martedì 8 dicembre 2009

Nuovo modello di protezione del testimone di giustizia

 

1. Garantire ai testimoni (attraverso adeguate misure di assistenza) l’effettivo mantenimento del pregresso tenore di vita goduto dai medesimi e dai loro familiari. A tal fine, è necessario definire compiutamente il concetto espresso dalla locuzione “tenore di vita”, in quanto esso rappresenta il punto di riferimento per la determinazione delle misure assistenziali da erogare (e, quindi, anche della capitalizzazione). L’espressione “tenore di vita” deve essere intesa nella sua più ampia accezione, riferita non solo al risparmio del reddito ma anche alla parte di esso investita o spesa in beni e servizi utilizzati: deve rappresentare la situazione economica complessiva del soggetto. Va da sé che lo stesso tenore di vita che il testimone godeva nel luogo di origine deve essere garantito anche nella località dove viene trasferito per ragioni di sicurezza. Occorre individuare i parametri idonei a certificare con compiutezza il tenore di vita. In tale direzione, una prima base di partenza per delineare tali parametri può essere costituita dalle indicazioni raccolte nel corso dell’inchiesta parlamentare: disponibilità di beni mobili registrati (imbarcazioni da diporto, autoveicoli), residenze secondarie, collaboratori familiari, attività extrascolastiche dei figli; frequenza di alberghi e ristoranti; viaggi all’estero. Certamente le valutazioni non potranno non tener conto, in una certa qual misura, delle dichiarazioni dei redditi precedentemente rese dal testimone. E’ altrettanto evidente che le misure assistenziali volte a garantire il pregresso tenore di vita non potranno avere una durata illimitata e non potranno prescindere dalla fattiva collaborazione del testimone (e del suo nucleo familiare), ai fini della realizzazione di un percorso che conduca alla piena autonomia ed autosufficienza economica.

2. Dare al testimone di giustizia un quadro informativo ampio e dettagliato circa i diritti e i doveri connessi con l’assunzione dello status di testimone di giustizia. Prevedere strumenti per fornire al testimone di giustizia, prima dell’acquisizione dello status, una compiuta informazione in ordine a tutte le previsioni di legge che l’assunzione di tale ruolo comporta, sia sotto il profilo dei diritti che sotto il profilo dei doveri. Deve essere reso conscio delle difficoltà della vita mimetizzata, in una corretta rappresentazione dei presidi che lo Stato offre.

3. Prevedere l’istituzione di un’équipe di professionisti e tecnici, ovvero di una équipe multidisciplinare, in grado di valutare le peculiari situazioni dei testimoni e fornire le opportune soluzioni (di natura psicologica, sanitaria, patrimoniale, aziendale, lavorativa, contributiva, ecc.). L’intervento di tale equipe deve essere previsto fin dalle primissime fasi di ammissione al programma di protezione, allo scopo di individuare, insieme con il testimone, gli interventi più opportuni e urgenti da adottare (a partire dal trasferimento nella località protetta) e al fine di predisporre linee di intervento mirate e rispettose dei parametri normativi, e costruire il programma in maniera coerente alla storia di vita del testimone di giustizia e dei suoi familiari.

4. Assicurare il reinserimento lavorativo. Prevedere interventi normativi (ad esempio individuando quote riservate nei concorsi pubblici) atti a garantire l’assunzione – a tempo indeterminato – del testimone di giustizia nei ruoli della Pubblica Amministrazione (come previsto per le vittime della criminalità organizzata e del terrorismo), tenuto conto delle competenze e dei titoli posseduti dal testimone (qualora ne fosse privo, dovrà partecipare ad appositi corsi di formazione), sulla scorta di positive esperienze già realizzate, ad esempio, dalla regione Sicilia con l’emanazione della L.R. 13 settembre 1999, n. 20. Nondimeno, l’inserimento nella Pubblica Amministrazione non può essere ritenuto lo sbocco occupazionale necessitato: il testimone di giustizia che, per precedente esperienza o per comprovata vocazione, intenda svolgere attività autonoma, imprenditoriale o professionale, deve essere posto nelle condizioni di realizzare, non diversamente dagli altri cittadini, il proprio percorso lavorativo.

