avellino e Cosenza, ove la criminalità organizzata sembra essere circoscritta ad alcune aree. Tra le regioni è la Sicilia
ad avere la maggior quota di comuni coinvolti (195, pari al 50% del totale); seguita dalla Puglia, dove 97 comuni, pari
al 37,6% del totale registra la presenza di organizzazioni criminali, dalla Campania (203 comuni, pari al 36,8%) e
dalla Calabria (115 comuni, pari al 28,1%).

L’infiltrazione




negli appalti pubblici e i nuovi appetiti del grande affare dei rifiuti,
le minacce, gli incendi e le intimidazioni.
Regolamenti di conti all’interno di Cosa nostra. E a volte ci scappa il morto. La
mafia agrigentina vista attraverso i “reati spia” dopo il rapporto del Censis da cui emerge che
Agrigento sarebbe la provincia più mafiosa d’Italia. A conferma dell’interesse mafioso per
il condizionamento degli appalti e delle relazioni imprenditoriali, nell’Agrigentino sono in
continuo aumento gli atti intimidatori a danno di amministratori pubblici, imprenditori e ditte
interessate allo smaltimento dei rifiuti, evidenziando il tentativo di voler condizionare la vita
pubblica ed istituzionale. Lo ha spiegato il ministro dell’Interno Roberto Maroni nella
relazione del sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia anche in
Provincia di Agrigento relativamente al periodo del secondo semestre 2008. L’attività criminale
della mafia viene rilevata nelle statistiche non solo con le condanne per 416 bis e con
altri sistemi di rilevamento come quelli adoperati per il rapporto del Censis presentato in
Commissione antimafia, ma anche attraverso i cosiddetti “reati spia”, cioè quei reati tipicamente
legati alle attività dei mafiosi: come estorsioni, incendi, danneggiamenti, rapine e
altri reati di varia natura, a volte anche l’omicidio

OMICIDI



Nell’Agrigentino l’assassinio dell’imprenditore di Siculiana Amedeo Tolentino, 37 anni, ucciso
il 6 luglio scorso a colpi di pistola e bruciato a bordo della sua Mercedes a Sciacca - subito
ricondotto dagli inquirenti a vicende di mafia anche per le modalità dell’esecuzione, sembra
comunque rompere la “consolidata strategia di Cosa nostra agrigentina, tendente a limitare al
massimo i conflitti interni, per evitare profili di eccessiva esposizione”. Intanto si indaga sul
delitto di Giuseppe Adorno, il giovane muratore agrigentino trovato cadavere in territorio delboss latitante Gerlandino Messina, indagini sono in corso. L’ultimo omicidio riconducibile alla mafia nell’Agrigentino sarebbe ritenuto
infatti quello del 13 luglio 2008 a Burgio, in contrada Passo Ciavula, dove fu ucciso
Calogero Perricone, 53 anni, operaio forestale stagionale di Burgio, pregiudicato. Il delitto, sia
per le modalità di esecuzione (colpi di lupara alvolto da distanza ravvicinata), che per la personalità della vittima, potrebbe rientrare, secondo la DIA, nel fisiopatologico aggiustamento degli equilibri all’interno della stessa organizzazione
malavitosa. L’omicidio segue agli esiti dell’importante operazione antimafia denominata “Scacco matto”, coordinata dalla DDA di
Palermo che il 4 luglio 2008 proprio a Burgio, portò alla decimazione della famiglia mafiosa di
quel centro. Nella classifica dei “reati spia” in forte crescita le denunce per riciclaggio e danneggiamento.
Il ministro Maroni ha segnalato al Parlamento l’atto intimidatorio dell’11 novembre2008 ai danni del presidente di
Confindustria agrigentina Giuseppe Catanzaro, molti altri ne sono seguiti.


RICICLAGGIO

Attività di riciclaggio e contrasti tra cosche ruotano soprattutto attorno alla realizzazione di
importanti opere pubbliche e private, quali il rifacimento degli acquedotti Favara di Burgio e
Gela - Aragona, che prevedono notevoli investimenti ed attraversano diversi comuni, costituisce
un importante polo di attrazione per le famiglie mafiose. Così come il Golf Resort
Verdura tra Sciacca e Ribera, vari sono statigli attentati intimidatori alle imprese che hanno
lavorato per la realizzazione del resort di Rocco Forte che hanno insospettito gli inquirenti. La
mafia dunque ricicla denaro in attività commerciali, si è visto nell’inchiesta “Agorà”, che svela come il
C e n t r o Commercial e“Le Vigne” di Castrofilippo,
dalla fase della progettazione a quella della realizzazione,è stato oggetto di interessidi Cosa
nostra, che ha mutato nel corso del tempo strategia imprenditoriale, a seguito di eventi giudiziari e degli
avvicendamenti ai vertici dell’organizzazione criminale. La realizzazione è stata effettuata da
imprese ritenute facenti capo ai soggetti arrestati, tutti riconducibili al superboss latitante
Giuseppe Falsone, ritenuto il capo di Cosa nostra agrigentina.

RIFIUTI



Un ulteriore settore di interesse delle cosche locali è costituito dallo smaltimento dei rifiuti solidi
urbani. Dal mese di giugno a dicembre del 2008 in provincia di Agrigento sono stati denunciati 13
atti intimidatori, verosimilmente riconducibili ai tentativi di infiltrazione mafiosa nel ciclo dello
smaltimento dei rifiuti solidi urbani, consumati ai danni di ditte o società interessate al settore
in ambito provinciale. Di rilievo nell’ambito della lotta al racket delle estorsioni
nell’Agrigentino, l’operazione “Face Off”, che con otto arresti avrebbe decapitato quelle famiglie
che con la forza della violenza e delle intimidazioni controllavano gli appalti nella Bassa Quisquina.
APPALTI Intanto la sezione operativa della DIA di Agrigento, guidata dal capitano dei carabinieri
Antonino Caldarella, e coordinata da una vecchia conoscenza degli agrigentini, il colonnello
Rodolfo Passaro, esegue costantemente il monitoraggio delle imprese interessate alla realizzazione
delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e d’interesse nazionale,
allo scopo di accertare eventuali condizionamenti e infiltrazioni delle cosche mafiose.
Sotto stretto controllo investigativo anche i lavori pubblici, segnalati dalle autorità provinciali
di pubblica sicurezza, per il pericolo di infiltrazione o di ingerenza mafiosa.

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