MAFIA NOTIZIE NEWS OTTOBRE 2008
Operazione anti-mafia
Sequestrati 200mln a imprenditore
Un sequestro che vale 200 milioni di euro. Un imprenditore messinese, Mario Giuseppe Scinardo di 43 anni, è accusato di associazione mafiosa e di essere affialiato alla cosca dei Rampulla di Mistretta
Beni per oltre 200 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia a un imprenditore del Messinese, Mario Giuseppe Scinardo, 43 anni. Si tratta di uno dei più grossi sequestri patrimoniali eseguiti nell'ambito di inchieste sulla mafia. Scinardo, originario di Capizzi, un paese in provincia di Messina, è accusato di associazione mafiosa e di far parte della cosca dei Rampulla di Mistretta. L'inchiesta è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina e Catania. Oltre 100 uomini dei centri Dia di Catania e Messina sono impegnati nell'operazione. Il patrimonio sequestrato risulta costituito da numerose società e ditte individuali con volumi d'affari plurimilionari, da oltre 250 immobili, tra cui appezzamenti di terreno, ville e locali commerciali, ma anche da aziende agrituristiche e vinicole, da impianti di calcestruzzi e da circa 90 mezzi tra camion, escavatori, mezzi agricoli ed automobili di grossa cilindrata.
Processo "Marna", anche Berlusconi parte civile
Colpo di scena, ieri, nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo dove si sta celebrando il processo con il rito abbreviato contro 15 presunti mafiosi dell'Agrigentino coinvolti nell'operazione "Marna" effettuata lo scorso anno dalla polizia. In apertura di udienza, l'avvocato dello Stato Stefano Vivacqua ha chiesto e ottenuto di potersi costituire parte civile per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri che si va ad aggiungere alle altre parti civili già costituite che sono i Comuni di Siculiana e Realmonte, Confindustria provinclale e numerosi imprenditori. GLi imputati sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso ed estorsione aggravata.
'Ndrangheta, arrestato il capo del clan Pelle
Era uno dei boss coinvolti nella faida San Luca
REGGIO CALABRIA (16 ottobre) - È stato arrestato il latitante Antonio Pelle, 46 anni, boss della cosca Pelle-Vottari che nella faida della 'ndrangheta di San Luca si contrappone alle famiglie Nirta-Strangio. Pelle, trovato in un bunker nelle campagne della locride, era ricercato dall'agosto 2007, quando sfuggì alla cattura all'indomani della sanguinosa strage di Duisburg avvenuta il giorno di Ferragosto, che fece sei vittime.
La «mamma». Pelle era indicato dai componenti della cosca come la «mamma». Nelle conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate dagli investigatori emerge come «la mamma sia al centro delle discussioni per i vari traffici, come punto di riferimento imprescindibile». Nell'ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti, emessa dal Gip di Reggio Calabria, si evidenzia «la caratura criminale dell'indagato, il suo rango in ambito mafioso, la devozione nutrita nei suoi confronti dagli affiliati, pronti ad eseguire senza indugio ogni suo suggerimento o richiesta».
Una faida culminata a Duisburg. Lo spessore criminale di Antonio Pelle è stato sottolineato dal capo della squadra mobile di Reggio Calabria, Renato Cortese: «E' il capo di quello schieramento che ha portato all'omicidio di Maria Strangio nel Natale del 2006, e che ha suscitato la reazione delle cosche opposte culminata con la strage di Duisburg. Possiamo dire che Pelle è un capo in piena attività di comando». Nel Natale del 2006 a San Luca venne uccisa Maria Strangio, moglie di Giovanni Luca Nirta, ritenuto uno dei capi della omonima cosca, e tre persone, tra le quali un bambino di cinque anni, rimasero ferite. Dopo l'omicidio della donna, cominciò una lunga serie di delitti fra le cosche, culminati con l'uccisione a Duisburg di sei presunti esponenti della famiglia Pelle, da parte della cosca rivale.
