Crotone, nuovo agguato mortale. Stazionaria la bimba in coma
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Ucciso Domenico Cavallo, 27 anni. Ferita la moglie Rosa Russelli, 21 anni. L'omicidio potrebbe essere collegato all'assassinio di Luca Megna, avvenuto la notte di sabato santo, in cui è rimasta gravemente ferita la figlia di cinque anni
Crotone, 25 mar. (Adnkronos/Ign) - Nuovo agguato mortale nel crotonese dove nelle prime ore del pomeriggio è stato ucciso Domenico Cavallo, 27 anni, presunto affiliato a una cosca rivale della famiglia Megna. L'omicidio potrebbe dunque essere la risposta all'assassinio di Luca Megna, figlio del boss Domenico, avvenuto la notte di sabato santo.
Nell'agguato è rimasta ferita anche la moglie di Cavallo, Rosa Russelli. La donna, di 21 anni, è legata da rapporti di parentela con Pantaleone Russelli, pregiudicato del luogo che in passato ha avuto contrasti con la famiglia Megna.
I coniugi erano a bordo di una Opel Astra quando i sicari sono usciti all'improvviso e hanno iniziato a sparare. Cavallo è morto subito mentre la moglie è stata trasportata all'ospedale. Le sue condizioni non sembrano preoccupanti.
La modalità dell'agguato è analoga a quella dell'assassinio di Megna. Insieme alla famiglia, in auto, bloccato da una raffica di proiettili.
Intanto è in condizioni stazionarie la figlia di Megna, la bimba di cinque anni ferita nell'agguato di sabato santo. Ieri l'ha raggiunta la madre, ferita in modo non grave nello stesso agguato e dimessa dall'ospedale di Crotone. La donna è stata informata dai medici sulla situazione e in queste ore continua a stare al capezzale della figlia. Per la giornata di oggi non sono previsti ulteriori interventi chirurgici. La bambina è tenuta in coma farmacologico.
A quanto si apprende, non è urgente l'estrazione del proiettile ancora fermo nella testa della piccola vittima ma i medici sono preoccupati per i danni cerebrali già causati dal suo ingresso nel cranio. Se la madre darà l'assenso alla diffusione dei dati, domani l'ospedale Pugliese-Ciaccio potrebbe diramare un bollettino medico ufficiale.
A Crotone continuano le attività della polizia sul territorio. Sono arrivati rinforzi dalla Direzione anticrimine centrale di Roma e personale dei reparti prevenzione anticrimine che stanno eseguendo perquisizioni diffuse insieme agli uomini della Questura. Sui risultati vige ancora uno stretto riserbo ma la tensione è altissima perché si teme una nuova ondata di criminalità in risposta all'agguato contro la famiglia Megna e il nuovo assassinio di oggi sembra confermare i timori. Il boss dell'omonima cosca Domenico (padre della vittima Luca) è detenuto in carcere in regime di 41 bis. Si teme che l'agguato di Pasqua sia un messaggio di un nuovo predominio del crotonese.
Crotone, in coma farmacologico figlia boss Megna
L'agguato nella notte tra sabato e domenica in contrada Papanice
I medici dell'ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro decideranno se sottoporla a un nuovo intervento chirurgico per l'asportazione del proiettile che si trova ancora nella testa della bimba di 5 anni. Il Viminale invia personale a supporto della polizia locale
Crotone, 24 mar. (Adnkronos/Ign) - E' ancora in gravi condizioni la bambina di 5 anni ferita nell'agguato in cui è rimasto ucciso il padre Luca Megna, figlio del boss Domenico. I medici dell'ospedale Pugliese Ciaccio, di Catanzaro, alle 18 faranno il punto della situazione clinica e decideranno se sottoporla ad un nuovo intervento chirurgico per l'asportazione del proiettile che si trova ancora nella testa della bimba. Per il momento la piccola viene tenuta in coma farmacologico, nelle prossime ore si sapranno ulteriori decisioni dei medici.
