Istituire
il Comitato di garanzia per l’espletamento del programma di protezione dei
testimoni di giustizia
Diventa necessario sostituire la figura attuale del referente (normalmente un appartenente alle forze di polizia), rivelatasi insufficiente e non adeguata a soddisfare le esigenze del testimone. Si avverte la necessità di un punto di riferimento costante e continuo, che assista e accompagni il testimone, sin dall’ingresso nel programma di protezione, che sappia agire con professionalità, efficienza e dedizione, abile nel farsi carico delle esigenze del testimone, anche di quelle più complesse: un tutor, ossia una persona che si ponga come interlocutore -per conto del TdG- degli organi amministrativi e, più in generale, della Pubblica Amministrazione. Dotato di poteri adeguati allo scopo, normativamente definiti, affianca il testimone nella risoluzione di tutte le problematiche che sorgono dal momento della collocazione sul territorio.
Appare indispensabile l’adeguamento dell’impianto strutturale esistente, integrando -in particolare- il personale dei nuovi NOP, che opera a livello territoriale, con soggetti qualificati e in grado di sviluppare e seguire i progetti di assistenza socio-psicologica in favore del TdG e dei suoi familiari (professionisti in campo legale e nel settore economico-finanziario, psicologi di comprovata esperienza ed esperti dell’assistenza socio-sanitaria, anche con riferimento alle specifiche problematiche dell’infanzia, ecc.).
La necessità di offrire una maggiorata tutela a “soggetti
deboli” come i testimoni di giustizia sembra imporre l’opportunità di istituire
un organo che sia in grado di monitorare la corretta esecuzione delle misure
assistenziali e di tutela deliberate dalla Commissione centrale e demandate,
per l’esecuzione, al Servizio centrale di protezione.
Il Comitato di Garanzia, formato da professionisti di
elevata competenza e autorevolezza, esterni alla Commissione centrale e al
Servizio centrale di protezione, offre al testimone di giustizia supporto e
tutela lungo tutto il suo percorso e interviene nei casi in cui si verifichino
particolari disfunzioni e inadempienze
Tale Comitato di garanzia dovrebbe, quindi, annoverare
soggetti di alto profilo professionale e morale, espressione delle competenze
necessarie alla realizzazione dei fini sopra richiamati: psicologo, avvocato,
sociologo, figure appartenenti agli apparati istituzionali più elevati
(prefetto, magistrato o ufficiale delle forze dell’ordine), criminologo,
assistente sociale.
In una visione di sinergie istituzionali, il nuovo assetto
organizzativo dovrebbe prevedere l’obbligo, per il Servizio centrale di
protezione (al quale la norma demanda il compito di attuare le misure di
protezione e di assistenza), di riferire al Comitato di garanzia almeno ogni
sei mesi sullo stato di adattamento e di progresso che il testimone di giustizia
ha raggiunto.
Il Comitato di garanzia, a sua volta, può fornire al
Servizio centrale (ed eventualmente alla Commissione centrale) indicazioni e
pareri motivati circa eventuali problematiche insorte nell’applicazione del
programma di protezione, nonché suggerire interventi concreti a tutela dei
diritti e delle legittime aspettative del testimone di giustizia.
Nel caso di cessazione delle misure di protezione, il
Comitato di garanzia continuerà a prestare il proprio supporto fino a quando il
TdG non abbia raggiunto gli equilibri necessari al reinserimento nella
dimensione ordinaria.
Istituire
la figura del tutor del testimone
Diventa necessario sostituire la figura attuale del referente (normalmente un appartenente alle forze di polizia), rivelatasi insufficiente e non adeguata a soddisfare le esigenze del testimone. Si avverte la necessità di un punto di riferimento costante e continuo, che assista e accompagni il testimone, sin dall’ingresso nel programma di protezione, che sappia agire con professionalità, efficienza e dedizione, abile nel farsi carico delle esigenze del testimone, anche di quelle più complesse: un tutor, ossia una persona che si ponga come interlocutore -per conto del TdG- degli organi amministrativi e, più in generale, della Pubblica Amministrazione. Dotato di poteri adeguati allo scopo, normativamente definiti, affianca il testimone nella risoluzione di tutte le problematiche che sorgono dal momento della collocazione sul territorio.
Il ruolo di tutor può essere ricoperto da persona che abbia
svolto funzioni in ambito legale o nella dirigenza dello Stato, preferibilmente
con compiti nel comparto della sicurezza, e caratterizzato da un elevato ed
autorevole profilo professionale, che sappia convogliare le legittime pretese
e le fondate aspettative del testimone verso le rinnovate
potenzialità dei nuclei territoriali e del Comitato di garanzia. Ma che, al
contempo, sia fornito di poteri di impulso, nei confronti delle citate
strutture e di ogni altro organismo deputato a fornire un contributo (sotto il
profilo assistenziale o della sicurezza) al testimone.