Prima della strage, Antonio Pelle, secondo i magistrati della Dda di Reggio Calabria, aveva commissionato Marco Marmo, una delle vittime, di acquistare un'autoblindata e un fucile d'assalto per compiere un vero e proprio assalto in grande stile ai vertici della cosca opposta. Nell'auto di Marmo fu trovata, infatti, la ricevuta di una caparra di 300 euro rilasciata come acconto per l'acquisto di un furgone blindato Peugeout. La ricevuta conferma quanto detto da Marco Marmo al fratello Achille in una conversazione telefonica che fu intercettata e nella quale, facendo riferimento alla «mamma», si diceva che «la macchina te l'ho presa e abbiamo tre settimane di tempo per ritirarla, che gli ho lasciato la caparra e che non mi bastavano i soldi. Lei sa che macchina è».
La cattura. Pelle è stato rintracciato in un bunker super-tecnologico realizzato in un capannone in costruzione nelle campagne di Ardore Marina. I poliziotti, che da diverso tempo erano sulle tracce del latitante, hanno fatto irruzione nel capannone e si sono insospettiti quando hanno notato la differenza tra due diverse sezioni del pavimento. Gli agenti hanno quindi rimosso alcuni pezzi di legno ed hanno scavato sul pavimento utilizzando dei martelli pneumatici. Dopo mezz'ora un pezzo di pavimento del capannone si è sollevato automaticamente grazie a un meccanismo azionato dal ricercato, che è uscito dal bunker e con le mani alzate ha gridato «non sparate, sono disarmato».
Il rifugio ricavato sotto il capannone era un vero e proprio mini appartamento con tre camere: una stanza da letto, un bagno, una cucina. All'interno c'era anche un settore dove è stata trovata una mini piantagione di canapa indiana. Il bunker era alimentato da bocchettoni d'aria che uscivano dal perimetro del capannone per una ventina di metri. Con Pelle è stato arrestato anche il proprietario del capannone, Giuseppe Varacalli, di 55 anni, accusato di favoreggiamento.
MAFIA S.p.A
liliumjoker
di Piero Ricca
Viene il dubbio che Francesco De Gregori avesse ragione quando cantava: “legalizzare la mafia sarà la regola del 2000”. La mafia si è ormai integrata con l’economia legale e continua a godere di buone relazioni con una parte della politica e delle istituzioni.
In Italia diecimila persone sono state uccise sotto il fuoco del crimine organizzato negli ultimi vent’anni. 168 Comuni sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa dal 1991 a oggi. In nessun Paese democratico ci sono tanti cittadini sotto scorta come da noi, e non è solo una questione di status.
Sulla contiguità fra mafia e politica ogni tanto qualche inchiesta giudiziaria o giornalistica riesce a documentare brandelli di verità. Noi sappiamo ad esempio che il senatore Marcello Dell’Utri ha frequentato per trent'anni fior di mafiosi, da Vittorio Mangano a Gaetano Cinà, ed è stato condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione con Cosa Nostra. Sappiamo che l’ex presidente della regione Sicilia Salvatore Cuffaro ha festeggiato con i cannoli la sua condanna in primo grado a cinque anni per favoreggiamento di mafiosi. E sappiamo anche che il senatore a vita Giulio Andreotti si è salvato da una condanna solo grazie alla prescrizione del reato, essendo stato riconosciuto colpevole di associazione a delinquere fino al 1980. All’emersione di fatti di questo genere non segue mai un’azione di bonifica morale, al contrario nel mirino finiscono i magistrati e la loro indipendenza.