5. Prevedere, in favore dei testimoni di giustizia che intendono proseguire o avviare attività imprenditoriali, benefici fiscali per un congruo ma limitato periodo temporale, riducendo le aliquote sugli utili delle aziende i cui titolari, ammessi al programma di protezione in qualità di testimoni di giustizia, hanno denunciato richieste estorsive (in materia di Imposta comunale sugli immobili, tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, tassa di occupazione del suolo pubblico, contribuiti previdenziali). Il beneficio, da introdurre con appositi interventi normativi, viene disposto dalla Commissione centrale per la definizione ed applicazione dello speciale programma di protezione.

6. Prevedere meccanismi agevolatori delle imprese individuali di cui sia titolare il testimone di giustizia, ai fini della stipula di convenzioni, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della Pubblica Amministrazione, con enti pubblici, compresi quelli economici e le società di capitali a partecipazione pubblica. Tanto in analogia a quanto ora è praticato per le cooperative sociali, alle quali viene applicato il dispositivo previsto all’art. 5 legge 8 novembre 1991, n. 381. Occorrerà, naturalmente, costruire la previsione in maniera da assicurare all’impresa del TdG un vantaggio competitivo che non trasmodi in un indebito privilegio, ponendo -ad esempio- dei limiti quantitativi in un determinato lasso temporale.

7. Prevedere la possibilità di acquisizione al patrimonio dello Stato dei beni immobili di proprietà del testimone (o dei suoi familiari ammessi al programma) e ubicati nella località di origine con modalità speciali e, comunque, non attraverso l’ordinaria procedura gestita dall’Agenzia del demanio. La Commissione centrale deve quindi avere parte attiva nel processo di acquisizione del patrimonio e nella stima dello stesso. I beni immobili posseduti dal testimone nella località di origine devono essere acquisiti al patrimonio dello Stato entro 6 mesi dall’ammissione alla speciale protezione ed entro tale termine deve essere versato al testimone di giustizia l’equivalente in denaro. Va da sé che la vendita dell’immobile nel luogo di origine deve rispondere a criteri di mercato, ma la Commissione deve prevedere, se necessario, interventi economici integrativi, tali da permettere al testimone l’acquisto nella località protetta di immobile di livello analogo a quello posseduto.

8. Dare soluzione alle problematiche legate alla mimetizzazione anagrafica.
Quando è assolutamente necessario assicurare che il testimone (che abbia acquisito particolare notorietà ed esposizione mediatica o pubblica) non sia identificato con le sue originarie generalità, occorre procedere al rilascio di documenti di copertura.

E’ necessario che il rilascio sia immediato (entro le 48 ore) e concerna i documenti omologhi rispetto a quelli già posseduti prima dell’ammissione alle misure di protezione: essi recheranno l’indicazione di un nome e cognome fittizio (eventualmente concordato con l’interessato) compatibile con la provenienza territoriale del TdG.

Il tempestivo rilascio dei predetti documenti riguarderà, contestualmente, tutti i soggetti del nucleo familiare del TdG interessati dalle misure di protezione. Tali documenti avranno una validità provvisoria (un periodo non superiore a tre/sei mesi), dovendo assicurare una “copertura” meramente temporanea fino alle determinazioni definitive. Una volta deliberato il cambio di generalità definitivo, sarà cura del Comitato provvedere alla “sistemazione burocratica”, con la sovrapposizione della nuova identità a quella preesistente presso l'ufficiale dello stato civile del luogo della nascita, nonché presso tutti gli uffici pubblici. Saranno adottati, nell’esecuzione di tali adempimenti, gli accorgimenti più idonei a prevenire il disvelamento del collegamento esistente tra l’identità originaria e la nuova identità (passaggi multipli e a catena).

La rilevante complessità dell’istituto del cambio di generalità richiede, peraltro, l’approntamento di nuove indicazioni normative (attraverso un approfondito confronto tra i Ministeri competenti), al fine di superare le attuali anomalie e trasformarlo in uno strumento al quale poter ricorrere, quando occorre, senza difficoltà.

9. Adeguare le misure di protezione, prevedendo un aumento di mezzi e uomini a ciò predisposti, sia nella località di origine che nella località protetta con l’obiettivo di assicurare l’incolumità fisica del testimone e dei suoi familiari.