Megna, 37 anni con precedenti penali per associazione mafiosa, nella notte tra sabato e domenica stava tornando con la moglie e la figlia a casa dopo una serata trascorsa fuori quando, nelle vicinanze dell'autorimessa in contrada Papanice, sono sbucati all'improvviso i sicari che hanno fatto fuoco contro la macchina. Il conducente ha tentato una manovra disperata, dirigendosi verso i malviventi per investirli ma è stato raggiunto da una raffica di proiettili che l'ha ucciso in pochi secondi.
La figlia, in un primo momento è stata trasportata all'ospedale di Crotone ma poi, viste le condizioni disperate, è stata trasferita a Catanzaro dove i medici l'hanno sottoposta a due delicati interventi di neurochirurgia.
La moglie di Megna, invece, ferita lievemente, si trova ricoverata all'ospedale di Crotone e non corre pericolo di vita.
Il ministero dell'Interno ha intanto disposto l'invio di altro personale a supporto della polizia di Crotone. Per tutta la giornata di ieri sono state eseguite numerose perquisizioni in abitazioni di soggetti da tempo sotto il controllo delle forze dell'ordine.
L'attività investigativa continua anche nella giornata di oggi sotto il coordinamento della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. "La Dda non conosce feste. Stiamo lavorando con la massima attenzione'', ha commentato in mattinata all'ADNKRONOS il procuratore Aggiunto Mario Spagnuolo. Gli inquirenti sono abbottonatissimi sulle indagini ma l'impegno immediato nella vicenda è il segno inequivocabile della preoccupazione per l'accaduto. L'efferatezza dell'agguato che ha colpito Luca Megna mentre era in compagnia della famiglia rende più che plausibile lo scenario di una lotta sul territorio tra gruppi criminali.
Intanto, dai bossoli trovati è stato accertato che sono almeno tre le armi che hanno sparato contro la Fiat Panda di Luca Megna.
09:28 PM - Tuesday 25 March 2008 - commenti {0} - Invia un commento
FALSONE SFUGGE A BLITZ
Agrigento, il boss Falsone sfugge a blitz della polizia
Gli agenti della Squadra mobile di Agrigento stavolta ci sono andati vicinissimi. Quando alcuni giorni fa si sono spinti sino a Palazzo Adriano, in provincia di Palermo, ma al confine con il territorio del comune di Cianciana, ed hanno fatto irruzione in un casolare di campagna, nutrivano buone speranze di trovarvi dentro il super latitante Giuseppe Falsone, ritenuto il capo di Cosa nostra in provincia di Agrigento, inserito dal Vicinale tra i 30 latitanti più pericolosi d'Italia.
Invece il boss non c'era. Secondo gli investigatori, il casolare potrebbe essere stato l'ultimo covo di Falsone, oppure il boss potrebbe essere riuscito a sfuggire alla cattura in extremis prima del blitz.
Comunque sia, il cerchio attorno al latitante campobellese sembra stringersi ogni giorno di più da quando ha iniziato a collaborare con la giustizia Giuseppe Sardino, 44 anni, ex consigliere comunale di Naro, pentitosi di essere stato il "postino" dei pizzini di Falzone agli altri affiliati di Cosa Nostra.
Sardino, proprio per aver favorito la latitanza di Falsone, era stato arrestato l'8 aprile scorso su richiesta dalla Dda di Palermo proprio dagli agenti della Squadra mobile di Agrigento nell'operazione "Mercurio", prima di quest'ultimo caso andato a vuoto per un pelo, aveva messo gli investigatori sulle tracce di Falsone indicando luoghi che dopo i riscontri sono risultati essere stati realmente nascondigli del capomafia agrigentino.
Calogero Giuffrida
Mafia, Siculiana commissariata
Per contrastare le infiltrazioni della criminalità, il Consiglio dei ministri ha adottato un provvedimento straordinario, rinviando di fatto le elezioni del sindaco e del Consiglio comunale. Si andrà alle urne soltanto per le provinciali
ROMA - Per contrastare forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata, riscontrate negli organi rappresentativi del Comune di Siculiana (Agrigento), su proposta del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, il Consiglio dei ministri ne ha affidato la gestione ad una commissione straordinaria.
L'invio di una commissione straordinaria a Siculiana, paese ad una ventina di chilometri da Agrigento, segue la retata antimafia "Marna" che a fine ottobre portò in carcere 13 persone, fra cui un consigliere comunale e il resoconto inviato al ministero da una commissione che per mesi ha messo a setaccio gli atti dell'Amministrazione.