Più che un’organizzazione criminale la mafia è una delle strutture portanti del potere nazionale, anzitutto per la sua forza economica. È convinzione diffusa e confermata dalle stime più accreditate che la Mafia S.p.A. sia la più grande azienda italiana. Per Mafia S.p.A. deve intendersi il sistema economico criminale che reinveste gli ingenti capitali provenienti dalle attività illecite nei canali dell’economia legale, dal ciclo del cemento alla Borsa. Un sistema che si insinua ovunque e cerca di impadronirsi di tutto. Secondo l’Eurispes la ’ndrangheta calabrese fattura ogni anno oltre 44 miliardi di euro. Secondo Sos Impresa la sola usura porta ogni anno 30 miliardi di euro nelle casse dei mafiosi. L’Istat ha calcolato che lo zavorramento mafioso dell’economia produce un deficit di ricchezza per 7,5 miliardi l’anno, con la perdita di 180 mila posti di lavoro. Il patrimonio consolidato delle cosche, secondo la Dia, supera i mille miliardi di euro. Dove va a finire questo fiume di denaro? Viene riciclato dappertutto: “in hotel a Roma, aziende a Milano, negozi a Parigi, azioni a New York”, dice Roberto Saviano, giovane scrittore da anni sotto scorta per aver denunciato a viso aperto i potenti clan del Casertano, anch’essi titolari di business miliardari, dal traffico di cocaina alla gestione dei rifiuti tossici. La mafia moderna è mafia degli affari e della finanza, si avvale di consulenti, professionisti, prestanome in colletto bianco; ha affinato la capacità di ricapitalizzare le proprie risorse nei circuiti della grande finanza internazionale. “La mafia ha saputo capire prima degli imprenditori onesti la globalizzazione e l’ha usata a proprio vantaggio”, osserva Elio Veltri. “La questione centrale è il riciclaggio del denaro sporco, solo potenziando la capacità dello Stato di aggredire i capitali mafiosi non renderemo vani i successi sul fronte repressivo”, ricorda Gian Carlo Caselli, oggi procuratore capo a Torino, dopo sette anni in prima linea a Palermo nel dopo-stragi. A questo scopo servono regole nuove, a cominciare – osserva il magistrato Ingroia – dall’istituzione di un’efficiente Agenzia nazionale per i beni confiscati. Basilio Rizzo, consigliere comunale di Milano da sempre in lotta contro mafie e comitati d’affari, va oltre e propone norme che consentano la tracciabilità dei capitali che vengono investiti in opere pubbliche e attività soggette a pubblica autorizzazione.
Le “grandi opere” sono da sempre una ghiotta occasione per le cosche. Nando Dalla Chiesa ha recentemente chiesto l'istituzione di una commissione indipendente di controllo per l'Expo 2015. Sulla stessa linea Francesco Forgione, già presidente della commissione parlamentare antimafia: “In vista dell’Expo la responsabilità della politica sta nello scegliere meccanismi certi di trasparenza, rigorosi controlli sul sistema degli appalti e dei subappalti”. “Ma la politica vuole davvero combattere la mafia?”. Se lo domanda perfino Piero Grasso, il procuratore nazionale antimafia.
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'Ndrangheta, arrestati sindaci Gioia Tauro e Rosarno
REGGIO CALABRIA (Reuters) - Il sindaco e il vicesindaco di Gioia Tauro e il sindaco di Rosarno sono stati arrestati stanotte dalla squadra mobile di Reggio Calabria con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa nell'ambito di un'operazione condotta contro la cosca di 'ndrangheta dei Piromalli.
Lo hanno riferito fonti investigative.
L'operazione, un filone dell'inchiesta "Cent'anni di storia" avviata da tempo dalla dda del capoluogo calabrese, ha condotto in carcere il sindaci Giorgio Dal Torrione e Carlo Martelli -- rispettivamente di Gioia Tauro e Rosarno -- e il vicesindaco Rosario Schiavone, insieme ai due capi della cosca dei Piromalli, che gestisce il porto insieme alla cosca degli Alvaro, con l'accusa di associazione mafiosa.
Campania. Caserta, 8 arresti contro clan dei Casalesi
Alcuni appartengono a gruppo di fuoco strage di Castelvolturno
Roma, 11 ott. (Apcom) - Otto arresti nel casertano ai danni del clan dei Casalesi che fa capo al boss Giuseppe Setola. Alcuni sono ritenuti tra i presunti responsabili dei fatti di sangue nel litorale Domitio negli ultimi mesi e in particolare dell'uccisione di sei cittadini africani a Castelvolturno. L'operazione è stata eseguita all'alba da polizia e carabinieri tra i comuni di Castelvolturno, Casal di Principe e nell'aversano. Sette ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite su disposizione del pubblico ministero e una in flagranza di reato.
Le accuse vanno dalla associazione a delinquere alla strage, dall'estorsione alla detenzione e porto abusivo di armi, che sono state trovate in alcuni covi degli arrestati. Le indagini, coordinate dalla Dda di Napoli, sono state effettuate dai carabinieri del comando provinciale di Caserta, di Castello di Cisterna e dalla questura locale. L'operazione segue l'arresto di tre pericolosi killer di 10 giorni fa dai carabinieri.