Nelle località protette non devono essere utilizzati per le sistemazioni abitative dei testimoni, immobili precedentemente (e notoriamente)

impiegati per i collaboratori di giustizia, in quanto ciò farebbe venir meno quella condizione di sicurezza e mimetizzazione sul territorio. I testimoni in località di origine devono avere una tutela continua. Se vi è un problema di sicurezza è evidente che al testimone deve essere garantita tutela e protezione in tutti i suoi spostamenti soprattutto quando necessari per esigenze lavorative. La tutela, infine, va assicurata al testimone e ai suoi familiari. Il testimone non può permanere in località di origine se, prima, non siano stati vagliati i presupposti (situazione locale e risorse disponibili), attraverso uno specifico e preventivo parere del Prefetto competente territorialmente, che dia conto sia delle ostilità dell’ambiente al momento in cui la misura deve esservi calata, sia del numero e della qualità delle persone che vengono a trovarsi in pericolo, sia dell’attività svolta dal TdG e/o dai suoi familiari, allo scopo di ponderare ogni pericolo di frizioni ambientali, idonee a pregiudicare un dispositivo di sicurezza oggettivamente relativo.

10. Garantire una tempestiva e completa regolarizzazione delle posizioni previdenziali del testimone di giustizia e dei loro familiari

Va garantita un’effettiva continuità della posizione previdenziale con riferimento a quei testimoni (e relativi familiari) che, con la sottoposizione a programma di protezione, sono stati costretti ad interrompere l’attività lavorativa nella località di origine.

Ma va anche prevista la possibilità, per i testimoni (e familiari) che non svolgevano attività lavorativa prima della sottoposizione al programma, di accedere ad un trattamento integrativo (attraverso polizze previdenziali e/o assicurative).

11. Ampliare il ricorso all’utilizzo della videoconferenza

E’ necessario un sistema di cautele che preservi i testimoni da ogni azione intimidatrice o violenta da parte degli autori dei reati e che comprenda l’obbligatorietà, salvo eccezioni, dell’escussione dei testimoni attraverso l’utilizzo della videoconferenza. Tale strumento è utile all’effettiva tutela dell’integrità fisica e psicologica del testimone, e risulta idoneo, tra l’altro, alla realizzazione di risparmi per lo Stato in ordine alle spese di trasferimento dei testimoni.

12. Orientare l’impiego della “capitalizzazione” ad un concreto progetto lavorativo

Occorre contrastare un modus operandi basato sulla convinzione che l’elargizione delle somme di denaro -talvolta rilevanti- possa risolvere qualsiasi tipo di problema dei testimoni, assumendo una sorta di significato liquidatorio rispetto ad ogni obbligo dello Stato. Occorre tornare allo spirito della legge: le capitalizzazioni vanno date al testimone solo in presenza di un concreto progetto lavorativo. A tal fine, devono essere condotte accurate analisi e svolti approfonditi studi di fattibilità dei progetti. Deve prevedersi che la sottoscrizione dell’accordo di capitalizzazione avvenga in presenza e con l’assistenza di un legale (nell’auspicata riforma del sistema: il tutor e il Comitato di garanzia). Dal momento che la “capitalizzazione” prelude alla fuoriuscita dal sistema di protezione è opportuno offrire al testimone adeguate informazioni in relazione a tutte le conseguenze che tale accettazione comporta (come, ad esempio, il fatto che successivamente a tale atto non sarà possibile chiedere ulteriori compensi economici alla Commissione centrale).

Occorre, altresì, prevedere sistemi di affiancamento e supporto per l’avvio delle attività imprenditoriali poste in essere dai testimoni di giustizia avviate attraverso il finanziamento della “capitalizzazione”.

13. Prevedere meccanismi per una più compiuta valutazione del mancato guadagno, riconoscendo ai testimoni di giustizia titolari di attività imprenditoriali forme efficaci di risarcimento compensativo dei minori introiti derivanti dall’assunzione dello status di persona sottoposta a programma di protezione. Tali procedure assicureranno, altresì, che la corresponsione delle somme abbia carattere definitivo e omnicomprensivo, dovendosi prevenire defatiganti e poco etiche richieste risarcitorie “a catena” da parte dello stesso testimone.

14. Rendere obbligatoria, con norma di legge, l’acquisizione del parere della Direzione nazionale antimafia in tutti i casi di richiesta di adozione del piano provvisorio di protezione (così da fornire alla Commissione una più completa conoscenza circa la figura della persona proposta, l’apporto testimoniale che è in grado di rendere e il suo contesto ambientale e processuale). Appare pure opportuno rendere obbligatoria l’acquisizione del parere della Direzione nazionale antimafia (così come quello della Procura che a suo tempo aveva proposto l’ammissione al programma di protezione) nei casi di revoca.