Le elezioni comunali previste per domenica e lunedì non si svolgeranno proprio a causa della decisione di scioglimento per mafia assunta dal Consiglio dei ministri. Nell'operazione dello scorso autunno, coordinata dalla Dda di Palermo, finì indagato per concorso esterno in associazione mafiosa l'allora sindaco, il diessino Giuseppe Sinaguglia, che pochi giorni dopo il blitz si dimise dalla carica e invitò il Consiglio a fare lo stesso.
A 24 ore dall'appello lanciato da Sinaguglia anche l'assise cittadina si dimise. A Siculiana, su nomina del prefetto di Agrigento, arrivò una commissione straordinaria composta da ufficiali dei carabinieri, della Guardia di finanza, della polizia ed un funzionario del ministero.
La commissione per oltre quattro mesi ha studiato gli atti amministrativi prodotti nei quasi due mandati dall'allora Amministrazione. Il resoconto dell'attività venne poi trasmesso al prefetto di Agrigento, Umberto Postiglione e da questi al ministero dell'Interno.
L'assessore regionale degli Enti locali, Francesco Scoma, ha firmato il decreto di sospensione dell'elezione del sindaco e del Consiglio comunale di Siculiana. Il provvedimento - si legge in una nota - "si è reso necessario in seguito alla decisione del Consiglio dei ministri che, su proposta del ministro dell'Interno, ha deciso di affidare la gestione del Comune di Siculiana ad una commissione straordinaria per contrastare la criminalità. I cittadini di Siculiana - afferma l'assessore - saranno dunque convocati alle urne soltanto per le elezioni provinciali".
13/06/2008
Risarcimento alle vittime della mafia
Con la Legge 512/99 lo Stato ha istituito un Fondo speciale per risarcire le vittime dei reati di tipo mafioso.
Grazie a questo Fondo, le vittime della mafia, o i loro eredi, o gli enti che si sono costituiti parte civile, possono ottenere il pagamento delle somme liquidate con sentenza a titolo di risarcimento dei danni subiti in conseguenza di reati mafiosi, o a titolo di provvisionale, e per rimborso delle spese di giudizio.
Può usufruire del Fondo:
• chi ha subito danni in conseguenza di reati di tipo mafioso;
• chi ha ottenuto in suo favore, nel relativo giudizio penale o civile, successivamente al 30 settembre 1982, una sentenza (definitiva o non definitiva a seconda dei casi) che ha riconosciuto i danni subiti; equivalgono le sentenze di condanna per reati commessi avvalendosi delle condizioni mafiose o dei reati commessi al fine di agevolare l'attività delle associazioni a delinquere di stampo mafioso;
• chi non ha, nei propri confronti, una sentenza definitiva di condanna per uno dei reati di cui all'art. 407 comma 2 lett. a) del codice di procedura penale o una misura di prevenzione applicata ai sensi della legge n. 575/1965 (disposizioni contro la mafia), né i relativi procedimenti in corso.
L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte commettono reati avvalendosi della forza di intimidazione, della condizione di assoggettamento e di omertà, al fine di acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire ad ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
Per qualsiasi chiarimento, telefonare al
Numero Verde
800 191 000
Attivo dalle 9.00 alle 19.00, dal lunedì al venerdì.
SANT'ANGELO MUXARO
IL PAESE DELLE MERAVIGLIE
Clicca qui:
http://www.youtube.com/watch?v=ZeghnMHHYrY
Dopo alcuni anni di letargo “ il risveglio “.
Ho appreso dai giornali che a Sant’Angelo Muxaro per le prossime elezioni comunali è stata presentata una lista per il futuro candidato a sindaco Giuseppe Tirrito “libertà e democrazia”.
Se non erro dovrebbe trattarsi di quell’ex sindaco che si auto proclamò primo membro cittadino…..che belle parole…ma dove le ha trovate?? LIBERTA’ E DEMOCRAZIA…ma lei non è quel sindaco pardon ex primo membro cittadino Giuseppe Tirrito che dopo gli omicidi dei mie fratelli rilasciò un’intervista che era da ricovero ospedaliero ???