Indennità a moglie boss: polemiche
Avellino, padre fu ucciso per vendetta
Suo padre, incensurato, venne ucciso dai clan. Per questo la figlia riceve un vitalizio di 1.300 euro al mese e un indennità anti-camorra di oltre 200mila. Ma scoppiano le polemiche: la donna, infatti, è sposata con un boss di Quindici, in provincia di Avellino, attulmente in carcere. Protestano i componenti dell'Associazione nazionale familiari vittime di mafia.
La notizia è riportata dal quotidiano "Il Mattino". "Vorremmo invitare l'attuale esecutivo a porre innanzi al Parlamento la questione sull'inopportunità di concedere l'indennizzo ed il vitalizio spettanti alle vittime del terrosismo e della criminalità organizzata, alla famiglia della moglie di un presunto boss del clan Graziano di Quindici", affermano in una nota i componenti dell'Associazione nazionale familiari vittime di mafia per voce del presidente Sonia Alfano.
"La signora - dice Alfano - è figlia di un incensurato ucciso a seguito di una vendetta trasversale ed è per questo che lo Stato ha deciso, a suo tempo, di concederle i benefici spettanti ai familiari delle vittime della mafia, ma essendo in seguito divenuta la moglie di un presunto boss riteniamo necessario, non solo in caso di condanna definitiva del marito ma anche nel caso in cui la sentenza dei giudici evidenzi punti di contatto con ambienti camorristici, ridiscutere sull'opportunità di concederle gli indennizzi in base alla legge 22 del novembre 2007".
Il caso della famiglia Graziano non è il primo in Italia. Già ad altre famiglie vengono concessi i benefici spettanti ai familiari delle vittime di mafia "pur essendo rinomatamente vicine ad ambienti mafiosi. Chiediamo - prosegue la Alfano - che si apra una seria discussione sul problema al fine di risolvere definitivamente la questione cosi che casi di questo tipo non danneggino la credibilità dello Stato e non offendano la memoria di chi per la lotta alla mafia ha dato la vita".
Pronta la reazione anche di Giovanna Maggi Chelli, dell'Associazione familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili: "Le ingiustizie continuano, sono stati riconosciuti vitalizi a parenti di noti camorristi, mentre alle vittime della strage di via dei Georgofili non sono ancora state riconosciute le invalidità che danno diritto al vitalizio, invalidità sancite dal Tribunale di Firenze. Mentre denunciamo ancora una volta la disparità gravissima fra vittime e carnefici - prosegue - attendiamo con impazienza il via a quella legge che dovrebbe rendere sicura l'applicazione del '41 bis' ai mafiosi, come annunciato dal ministro della Giustizia".
Mafia ed estorsioni, processo "Marna": disposti 3 rinvii a giudizio
Il gup di Palermo, Mario Conte, ha rinviato a giudizio tre presunti estorsori, mentre altri 15 hanno chiesto e ottenuto di essere giudicati con il rito abbreviato. L'inchiesta riguarda le estorsione imposte dalle cosche mafiose agrigentine a imprenditori e commercianti, sei dei quali hanno denunciato di aver subito pressioni per pagare somme di denaro ai boss. Le vittime si sono costituite parte civile. L'inchiesta denominata "Marna", che ha portato in carcere 18 persone ed ha stretto il cerchio sul numero due di Cosa nostra agrigentina, il latitante Gerlandino Messina, arriva davanti ai giudici. Il dibattimento per i tre rinviati a giudizio, Calogero Bruno di Agrigento, 32 anni, Giuseppe Iacono, di 72, di Realmonte e Roberto Renna, di 30, di Agrigento, di aprirà il primo dicembre davanti ai giudici della seconda sezione del tribunale di Agrigento. Per gli altri 15 imputati, il processo con il rito abbreviato inizierà il 14 ottobre. Nell'udienza di oggi si sono costituiti parte civile, e sono stati ammessi, oltre alla sezione di Agrigento di Confindustria e ai sei imprenditori che denunciarono le estorsioni, anche i Comuni di Realmonte e Siculiana.
