di VINCENZO MARANNANO
PALERMO. I carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo hanno individuato e arrestato i presunti assassini dell'avvocato Enzo Fragalà, aggredito a colpi di mazza il 23 febbraio 2010 e morto dopo tre giorni di agonia. Si tratta di Francesco Arcuri, Salvatore Ingrassia e Antonio Siracusa, i primi due già in carcere per mafia ed estorsioni, il terzo era l'unico ancora a piede libero.
Il noto penalista e politico palermitano morì dopo alcuni giorni di coma a causa delle gravissime lesioni riportate in seguito all'aggressione.
Dopo un'indagine lunga e complessa - e dopo avere battuto diverse piste - gli investigatori sono adesso sicuri di avere individuato gli esecutori materiali e pure l'ambiente in cui sarebbe maturato il delitto, anche se sul movente restano ancora diversi punti oscuri.
Fragalà fu ferito a morte la sera del 23 febbraio 2010 e spirò tre giorni dopo in ospedale, senza mai avere ripreso conoscenza: fu colpito da un uomo alto e robusto, che indossava un casco da motociclista e che lo colpì con un bastone, un’arma mai recuperata né individuata con certezza nelle dimensioni e nella natura. Le immagini riprese dalle telecamere di sicurezza di negozi e banche vicini al luogo dell’agguato, in via Nicolò Turrisi, a pochi passi dallo studio dell’avvocato, non sono state di alcun aiuto ai carabinieri e al pool coordinato dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia, di cui fanno parte i pm Nino Di Matteo e Carlo Lenzi. I pochi testimoni oculari sono stati utili ma non determinanti.
Adesso, dopo una lunga indagine - nella quale non sono mancati anche anonimi, dichiarazioni di pentiti piu' o meno attendibili e tanti tentativi di depistaggio - i carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dal maggiore Alberto Raucci e dal colonnello Salvatore Altavilla, sono dunque certi di avere individuato gli autori. A colpire il legale sarebbe stato infatti Arcuri, un rapinatore vicino a Cosa nostra, gli altri due avrebbero avuto un ruolo nell'aggressione. Anche se mancano i nomi dei mandanti, l'ombra dei boss e della mafia e' quasi certa e ci sarebbe pure una pista precisa che porta alla famiglia dell'Uditore. Tuttavia in questa fase il gip Fernando Sestito ha deciso di contestare "solo" l'omicidio volontario e non l'aggravante di mafia.
Le indagini, dunque, segnano un'importante svolta anche se adesso bisognerà chiarire il movente. Oltre alla pista passionale, indicata dalla pentita Monica Vitale (che parlo' di attenzioni nei confronti della moglie di un cliente) ma ritenuta poco credibile per una serie di circostanze, gli investigatori ne seguono un'altra che porta direttamente al "fortino" di Nino Rotolo. E in particolare a due prestanome del boss ergastolano, clienti del noto penalista, che durante il processo - e su suggerimento del legale - avrebbero reso delle confessioni.
Questo "comportamento" processuale non sarebbe stato gradito ai boss che avrebbero così deciso di dare una lezione a Fragalà. Ma questa, come le altre, anche se è tra le più accreditate al momento resta solo una ipotesi.
Il noto penalista e politico palermitano morì dopo alcuni giorni di coma a causa delle gravissime lesioni riportate in seguito all'aggressione.
Dopo un'indagine lunga e complessa - e dopo avere battuto diverse piste - gli investigatori sono adesso sicuri di avere individuato gli esecutori materiali e pure l'ambiente in cui sarebbe maturato il delitto, anche se sul movente restano ancora diversi punti oscuri.
Fragalà fu ferito a morte la sera del 23 febbraio 2010 e spirò tre giorni dopo in ospedale, senza mai avere ripreso conoscenza: fu colpito da un uomo alto e robusto, che indossava un casco da motociclista e che lo colpì con un bastone, un’arma mai recuperata né individuata con certezza nelle dimensioni e nella natura. Le immagini riprese dalle telecamere di sicurezza di negozi e banche vicini al luogo dell’agguato, in via Nicolò Turrisi, a pochi passi dallo studio dell’avvocato, non sono state di alcun aiuto ai carabinieri e al pool coordinato dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia, di cui fanno parte i pm Nino Di Matteo e Carlo Lenzi. I pochi testimoni oculari sono stati utili ma non determinanti.
Adesso, dopo una lunga indagine - nella quale non sono mancati anche anonimi, dichiarazioni di pentiti piu' o meno attendibili e tanti tentativi di depistaggio - i carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dal maggiore Alberto Raucci e dal colonnello Salvatore Altavilla, sono dunque certi di avere individuato gli autori. A colpire il legale sarebbe stato infatti Arcuri, un rapinatore vicino a Cosa nostra, gli altri due avrebbero avuto un ruolo nell'aggressione. Anche se mancano i nomi dei mandanti, l'ombra dei boss e della mafia e' quasi certa e ci sarebbe pure una pista precisa che porta alla famiglia dell'Uditore. Tuttavia in questa fase il gip Fernando Sestito ha deciso di contestare "solo" l'omicidio volontario e non l'aggravante di mafia.
Le indagini, dunque, segnano un'importante svolta anche se adesso bisognerà chiarire il movente. Oltre alla pista passionale, indicata dalla pentita Monica Vitale (che parlo' di attenzioni nei confronti della moglie di un cliente) ma ritenuta poco credibile per una serie di circostanze, gli investigatori ne seguono un'altra che porta direttamente al "fortino" di Nino Rotolo. E in particolare a due prestanome del boss ergastolano, clienti del noto penalista, che durante il processo - e su suggerimento del legale - avrebbero reso delle confessioni.
Questo "comportamento" processuale non sarebbe stato gradito ai boss che avrebbero così deciso di dare una lezione a Fragalà. Ma questa, come le altre, anche se è tra le più accreditate al momento resta solo una ipotesi.
Nessun commento:
Posta un commento