Dove riferiva che Sant’Angelo Muxaro era un paese tranquillo, un’isola felice e che non c’erano amministrazioni corrotte e la mafia non esisteva.
Invece la fogna o feccia o mafia o cosca dei pidocchi brulicava pubblicamente, ma la sua miopia affermava che il paese era sereno..... malgrado tutte le cazzate che ha detto a destra e a manca ha ancora il coraggio di candidarsi??? è vergognoso, da nausea non è possibile che i cittadini Santangelesi diano credito ad una persona Ignobile Bugiarda e Fasulla .
Come farà adesso visto che alcuni componenti della “Cosca dei Pidocchi “ sono morti ….altri si trovano in galera , ne sono rimasti pochi in libertà (forse) ma non saranno in grado di poterlo eleggere.
Quale sarà il suo “Delirio” le solite promesse fasulle e virtuali , strade stradelle e metri cubi di bitume…oppure qualche promozione per i dipendenti comunali…o ancora incrementare le cooperative …..o forse minacce e ricatti???
Bisogna avere una bella faccia...... per ricandidarsi, io credo che l’ha perduta, mi spiace per gli amici e conoscenti che appoggiano questa lista ….cambiate “Il Primo Membro”…solo allora forse potete avere delle chances ……
ascoltate il mio consiglio o diversamente ritiratevi dalla lista , per potere garantire ai Santangelesi libertà e democrazia ,non sostenete questo “Membro” non votatelo mandatelo alla ricerca di fuchi ....(ma non saffuchi) .....per cortesia il paese aveva trovato un sereno equilibrio dopo la bonifica della “Cosca dei Pidocchi” e il trasferimento dell'ex primo membro in un'altra città .
Libertà e democrazia non è un prodotto Cinese e per tanto non può essere contraffatto.
NON VOTATELO
Mafia: si pente Sardino, il "postino" del boss Falsone
di Calogero Giuffrida
Avrebbe cominciato a collaborare con la giustizia Giuseppe Sardino, 44 anni, ex consigliere comunale di Naro, arrestato l'8 aprile scorso su richiesta dalla Dda di Palermo dagli agenti della Squadra mobile di Agrigento nell'operazione "Mercurio".
Sardino, accusato di aver favorito la latitanza del capo attuale di Cosa Nostra agrigentina, Giuseppe Falsone, ospitandolo anche in alcuni casolari di campagna e facendo da "postino" per i "pizzini" scritti dal boss, starebbe da qualche settimana cominciando a collaborare con la giustizia.
Dopo le sue rivelazioni sarebbero stati scoperti anche dei covi in cui Falsone avrebbe trascorso recentemente alcuni periodi di latitanza. Sono state già eseguite numerose perquisizioni e materiale ritenuto molto importante dagli investigatori sarebbe stato posto sotto sequestro. Dopo i riscontri alle prime dichiarazioni, per i familiari di Sardino sarebbe già scattato il piano di protezione.
L'arresto di Sardino era scaturito dal più ampio quadro delle ricerche del supelatitante Falsone. Insieme a Sardino, nella stessa operazione, erano stati arrestati per favoreggiamento anche l'avvocatessa Gaetana Maniscalchi, di 37 anni, ex presidente del Consiglio comunale di Naro rimessa poi in libertà dal tribunale del riesame, il pensionato Carmelo Vellini, 74 anni, di Naro, e Giuseppe Costanza, 72 anni, di Favara.
Sono già otto i collaboratori di giustizia che con le loro rivelazioni stanno facendo tremare i clan dell'Agrigentino: Maurizio e Beniamino Di Gati, Pasquale Salemi, Alfonso Falzone, Giulio Albanese, Luigi Putrone, Ignazio Gagliardo e Giuseppe Vaccaro.
SICUREZZA: MANGANELLI, STOP ALL'INDULTO QUOTIDIANO
di Anna Laura Bussa
ROMA - Il capo della Polizia Antonio Manganelli lancia l'allarme: ''In Italia c'e' un indulto quotidiano''. Tutti parlano e ''nessuno fa''. La certezza della pena non esiste e la situazione ''e' davvero vergognosa''. Chiamato dall'opposizione in Senato per spiegare meglio come stanno le cose sul fronte sicurezza, visto che c'e' da esaminare il decreto del governo, Manganelli spiega che in teoria le norme, cosi' come sono state concepite, potrebbero anche andare bene, ma ci sono ancora lacune e applicarle nella realta' e' tutta un'altra cosa. Si possono adottare tutte le misure del mondo, e' in sintesi il pensiero del capo della Polizia, ma se poi non si avverte piu' la certezza della pena, tutto diventa inutile e si ''vanificano'' gli sforzi di polizia e magistratura.
