Gli affari in mano alle cosche calabresi: sette arresti
L'operazione è stata condotta dalle Squadre Mobili di Torino, Novara e Biella, con il coordinamento dello Sco della Polizia di Stato di Roma, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 7 soggetti responsabili, a vario titolo, di turbativa d’asta aggravata dalle modalità mafiose e intestazione fittizia di beni
UNA vasta operazione è stata condotta dalle Squadre Mobili di Torino, Novara e Biella, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato di Roma, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, a carico di 7 soggetti responsabili, a vario titolo, di turbativa d’asta aggravata dalle modalità mafiose e intestazione fittizia di beni.
L’aggravante mafiosa viene contestata in quanto la turbativa d’asta è stata realizzata per agevolare l’associazione di cui fanno parte due degli arrestati: il locale di 'ndrangheta di Volpiano e limitrofi. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal G.I.P., su richiesta del Procuratore Capo di Torino, del Procuratore Aggiunto D.D.A.,e dei sostituti D.D.A. Nel corso dell’operazione è stato effettuato anche un sequestro di beni.
Secondo quanto è emerso nelle indagini, sarebbero stati dati compensi ai partecipanti a un’asta di beni confiscati alla 'ndrangheta per consentire a due condannati di rientrarne in possesso. Questo il meccanismo per cui, secondo la procura e la polizia di Torino, si è configurato il reato di turbativa d’asta per il quale la scorsa notte sono state arrestate le 7 persone. Al centro dell’inchiesta ci sono Pietro e Vincenzo Portolesi, coinvolti nell’inchiesta 'Minotauro' sulle infiltrazioni della 'ndrangheta in provincia di Torino. I due, ritenuti affiliati al 'locale' di Volpiano, avevano patteggiato condanne rispettivamente a 11 anni e due mesi e a 7 anni e quattro mesi, che avevano comportato la confisca di tutti i beni delle società loro intestate. Durante l’inchiesta è stato accertato che gli arrestati avevano messo in piedi un meccanismo per cui i due erano di fatto rientrati in possesso di 16 mezzi pesanti mediante società fittizie e passaggi di proprietà.
'NDRINE RAFFINATE. Gli affiliati della 'ndrangheta non sono "rozzi pastori" ma persone che utilizzano "conoscenze tecnico-giuridiche piuttosto raffinate". Lo ha detto il procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli illustrando l'operazione "Tutto in famiglia".
"Questa terza operazione, dopo quelle denominate Minotauro e Colpo di Coda - ha affermato Caselli - è particolarmente significativa perché dà la misura di come, quando si tratta di 'ndrangheta e dintorni, non si abbia a che fare con rozzi pastori illetterati: sempre più si ha a che fare con persone capaci di piegare ai propri interessi criminali gli istituti giuridici del nostro sistema ordinamentale con scaltrezza e utilizzando conoscenze tecnico-giuridiche piuttosto raffinate". "Tutti lo dovrebbero sapere - ha aggiunto Caselli - ma qualcuno tende ancora a dimenticarlo o addirittura a negarlo. Altro che rozzi pastori: si tratta di personaggi dal punto di vista criminale raffinati e molto capaci".
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