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domenica 11 ottobre 2009
Castellammare, omicidio Tommasino
L'arresto di Salvatore Belviso
Castellammare, omicidio Tommasino
Sgominato commando: si cerca movente
NAPOLI (10 ottobre) - Trentamila euro. Ruota attorno a questa cifra l'omicidio di Luigi Tommasino, il consigliere comunale del Pd di Castellammare di Stabia (Napoli) ucciso da uomini del clan D'Alessandro lo scorso 3 febbraio in una strada affollata del centro città mentre si trovava in auto con il figlio di 13 anni, rimasto illeso.
Trentamila euro che avrebbe dovuto restituire al clan. Non è ancora chiara però la provenienza di quel denaro e a che titolo Tommasino se ne sarebbe appropriato. Questo quanto emerge dalle indagini condotte negli ultimi otto mesi dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli, guidata da Vittorio Pisani, culminate oggi con l'identificazione e il fermo dei quattro membri del commando: Salvatore Belviso, 26 anni, Renato Cavaliere, 37 anni, già detenuto, Catello Romano, 19 anni e Raffaele Polito, 27 anni. Quest'ultimo è l'esecutore materiale del delitto, portato a termine con armi di provenienza cecoslovacca, marchio di fabbrica degli omicidi targati D'Alessandro, unico clan nel panorama delinquenziale ad averle acquistate.
Da Polito è partita l'attività investigativa della squadra mobile. La sera del delitto, infatti, l'omicida ha lasciato Castellammare e si è rifugiato in un podere che il clan D'Alessandro aveva preso in affitto a Pian Castagnaio, in provincia di Siena. Ieri era tornato a Napoli per accompagnare ad un colloquio la madre di Nunzio Bellarosa, detenuto nel carcere di Poggioreale. Qui Polito è stato bloccato dagli uomini della squadra mobile che hanno poi rintracciato anche Romano: entrambi hanno deciso di collaborare con la giustizia e sono stato avviati al programma di protezione. Si trovano ora in una località protetta.
Le loro prime dichiarazioni hanno subito confermato quanto era emerso dalla intercettazioni: Tommasino doveva essere ammazzato perché non aveva restituito 30mila al clan di Castellammare di Stabia. Ma sulla provenienza di quei soldi, la Squadra mobile sta indagando.
Esclusa l'ipotesi che il politico, proprietario di un negozio di abbigliamento, fratello di un noto medico, possa essere stato vittima di estorsione. Più verosimile la tesi secondo la quale Tommasino avrebbe svolto un ruolo di intermediazione nella riscossione di somme destinate al clan di cui lui si è appropriato.
Uomo chiave per risalire al movente del delitto potrebbe essere Belviso, cugino e braccio destro del capo clan Vincenzo D'Alessandro, che per il momento però ha deciso di non collaborare affidandosi all'avvocato Piscino. Da chiarire anche se dicano la verità i due collaboratori quando affermano di aver scoperto solo dopo l'omicidio chi fosse la loro vittima. Di sicuro, Tommasino aveva contatti con la famiglia D'Alessandro, cosca camorristica del quartiere di Scanzano da dove provenivano i sicari. Era amico di infanzia di Pasquale, fratello di Vincenzo; dopo il delitto, nel parasole della sua macchina fu trovato il curriculum vitae di un parente dei D'Alessandro.
Dalle indagini è emerso che il politico insieme con un amico aveva imposto l'assunzione di familiari dei D'Alessandro a ditte che avevano ottenuto appalti dal comune.
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