Lui, precisa, non vuol giocare ''a fare il giurista'', ma visto che e' stato chiamato a dire la sua, non esita a denunciare che i Cpt sono troppo pochi (''da gennaio su 10.500 immigrati solo 2.400 hanno trovato posto'') e che il periodo di 60 giorni di permanenza in questi Centri, attualmente previsti dall'ordinamento, e' davvero insufficiente per scoprire le vere generalita' del clandestino e per sbrigare tutte le pratiche necessarie all'espulsione. Risultato di cio' e' ''noi forze di polizia che diciamo che l'immigrazione clandestina va contrastata con un certo rigore - afferma Manganelli - rinunciamo gia' in partenza a qualsiasi possibilita' di contrastarla''.
La mancanza piu' grande, pero', a suo avviso, e' che non si possa ri-arrestare il clandestino gia' espulso che ritorna in Italia. E' vero, precisa, che alcune norme possono anche andare, come quella, criticatissima dall'opposizione, di prevedere il carcere e la confisca della casa per chi affitta ad uno straniero ''irregolare'', ma sono molte le cose da rivedere: con le organizzazioni benefiche che concedono spazi a questi irregolari, ad esempio, come la mettiamo?
E' sempre vero poi che il 30% dei reati comuni e' commesso dai clandestini (che diventa 60-70% nel Nord Est), ma e' anche vero, insiste Manganelli, che il problema non sono gli sbarchi, piuttosto chi entra con il visto turistico in Italia e poi ci resta, nonostante sia scaduto il permesso di soggiorno. Quello che si dovrebbe fare, suggerisce il capo della Polizia, e' puntare tutto sugli accordi bilaterali tra l'Italia e i Paesi di provenienza dei clandestini che devono fare la loro parte. E poi andrebbero abolite norme come quella che prevede che ci sia anche l'assenso del detenuto per fargli scontare la condanna nella sua terra d'origine ('negli Usa non e' cosi'').
Il Pdl esulta e sostiene, come fa Isabella Bertolini, che di fatto Manganelli difende il decreto del governo. Ma soddisfatto e' anche Walter Veltroni, che si associa all'allarme sulla certezza della pena, mentre punta il dito contro le ronde notturne sostenute, invece, da buona parte della maggioranza. Il presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli fa sua la denuncia del capo della Polizia, ma sottolinea come sia necessario rimettere mano alla legge Gozzini, se si vuole far tornare a credere nella certezza della pena.
''Speriamo che dopo l'audizione di Manganelli'', osserva il capogruppo della Lega alla Camera Roberto Cota, i politici la smettano di parlare di insicurezza solo percepita e di problemi sopravvalutati dell'immigrazione clandestina e sostengano invece i provvedimenti del governo. Di parere opposto il senatore del Pd Felice Casson, secondo il quale invece il capo della Polizia con le sue critiche avrebbe ''demolito il decreto''. ''Ma io - avverte - sono d'accordo con lui perche' molte delle misure previste sono vuote, delle semplici norme manifesto''.
Alfano spiega al Csm la strategia antimafia del governo
Seduta straordinaria del plenum del Consiglio superiore della magistratura, oggi alle 15.30 a Palazzo Marescialli, per ricevere il guardasigilli Angelino Alfano e conoscere le linee guida del suo programma in materia di politica della giustizia.
Alfano illustrerà i suoi progetti: dalla riforma del sistema giudiziario alla lotta alla mafia in nome di Falcone: "Salendo le scale del ministero della Giustizia il giorno del mio insediamento, - ha detto Alfano - ho visto il monumento a Giovanni Falcone e ho capito che il ricordo del 23 maggio del 1992 e le emozioni provate allora avrebbero rappresentato il binario della mia attività antimafia”.
