Il figlio di uno specialista della truffa usato come sentinella. Il gip scarcera gli indagati: domiciliari o obbligo di firma
di Leandro Del Gaudio
Un po’ spaesato, un po’ incuriosito, a tratti anche divertito. Sta lì in attesa, ogni tanto dà una sbirciata verso i locali che portano all’esterno, poi rivolge lo sguardo al padre: osserva il «lavoro» del genitore che sembra invece darsi un gran daffare, lì con quei cartelli marcatempo, a strisciare sulla scatola magica, quella destinata a segnare l’orario di ingresso di chissà quanti impiegati comunali. Una presenza discreta, quella del ragazzino di undici anni «immortalato» da una telecamera nascosta nel palazzo comunale di piazza Cavour 42 dove di recente sono stati arrestati tredici dipendenti municipali, più una impiegata di Napoli servizi e una sorta di recordman del badge clandestino. Se lo sono chiesti anche gli inquirenti, scorrendo le immagini dopo oltre un mese di osservazione sotto traccia: chi era quel ragazzino?
Stando alla lettura degli atti, lì al centro della scena, intorno alle 7,45 del mattino, c’è anche il figlio di uno degli specialisti nella truffa degli assenteisti seriali.
Finita la scuola, era lì a «far da palo», spaesato, incuriosito, un po’ divertito a vedere il padre che si affatica a «smanettare» con quelle tessere magnetiche. Inchiesta per truffa condotta dal pool mani pulite dell’aggiunto Francesco Greco e del pm Giancarlo Novelli, ieri il primo snodo dinanzi al gip Francesco Cananzi.
Parziali ammissioni da parte di qualcuno, vengono scarcerati tutti i quindici indagati, scattano misure cautelari meno afflittive: dalla cella agli arresti domiciliari Oreste Esposito, il recordman del badge abusivo, ritenuto responsabile di aver marcato oltre quattrocento volte in un mese, favorendo così decine di potenziali fannulloni; obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria invece (due o tre volte alla settimana, a seconda dei casi) per gli altri indagati. L’inchiesta regge, anche se cambia la valutazione delle esigenze cautelari.
Agli atti pesano le immagini raccolte dalla sezione investigativa della polizia municipale. Indagine fortemente voluta dal sindaco De Magistris e dal capo di gabinetto Attilio Auricchio, cosa emerge dopo arresti e interrogatori? Centrale il ruolo di Oreste e Esposito e di una donna. I due - secondo quanto emerge dalle indagini - si sarebbero spalleggiati nella gestione dei clienti, con una scansione di tempi e mansioni da catena di montaggio.
Gli orari, prima di tutto. Sette e un quarto, sette e venti al massimo: compare la sagoma della donna che caccia un pacchetto di tessere magnetiche e dà inizio al lavoro. Poi i documenti vengono nascosti in un cassetto, dove verranno presi da Oreste Esposito, che entra in scena anche tre volte nella stessa giornata: alle 10,30 per la prima pausa pranzo e intorno all’una per il secondo break dal lavoro. Dinanzi al giudice, Esposito si è limitato a un’alzata di spalle, ricordando le proprie condizioni di indigenza, limitandosi a confermare lo stretto necessario.
Diverso l’approccio dei presunti beneficiari, che hanno fornito una versione alternativa (come nel caso dell’impiegato Salvatore Riccio, difeso dal penalista Francesco Paone): hanno ammesso sì di aver affidato i propri badge a qualche professionista del marcatempo, ma hanno anche giurato di essere stati sempre e comunque presenti al lavoro nei giorni attenzionati. Qualche ora di ritardo, niente più - hanno chiarito -, come sarebbe possibile verificare sul registro delle firme al settimo piano del Palazzo di piazza Cavour.
Inchiesta in corso, nel fascicolo i nomi di oltre cinquanta indagati, sono dipendenti comunali in una struttura che ne ospita duecento: uno su quattro è un fannullone? Sarà lo sviluppo delle indagini a chiarirlo, in uno scenario in cui occorre verificare chi ha fatto cosa e chi ha avuto la forza di mettere un bimbo di undici anni a far da palo alla badgiata clandestina.
Stando alla lettura degli atti, lì al centro della scena, intorno alle 7,45 del mattino, c’è anche il figlio di uno degli specialisti nella truffa degli assenteisti seriali.
Finita la scuola, era lì a «far da palo», spaesato, incuriosito, un po’ divertito a vedere il padre che si affatica a «smanettare» con quelle tessere magnetiche. Inchiesta per truffa condotta dal pool mani pulite dell’aggiunto Francesco Greco e del pm Giancarlo Novelli, ieri il primo snodo dinanzi al gip Francesco Cananzi.
Parziali ammissioni da parte di qualcuno, vengono scarcerati tutti i quindici indagati, scattano misure cautelari meno afflittive: dalla cella agli arresti domiciliari Oreste Esposito, il recordman del badge abusivo, ritenuto responsabile di aver marcato oltre quattrocento volte in un mese, favorendo così decine di potenziali fannulloni; obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria invece (due o tre volte alla settimana, a seconda dei casi) per gli altri indagati. L’inchiesta regge, anche se cambia la valutazione delle esigenze cautelari.
Agli atti pesano le immagini raccolte dalla sezione investigativa della polizia municipale. Indagine fortemente voluta dal sindaco De Magistris e dal capo di gabinetto Attilio Auricchio, cosa emerge dopo arresti e interrogatori? Centrale il ruolo di Oreste e Esposito e di una donna. I due - secondo quanto emerge dalle indagini - si sarebbero spalleggiati nella gestione dei clienti, con una scansione di tempi e mansioni da catena di montaggio.
Gli orari, prima di tutto. Sette e un quarto, sette e venti al massimo: compare la sagoma della donna che caccia un pacchetto di tessere magnetiche e dà inizio al lavoro. Poi i documenti vengono nascosti in un cassetto, dove verranno presi da Oreste Esposito, che entra in scena anche tre volte nella stessa giornata: alle 10,30 per la prima pausa pranzo e intorno all’una per il secondo break dal lavoro. Dinanzi al giudice, Esposito si è limitato a un’alzata di spalle, ricordando le proprie condizioni di indigenza, limitandosi a confermare lo stretto necessario.
Diverso l’approccio dei presunti beneficiari, che hanno fornito una versione alternativa (come nel caso dell’impiegato Salvatore Riccio, difeso dal penalista Francesco Paone): hanno ammesso sì di aver affidato i propri badge a qualche professionista del marcatempo, ma hanno anche giurato di essere stati sempre e comunque presenti al lavoro nei giorni attenzionati. Qualche ora di ritardo, niente più - hanno chiarito -, come sarebbe possibile verificare sul registro delle firme al settimo piano del Palazzo di piazza Cavour.
Inchiesta in corso, nel fascicolo i nomi di oltre cinquanta indagati, sono dipendenti comunali in una struttura che ne ospita duecento: uno su quattro è un fannullone? Sarà lo sviluppo delle indagini a chiarirlo, in uno scenario in cui occorre verificare chi ha fatto cosa e chi ha avuto la forza di mettere un bimbo di undici anni a far da palo alla badgiata clandestina.
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