15. Articolare la speciale protezione dando centralità all’assistenza psicologica

L’assistenza psico-sociale deve diventare parte integrante del programma di protezione sin dalle prime fasi e non può essere affidata ad interventi successivi (addirittura “su richiesta”) di carattere straordinario, come avviene attualmente. Non può essere demandata all’esterno (a strutture locali del servizio sanitario nazionale), in quanto la gran parte dei disagi trova origine nella speciale condizione di protezione ed anche per ragioni di sicurezza non sarebbe opportuno. Gli psicologi inseriti nelle strutture di protezione conoscono le problematiche di vita del sistema e possono arrivare a prevenirli e a risolverli con interventi rivolti anche verso l’apparato amministrativo interno. Occorre, quindi, incrementare la presenza di professionisti dell’area medico-psicologica, prevedendo la loro distribuzione a livello delle strutture territoriali, dove più diretto ed immediato è il contatto con il testimone. Queste strutture devono agire in raccordo continuo con la sede centrale dove ci si potrà avvalere del contributo di altri professionisti (neurologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, ecc.). L’obiettivo da perseguire è quello di porre in essere un presidio continuativo di forme di counseling e di assistenza psicologica e sociale, in grado di guidare il testimone nel nuovo status in cui si è venuto a trovare, assicurandogli la tranquillità necessaria per proseguire nella sua scelta con uno spirito collaborativo.

LA RIFORMA DEL SISTEMA

Nuovo modello di protezione

La Commissione parlamentare antimafia ritiene opportuno progettare un modello nuovo del sistema di protezione per mettere in atto un cambiamento radicale nella gestione dei testimoni. Occorre un mutamento di mentalità e metodo, una diversa filosofia nell’approccio alla figura del testimone che va visto non come un “peso” ma come una “risorsa”. Bisogna, poi, passare da una gestione “a sportello” ad una gestione relazionale. Particolare attenzione va, quindi, riservata alla selezione e alla formazione del personale preposto alla speciale protezione.

Il nuovo modello di protezione deve partire dall’esame della motivazione che sta all’origine della scelta del testimone di giustizia: tale scelta deve essere libera, pienamente deliberata e responsabile.

Il Servizio centrale di protezione deve effettuare una valutazione attenta e accurata dei fattori di questa scelta testimoniale: l’esame della personalità di tali soggetti, delle loro caratteristiche e attitudini e, più in generale, di quanto concerne la loro sfera psicologica, utile ad accertare le capacità di adattamento e di condivisione di un sistema di vita nuovo, all’interno del quale saranno collocati.

Ridefinire della figura del testimone di giustizia

E’ necessario prevedere una riconfigurazione del ruolo del testimone di giustizia, anche attraverso più netti connotati differenziali rispetto al collaboratore di giustizia.

E’ dunque indispensabile - al fine di evitare che le misure di tutela e assistenza possano essere, in qualche modo, usufruite da soggetti che hanno tratto direttamente o indirettamente vantaggi economici di natura criminale - irrobustire i parametri normativi che fissano i criteri per l’accesso allo status di testimone di giustizia.

Occorre pervenire alla formalizzazione dei criteri per distinguere testimone di giustizia e collaboratore di giustizia. In tal senso, potrebbe prevedersi che per accedere allo status di testimone di giustizia, il soggetto non si sia reso responsabile di reati indicativi di particolare pericolosità sociale e che non possano essergli addebitati comportamenti significativi di appartenenza e/o contiguità ad organizzazioni criminali.

Occorre, inoltre, porre particolare attenzione nell’individuazione dei più efficaci strumenti per prevenire l’ipotesi che taluni soggetti possano far ricorso in modo strumentale all’acquisizione dello status di testimone (anziché quello di collaboratore di giustizia) proprio in ragione dei vantaggi economici e di assistenza che ne possono derivare. L’attenzione da parte degli organi competenti (sia chi propone, sia chi decide l’adozione delle speciali misure di protezione) deve essere massima.