Il guardasigilli agrigentino sembra avere le idee chiare su come colpire i mafiosi: "I primi passi sono già stati fatti in Consiglio dei ministri e altri ne faremo ancora per combattere i boss. Abbiamo inserito - ha spiegato Alfano commentando il pacchetto sicurezza varato dal governo - misure di prevenzione tra quelle di competenza della direzione nazionale antimafia e una serie di interventi che riguardano l'efficacia delle confische, perché passa troppo tempo tra la confisca e l'utilizzo del bene mafioso. Passa ai prefetti la competenza di decidere sui beni confiscati per renderli subito fruibili e colmare l'insopportabile intervallo che finora c'è stato tra la confisca e l'effettivo reale riutilizzo del bene. Si blocca la trafila dei prestanome, le misure di prevenzione patrimoniali si potranno applicare indipendentemente da quelle personali. Questo è un sistema di regole, operative nel giro di ore, di straordinaria efficacia e d'impatto immediato nella lotta alla mafia”.
E' sulla riforma della giustizia e sulla separazione delle carriere tra giudici e pm che si attendono novità dal guardasigilli: "Sono per un rafforzamento della distinzione delle funzioni nella magistratura, come avviene in tutti i paesi europei. Ma di questo, e di un'altra serie di questioni importanti, parlerò con i magistrati”, ha anticipato il ministro annunciando intanto la riforma del processo civile.
"Occorre avviare una stagione di riforme organiche nel nostro paese a cominciare da quella della giustizia civile. Non è possibile avere tempi così lunghi nel processo civile dove una causa viene conclusa dopo dieci anni e un recupero credito dopo decine di mesi. Occorre rivedere questo sistema”, ha spiegato Alfano, parlando ai magistrati della Anm riuniti a Palermo, il 23 maggio scorso, in ricordo di Giovanni Falcone a sedici anni dalla strage di Capaci.
27/05/2008
Blitz "Sicania 2", chieste 4 condanne
Giudiziaria - Provincia — 24 Maggio 2008 07:44
Il Pm Rita Fulantelli, della Dda di Palermo, ha chiesto la condanna all'ergastolo per Vincenzo Licata, nonché
8 anni di reclusione per Raffaele Fragapane e 4 anni ciascuno per Pasquale Vella e Roberto Vito
D'Alessandro, al termine della requisitoria del processo scaturito dall'operazione antimafia denominata
"Sicania 2". Il processo - che si celebra dinanzi al Gup Adriana Piras con il rito abbreviato - proseguirà il 3 e il
17 giugno con le arringhe dei difensiri degli imputati per poi concludersi l'1 luglio con la sentenza. Il blitz
"Sicania 2", effettuato l'estate dello scorso anno, consentì agli inquirenti di fare luce su alcuni delitti perpetrati
nell'entroterra agrigentino e sulle cosche mafiose di alcuni comuni della provincia.
agrigentoflash
"Combattete la mafia
come faceva Falcone"
Oltre 1.200 studenti a bordo della Nave della legalità sbarcata a Palermo per commemorare il 16° anniversario della strage di Capaci. La sorella del magistrato: "I giovani italiani hanno valori forti". Il ministro Alfano: "Nel '92 mi sono vergognato di essere siciliano". Grasso: "Rabbia e disperazione, ma anche speranza"
Vittime della Mafia
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PALERMO - "Vedervi qui, in tanti, è una grande gioia e dimostra che, contrariamente a quanto si ritiene, i giovani italiani hanno valori forti". Così Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso a Capaci e presidente della Fondazione a lui intitolata, ha salutato gli oltre 1.200 ragazzi giunti a Palermo con la Nave della legalità per ricordare il 16° anniversario della strage.
Sul palco, insieme a Maria Falcone, il ministro della Pubblica Istruzione Maria Stella Gelmini e il procuratore della Dna Piero Grasso. "I tanti giovani che sono qui - ha detto il ministro, che ha accolto la nave sulla banchina del porto - danno senso alla morte di due eroi nazionali che non dimenticheremo mai. Questa è una giornata di grande valore che acquista un senso importantissimo perché i tanti giovani giunti a Palermo sono qui non solo per commemorare Falcone e Borselli, ma per raccogliere il loro testimone nella lotta alla mafia".