Dal punto di vista organizzativo, per ogni regione (o gruppo
di regioni) viene nominato (dal Ministero dell’Interno di concerto con il
Ministero della Giustizia) un tutor. Questi curerà, ai fini sopra precisati, la
posizione di tutti i testimoni di giustizia (e relativi nuclei familiari) che
risiedano nell’ambito territoriale di pertinenza.
Un corpo
specializzato di operatori della protezione: i nuovi NOP
La specializzazione del personale dello Stato adibito a
compiti di tutela e assistenza del TdG deve divenire un postulato
irrinunciabile, quale che sia il percorso che si intende seguire (potenziamento
e riqualificazione delle strutture attuali, ovvero creazione ex novo di
un organismo con competenze ampliate e ridefinite).
La Commissione antimafia intende affermare, alla luce
dell’inchiesta svolta, la notevole importanza che rivestono gli aspetti relativi
a: provenienza, selezione, formazione e inquadramento del personale adibito
all’assistenza ed alla tutela dei testimoni di giustizia. E’ necessario
costituire un corpo di professionisti non solo della tutela, ma anche
dell’assistenza socio-psicologica, perché tale è, nella realtà, il compito che
essi si ritrovano a svolgere.
Di conseguenza, occorre ampliare il bacino di selezione,
attingendo ai ruoli dell’intera Pubblica Amministrazione (con riferimento alle
professionalità specificamente richieste dalla funzione) e operando accurati
processi di valutazione dei curricula, valorizzando le competenze acquisite e
gli aspetti motivazionali.
La somministrazione frammentata e saltuaria di nozioni deve
essere sostituita da un programma di formazione permanente: una apposita
“scuola”, nella quale confluiscano le più valide esperienze già maturate, che
assicuri un sistema di addestramento professionale su basi di elevata
scientificità, e si articoli attraverso appositi corsi della durata di almeno
sei mesi (basati sull’insegnamento della psicologia -in primis- e di
altre materie e tecniche specifiche), anche con il ricorso a titolari di
cattedra accademica. Solo dopo il superamento di tale corso e l’effettuazione
di un congruo tirocinio pratico si potrà avere un operatore qualificato del
Servizio Protezione, in grado di interpretare pienamente la filosofia del nuovo
sistema integrato di tutela e assistenza.
Occorre adottare rigorosi sistemi di verifica periodica
della professionalità e dell’attività svolta dagli operatori, al fine di
garantire costantemente un elevato standard di efficienza.
Le nuove
strutture territoriali
Appare indispensabile l’adeguamento dell’impianto strutturale esistente, integrando -in particolare- il personale dei nuovi NOP, che opera a livello territoriale, con soggetti qualificati e in grado di sviluppare e seguire i progetti di assistenza socio-psicologica in favore del TdG e dei suoi familiari (professionisti in campo legale e nel settore economico-finanziario, psicologi di comprovata esperienza ed esperti dell’assistenza socio-sanitaria, anche con riferimento alle specifiche problematiche dell’infanzia, ecc.).
In tal modo, l’equipe multidisciplinare di esperti inserita
nella sede centrale troverebbe la sua corrispondenza funzionale nelle omologhe
strutture operative dislocate sul territorio. Non avrebbe, infatti, senso
istituire una forte struttura centrale di sostegno e lasciare nella confusione
dei ruoli e delle funzioni i Nuclei distribuiti sul territorio che hanno
autentici compiti operativi.
Verso una
struttura unica
Conclusivamente, si ritiene opportuno affermare la necessità
di superare l’attuale suddivisione dei compiti di assistenza e tutela, da un
lato, e sicurezza, dall’altro, affidati ad organi diversi, per addivenire alla
creazione di un organismo unico che, attraverso unitarietà strutturale e
specializzazione, assicuri efficacia a tutto il comparto di protezione,
sollevando le forze di polizia territoriali dai compiti di scorta e tutela
attualmente a loro affidati dal Servizio centrale.
Non v’è dubbio che tale artificioso riparto di competenze,
nella parte in cui assegna agli organi territoriali le funzioni di sicurezza,
rappresenta una rinuncia alla specificità e all’efficacia delle misure tutorie
in favore del testimone.
La Commissione esprime, sul punto, l’auspicio che si avvii
una riflessione complessiva volta a delineare un sistema di protezione che,
accanto alle innovazioni sopra menzionate con riguardo ai profili di piena
garanzia del rispetto dei diritti del cittadino testimone di giustizia, preveda
l’attribuzione – sul modello dell’ United States Marshals Service –
anche dei compiti di vigilanza e sicurezza.
Si intende far riferimento ad una filosofia nuova che,
evitando confusioni e sovrapposizioni di ruoli, dia vita ad un sistema
integrato tra aspetti di sicurezza e di assistenza del TdG.
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