Rendere flessibili le misure di assistenza e protezione

Occorre calibrare le misure di assistenza e di protezione in relazione alle caratteristiche specifiche di ciascun testimone di giustizia, tenendo conto che questi proviene da realtà e situazioni diversificate, nonché da contesti ambientali differenziati. Le esigenze dei singoli sono, inoltre, di diversa intensità, e - quindi - incompatibili con l’adozione di protocolli standardizzati. Pur senza pervenire ad una “personalizzazione” del trattamento, si intende sostenere l’esigenza di realizzare una “individualizzazione” del trattamento. E’ opportuno quindi che l’ambito normativo-regolamentare sia caratterizzato da una elasticità in grado di consentire la corretta gestione di ogni singolo caso, pur nell’ambito di previsioni generali uguali per tutti.

Istituire il Comitato di garanzia per l’espletamento del programma di protezione dei testimoni di giustizia

La necessità di offrire una maggiorata tutela a “soggetti deboli” come i testimoni di giustizia sembra imporre l’opportunità di istituire un organo che sia in grado di monitorare la corretta esecuzione delle misure assistenziali e di tutela deliberate dalla Commissione centrale e demandate, per l’esecuzione, al Servizio centrale di protezione.


Il Comitato di Garanzia, formato da professionisti di elevata competenza e autorevolezza, esterni alla Commissione centrale e al Servizio centrale di protezione, offre al testimone di giustizia supporto e tutela lungo tutto il suo percorso e interviene nei casi in cui si verifichino particolari disfunzioni e inadempienze

Tale Comitato di garanzia dovrebbe, quindi, annoverare soggetti di alto profilo professionale e morale, espressione delle competenze necessarie alla realizzazione dei fini sopra richiamati: psicologo, avvocato, sociologo, figure appartenenti agli apparati istituzionali più elevati (prefetto, magistrato o ufficiale delle forze dell’ordine), criminologo, assistente sociale.

In una visione di sinergie istituzionali, il nuovo assetto organizzativo dovrebbe prevedere l’obbligo, per il Servizio centrale di protezione (al quale la norma demanda il compito di attuare le misure di protezione e di assistenza), di riferire al Comitato di garanzia almeno ogni sei mesi sullo stato di adattamento e di progresso che il testimone di giustizia ha raggiunto.

Il Comitato di garanzia, a sua volta, può fornire al Servizio centrale (ed eventualmente alla Commissione centrale) indicazioni e pareri motivati circa eventuali problematiche insorte nell’applicazione del programma di protezione, nonché suggerire interventi concreti a tutela dei diritti e delle legittime aspettative del testimone di giustizia.

Nel caso di cessazione delle misure di protezione, il Comitato di garanzia continuerà a prestare il proprio supporto fino a quando il TdG non abbia raggiunto gli equilibri necessari al reinserimento nella dimensione ordinaria.

Istituire la figura del tutor del testimone

Diventa necessario sostituire la figura attuale del referente (normalmente un appartenente alle forze di polizia), rivelatasi insufficiente e non adeguata a soddisfare le esigenze del testimone. Si avverte la necessità di un punto di riferimento costante e continuo, che assista e accompagni il testimone, sin dall’ingresso nel programma di protezione, che sappia agire con professionalità, efficienza e dedizione, abile nel farsi carico delle esigenze del testimone, anche di quelle più complesse: un tutor, ossia una persona che si ponga come interlocutore -per conto del TdG- degli organi amministrativi e, più in generale, della Pubblica Amministrazione. Dotato di poteri adeguati allo scopo, normativamente definiti, affianca il testimone nella risoluzione di tutte le problematiche che sorgono dal momento della collocazione sul territorio.

Il ruolo di tutor può essere ricoperto da persona che abbia svolto funzioni in ambito legale o nella dirigenza dello Stato, preferibilmente con compiti nel comparto della sicurezza, e caratterizzato da un elevato ed autorevole profilo professionale, che sappia convogliare le legittime pretese


e le fondate aspettative del testimone verso le rinnovate potenzialità dei nuclei territoriali e del Comitato di garanzia. Ma che, al contempo, sia fornito di poteri di impulso, nei confronti delle citate strutture e di ogni altro organismo deputato a fornire un contributo (sotto il profilo assistenziale o della sicurezza) al testimone.

Dal punto di vista organizzativo, per ogni regione (o gruppo di regioni) viene nominato (dal Ministero dell’Interno di concerto con il Ministero della Giustizia) un tutor. Questi curerà, ai fini sopra precisati, la posizione di tutti i testimoni di giustizia (e relativi nuclei familiari) che risiedano nell’ambito territoriale di pertinenza.