I ragazzi sono stati salutati anche dal sindaco Diego Cammarata: "Forza Palermo, Forza Sicilia: dobbiamo essere tutti uniti contro la mafia", ha detto.
Il procuratore Grasso, giunto a Palermo in nave con i ragazzi, ha ringraziato gli studenti con i quali, durante il viaggio, ha parlato e dibattuto sui temi della lotta alla mafia. "Dobbiamo essere noi a preparare il terreno ai giovani che saranno la classe dirigente del domani, noi col nostro esempio di impegno e legalità e dobbiamo tenere ancorati i ragazzi alla nostra terra. Rivivere giorni come questi significa tornare a provare rabbia e disperazione, ma anche ricordare un amico con la speranza che oggi ha rischiararci sia una luce diversa", ha poi detto Grasso arrivando all'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, dove la Fondazione Falcone ha organizzato un incontro con gli studenti di tutto il Paese.
I ragazzi nell'aula hanno intonato la colonna sonora del film "La vita è bella". Tra le autorità presenti anche il ministro della Giustizia, Angelino Alfano: "Andiamo avanti nella lotta alla mafia. I primi passi sono già stati fatti in Consiglio dei ministri e altri ne faremo ancora per combattere i boss".
Alfano ha ricordato che "il 23 maggio del '92 ero a Milano e quando seppi della strage di Capaci provai sulla mia pelle l'imbarazzo e la vergogna di essere siciliano. Sentii rabbia nei confronti di una parte del mio popolo, pur essendo consapevole che non era quello tutto il popolo siciliano". Il guardasigilli ha incontrato prima in maniera informale alcuni magistrati siciliani che gli hanno manifestato i problemi e i disagi che si vivono nelle procure siciliane.
"Palermo 23 maggio 2008: dal maxiprocesso a oggi" è il titolo del primo dibattito a cui parteciperanno giudici e studenti. Al termine verrà presentato il progetto di digitalizzazione degli atti del processo.
Seguirà un incontro su "lotta alla mafia: gli ultimi successi", moderato dal direttore del Sole 24 ore Ferruccio de Bortoli. Prima di dare il via al dibattito Maria Falcone ha letto un messaggio di saluto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
E un altro ministro, quello dell'Interno Roberto Maroni, appena giunto a Capaci ha deposto una corona di fiori davanti alla stele dell'autostrada che ricorda la strage e ha osservato un minuto di raccoglimento mentre una tromba intonava il silenzio. Maroni era accompagnato dal capo della polizia Antonio Manganelli.
23/05/2008
"Aggredire i patrimoni dei boss"
Il presidente del Senato, Schifani, ha partecipato alla festa della polizia a Palermo. Sulla lotta alla mafia ha aggiunto: "E' indispensabile che la politica sia unita"
PALERMO - "La mafia si deve e si può sconfiggere". Sono parole del presidente del Senato, Renato Schifani, in un passaggio del suo discorso alla festa della Polizia a Palermo.
"I successi di questi ultimi tempi lo dimostrano - aggiunge Schifani - nè temiamo distrazioni per via di questi ottimi risultati. L'azione di contrasto alla criminalità organizzata seguiterà con tenacia e abnegazione".
"È indispensabile che vi sia una sola bandiera quella della politica unita contro la criminalità organizzata. E' assolutamente necessaria e doverosa la più ferma unità di tutte le forze politiche contro la mafia e la criminalità organizzata".
"L'azione contro la criminalità non può risultare efficace se oltre a perseguire i responsabili dei reati con misure restrittive della libertà personale, non si recidono i legami tra la criminalità e gli interessi economici. Questo obiettivo potrà e dovrà essere raggiunto sia mantenendo alto l'impegno sull'aggressione e confisca dei patrimoni mafiosi, sia sulle dinamiche che portano la mafia a divenire protagonista".
"Dal territorio sono giunti crescenti segnali di reazione della cittadinanza ed il 'no' coraggioso e ammirevole degli imprenditori: un numero notevole e crescente di denunce, una ribellione mai pensata contro la schiavitù delle estorsioni. Perchè a questi segnali segua però la repressione è necessario che lo Stato si manifesti come presenza rassicurante, pena il rischio di sprecare questa occasione".