08 Ottobre 2008
LETTERA AL SINDACO
Alla cortese attenzione del sindaco Dott.Giuseppe Aurelio Leto, del presidente del consiglio , giunta e consiglio comunale di Sant’Angelo Muxaro.
Sono passati diversi anni ( 9 ) dall’assassinio dei miei fratelli Vincenzo e Salvatore Vaccaro Notte.
Immaginavo che sarebbe stata una vostra iniziativa spontanea e civile nei confronti della memoria dei miei fratelli, dedicargli una lapide come è già avvenuto in diverse città italiane ( Torino, Roma, Gela, Bari, Polistena ectr…). Ricorrenza che ogni anno viene celebrata per le VITTIME INNOCENTI DELLA MAFIA il 21 marzo ( giorno della primavera ).
Il mio impegno e sostegno ha fatto sì che venissero arrestati mandanti ed esecutori dei miei fratelli, bonificando gran parte del paese che da anni conviveva con questo marciume, anche la provincia di Agrigento ha ricevuto eccellenti risultati dalle operazioni Antimafia che dal 2000 ad oggi sono state portate a termine, tutte collegate tra esse.
Sant’Angelo Muxaro deve essere orgoglioso e fiero di avere dato i natali ai fratelli Vaccaro Notte, in parte abbiamo dato visibilità a questo piccolo centro disperso nella valle dei monti Sicani, imprenditori veri ed instancabili prima in Germania con diverse attività di ristorazione e poi in Sicilia con bar, sale giochi e agenzia funebre….in Argentina concessionario di SLOT per i CASINO’ ( Unico imprenditore Italiano,Siciliano,”Santangelese” ) ad aver vinto la licenza contro colossi Multinazionali del settore… adesso al nord Italia con più attività.
Mi farebbe gradita iniziativa che codesto comune si attivasse a tale proposito dedicando ai fratelli Vincenzo e Salvatore Vaccaro Notte in memoria una lapide come vittime innocenti della mafia.
Tenendo in considerazione della toponomastica di Sant’Angelo, chiedo che l’intera ( forse ) comunità Santangelese si attivi a dedicargli una via mantenendo così la memoria viva alle future generazioni oneste e civili di Sant’Angelo Muxaro e’ che l’ esempio ed il sacrificio dei miei fratelli assurga a riferimento di quanti in Sicilia intendono avviare un’attivita’ di impresa libera dai ricatti e dai compromessi (Politici e Mafiosi).
Chiedo che mi venga inviata copia del verbale della seduta per la proposta della mia richiesta.
liliumjoker
In attesa di una vostra tempestiva e positiva iniziativa, attendo vostro invito per inaugurazione, con stima e affetto a tutta la cittadinanza civile e onesta di Sant’Angelo Muxaro porgo i miei saluti.
Angelo Vaccaro Notte
30.Agosto 2008
07.10.2008
Napoli, 37 arresti per i disordini a Pianura contro la riapertura della discarica
La questura di Napoli, coadiuvata dai carabinieri del comando provinciale, ha eseguito ieri 37 ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di tifosi dei gruppi ultrà coinvolti negli incidenti dello scorso gennaio, inscenati a per opporsi alla riapertura della discarica di Pianura (Na).
Bande di ragazzi con il volto coperto, in sella a scooter, provocarono numerosi danni e incidenti: sequestri di autobus di linea, danni a mezzi dei vigili del fuoco, vandalizzazioni di automobili, lanci di pietre, petardi e bombe carta.
Le accuse vanno dall'associazione per delinquere, alla devastazione ed interruzione di pubblico servizio. Le indagini, durate nove mesi, sono state favorite da video e foto acquisite dalla Polizia durante giorni più 'caldi' della protesta.
Nel corso delle indagini sono stati individuati anche gli autori delle minacce a commercianti della zona, che all'epoca dei fatti furono costretti a chiudere gli esercizi commerciali per diversi giorni.
Sono risultati coinvolti nell'inchiesta della Procura partenopea, anche l’assessore alla Protezione civile ed ai cimiteri del comune di Napoli Giorgio Nugnes e Marco Nonno, un consigliere comunale, entrambi accusati di devastazione.