Un corpo specializzato di operatori della protezione: i nuovi NOP

La specializzazione del personale dello Stato adibito a compiti di tutela e assistenza del TdG deve divenire un postulato irrinunciabile, quale che sia il percorso che si intende seguire (potenziamento e riqualificazione delle strutture attuali, ovvero creazione ex novo di un organismo con competenze ampliate e ridefinite).

La Commissione antimafia intende affermare, alla luce dell’inchiesta svolta, la notevole importanza che rivestono gli aspetti relativi a: provenienza, selezione, formazione e inquadramento del personale adibito all’assistenza ed alla tutela dei testimoni di giustizia. E’ necessario costituire un corpo di professionisti non solo della tutela, ma anche dell’assistenza socio-psicologica, perché tale è, nella realtà, il compito che essi si ritrovano a svolgere.

Di conseguenza, occorre ampliare il bacino di selezione, attingendo ai ruoli dell’intera Pubblica Amministrazione (con riferimento alle professionalità specificamente richieste dalla funzione) e operando accurati processi di valutazione dei curricula, valorizzando le competenze acquisite e gli aspetti motivazionali.

La somministrazione frammentata e saltuaria di nozioni deve essere sostituita da un programma di formazione permanente: una apposita “scuola”, nella quale confluiscano le più valide esperienze già maturate, che assicuri un sistema di addestramento professionale su basi di elevata scientificità, e si articoli attraverso appositi corsi della durata di almeno sei mesi (basati sull’insegnamento della psicologia -in primis- e di altre materie e tecniche specifiche), anche con il ricorso a titolari di cattedra accademica. Solo dopo il superamento di tale corso e l’effettuazione di un congruo tirocinio pratico si potrà avere un operatore qualificato del Servizio Protezione, in grado di interpretare pienamente la filosofia del nuovo sistema integrato di tutela e assistenza.

Occorre adottare rigorosi sistemi di verifica periodica della professionalità e dell’attività svolta dagli operatori, al fine di garantire costantemente un elevato standard di efficienza.


Le nuove strutture territoriali

Appare indispensabile l’adeguamento dell’impianto strutturale esistente, integrando -in particolare- il personale dei nuovi NOP, che opera a livello territoriale, con soggetti qualificati e in grado di sviluppare e seguire i progetti di assistenza socio-psicologica in favore del TdG e dei suoi familiari (professionisti in campo legale e nel settore economico-finanziario, psicologi di comprovata esperienza ed esperti dell’assistenza socio-sanitaria, anche con riferimento alle specifiche problematiche dell’infanzia, ecc.).

In tal modo, l’equipe multidisciplinare di esperti inserita nella sede centrale troverebbe la sua corrispondenza funzionale nelle omologhe strutture operative dislocate sul territorio. Non avrebbe, infatti, senso istituire una forte struttura centrale di sostegno e lasciare nella confusione dei ruoli e delle funzioni i Nuclei distribuiti sul territorio che hanno autentici compiti operativi.

Verso una struttura unica

Conclusivamente, si ritiene opportuno affermare la necessità di superare l’attuale suddivisione dei compiti di assistenza e tutela, da un lato, e sicurezza, dall’altro, affidati ad organi diversi, per addivenire alla creazione di un organismo unico che, attraverso unitarietà strutturale e specializzazione, assicuri efficacia a tutto il comparto di protezione, sollevando le forze di polizia territoriali dai compiti di scorta e tutela attualmente a loro affidati dal Servizio centrale.

Non v’è dubbio che tale artificioso riparto di competenze, nella parte in cui assegna agli organi territoriali le funzioni di sicurezza, rappresenta una rinuncia alla specificità e all’efficacia delle misure tutorie in favore del testimone.

La Commissione esprime, sul punto, l’auspicio che si avvii una riflessione complessiva volta a delineare un sistema di protezione che, accanto alle innovazioni sopra menzionate con riguardo ai profili di piena garanzia del rispetto dei diritti del cittadino testimone di giustizia, preveda l’attribuzione – sul modello dell’ United States Marshals Service – anche dei compiti di vigilanza e sicurezza.

Si intende far riferimento ad una filosofia nuova che, evitando confusioni e sovrapposizioni di ruoli, dia vita ad un sistema integrato tra aspetti di sicurezza e di assistenza del TdG.

 


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