"La nostra amata Sicilia non si è mai piegata, nè mai data per vinta alla mafia, come talvolta qualcuno che conosce poco la nostra Regione è indotto a pensare". "La Sicilia è stata invece capace di rialzarsi e gridare il suo rifiuto alla violenza, alla prepotenza, all'illegalità ".
Il Presidente del Senato ha sottolineato inoltre che nella battaglia contro la criminalità organizzata "come in tante altre, sappiamo che sia il nord che il sud del nostro Paese saranno uniti, perchè la differenza delle istanze politiche delle due aree del Paese non impedisce di preservare l'indissolubile legame esistente tra le due parti dell'Italia".
17/05/2008
by liliumjoker
In questa foto sono inserite centinaia d’immagini di elementi inutili alla società.…. boss - killer - latitanti - pentiti - criminali mafiosi,camorristi ‘ndranghetisti che hanno rovinato migliaia di famiglie oneste e stimate.
Li chiamano anche gente di rispetto uomini d'onore.
Solo schifo per questa sporcizia altro che rispetto.
Li abbiamo mitizzati, abbiamo scritto romanzi e prodotto film e sceneggiati.
Così diventano dei personaggi, che si ammantano persino di romanticismo.
E non li vediamo più per quello che in realtà sono.
Squallide persone, belve sanguinarie, vigliacchi,criminali.
"MAFIA”
“COSA NOSTRA”
“COSCA”
Dicesi “Cosca dei Pidocchi” perché composta da più persone , appartenenti a ceti sociali di “Sacchinari” , “Vermi” , “Puci” , “ Pidocchi” , “ Elementi Ciambella” , “Lampe da 5”…..insomma gente che fa poca luce per sé e per gli altri ……in effetti tale “SPORCIZIA” operava in gruppi , ben armati agivano sulle “Vittime” cogliendole di soppresa e sparando a tradimento alle spalle ferendoli per poi finirli successivamente……ma in realtà non sono altro che “Vermi o Uomini senza Coglioni” perché uccidere gente inerme disarmata e perlopiù alle spalle e in tanti , fa capire le “Origini” meschine di questa “SPORCIZIA” indegna di respirare ossigeno e di vivere in mezzo alla “Società Civile” come la nostra .
liliumjoker
CAMORRA
MOGLIE BOSS
COLLABORA, 64 ARRESTI
CASERTA - Maxi operazione anti-camorra nel casertano: 64 le ordinanze di custodia cautelare in corsa di esecuzione da parte dei
carabinieri del comando provinciale di Caserta, della squadra mobile di Caserta e della Dia contro esponenti del clan dei Casalesi, nell'ambito di un'operazione definita 'Domizia', coordinata dalla Direzione distrettuale atimafia di Napoli, che si svolge nella zona compresa tra Castelvolturno e Villa Literno. Decisiva ai fini dell' operazione e' stata - secondo quanto si e' appreso - la collaborazione con la giustizia della moglie del boss Francesco Bidognetti. Anna Carrino, 47 anni, da alcuni mesi sta collaborando con gli inquirenti. La moltiplicazione delle operazioni condotte con successo recentemente dalle forze dell' ordine contro la potente organizzazione camorristica del casertano sarebbe stata resa possibile proprio dalle informazioni fornite dalla donna
Nell'indagine sono coinvolti personaggi di spicco del clan camorristico - costituito dai gruppi Bidognetti e Tavoletta - gravemente indiziati dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzione illegale di armi, traffico di sostanze stupefacenti e illecita concorrenza. I destinatari delle ordinanze di custodia cautelare sono gravemente indiziati dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzione illegale di armi, traffico di droga, illecita concorrenza.
Le indagini - coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ed affidate ai pm Francesco Curcio e Marco Del Gaudio - sono state condotte da carabinieri e polizia e sono scattate agli inizi del 2000, dopo l'omicidio di Luigi Petrella, avvenuto a Castelvolturno (Caserta) alla fine del 1999. L' uomo fu ucciso perche' erroneamente ritenuto dal clan dei casalesi responsabile della cattura da parte delle forze dell'ordine,del latitante Giuseppe Dell'Aversano, soprannominato 'Peppe 'o diavolo'
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