'Ndrangheta: Sequestrati 500mila Euro Beni Clan Carelli
(AGI) - Catanzaro, 7 ott. - Beni per un valore di oltre 500 mila euro sono stati sequestrati a Pietro Giovanni Molinaro, 56 anni, di Corigliano Calabro (Cosenza), in carcere a Padova per una condanna all'ergastolo, considerato un elemento di spicco del clan Carelli. Il sequestro e' stato eseguito dalla direzione investigativa antimafia di Catanzaro su decreto emesso dalla Corte d'assise di appello di Catanzaro, seconda sezione penale. L'uomo, condannato tra l'altro per associazione per delinquere di stampo mafioso, averbbe intestato una serie di beni anche ad alcuni parenti. Sotto sequestro sono finiti un compendio aziendale, svariate polizze assicurative, un fondo agricolo, un fabbricato a due piani, un capannone industriale, un appartamento con garage e numerosi conti bancari e postali. Con questo provvedimento, la Dia di Catanzaro dall'inizio dell'anno ha sequestrato e confiscato beni, sottraendoli alla disponibilita' della criminalita' organizzata, per un valore complessivo di circa 7 milioni di euro. -
Mafia: Pm Chiede 76 Anni Per 5 Boss Di Termini Imerese
(AGI) - Palermo, 3 ott. - Il pubblico ministero Lia Sava ha chiesto le condanne di cinque tra boss e presunti gregari della zona di Prizzi e Termini Imerese (Palermo). Le pene richieste ammontano complessivamente a settantasei anni di carcere e la condanna piu' elevata e' stata proposta per Tommaso Cannella, ritenuto molto vicino a Bernardo Provenzano; la richiesta e' di vent'anni in continuazione con precedenti condanne. 'Continuazione' e richiesta complessiva di diciotto anni per Vincenzo Salpietro, sedici per Giuseppe Bisesi, dodici per Liborio Pirrone, dieci per Biagio Esposto Sumadele. La discussione dei difensori e' prevista nelle prossime settimane. Il processo si svolge con il rito abbreviato davanti al giudice dell'udienza preliminare Giangaspare Camerini. .
Cuffaro ed il contro - ricorso
Non solo l’aggravante dell’ articolo 7. La difesa di Cuffaro ricorre in Appello anche contro la rivelazione di notizie riservate ed il favoreggiamento (Angelo Ruoppolo)
E’ un contro ricorso a 360 gradi. Un rilancio radicale. I difensori del senatore Cuffaro impugnano la sentenza del Tribunale dello scorso 18 gennaio e la contestano interamente. Senza riserve. Un contrattacco dettagliato e ragionato. Le 80 pagine firmate dagli avvocati Caleca e Mormino dichiarano guerra alla conclusioni dei giudici della terza sezione penale del Tribunale, presieduta da Vittorio Alcamo. E spiegano perche’ Cuffaro avrebbe dovuto essere assolto. Caleca e Mormino non solo contro l’aggravante dell’articolo 7, perche’ Cuffaro non avrebbe favorito l’associazione mafiosa, ma anche il presupposto del favoreggiamento e’ infondato. Non vi e’ nessuna prova che Cuffaro abbia rivelato notizie riservate al boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro. E non e’ stato provato che la presunta rivelazione di notizie riservate sia stata determinante per la scoperta delle microspie nella casa di Guttadauro. Il Tribunale, cosi’ come la Procura, hanno invece ritenuto che Cuffaro, tramite l’assessore Mimmo Miceli, ha informato Guttadauro della presenza delle cimici. Cio’ non e’ dimostrato, e non e’ provato nemmeno che Cuffaro, qualora avesse rivelato la notizia segreta a Mimmo Miceli, ha pensato che Miceli l’avrebbe riferita a Guttadauro. Contestata anche la fuga di notizie che avrebbe favorito Michele Aiello allorche’ Cuffaro, incontrando il Manager della Sanita’ privata in un negozio di Bagheria, il 31 ottobre del 2003, lo avrebbe informato di indagini a carico suo e dei marescialli Ciuro e Riolo. ‘’Cuffaro – ripetono Caleca e Mormino - ha parlato con Aiello del tariffario sanitario della Regione siciliana ed ha tentato di convincere l’imprenditore ad accettare delle condizioni meno vantaggiose per le sue cliniche al fine di evitare di sollevare polveroni dannosi anche politicamente’’.
02.10.2008
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