Quando parlavano al telefono, per non farsi scoprire, temendo di essere intercettati, chiamavano i 'pizzinì pillole. E per la consegna dei messaggi più delicati ricorrevano ad escamotage a prova di polizia lanciando le lettere da e per uno dei capi di Cosa Nostra
PALERMO. Quando parlavano al telefono, per non farsi scoprire, temendo di essere intercettati, chiamavano i 'pizzinì pillole. E per la consegna dei messaggi più delicati ricorrevano ad escamotage a prova di polizia lanciando le lettere da e per il capomafia Mimmo Raccuglia giù da un viadotto dove altri emissari sapevano di trovarli. Oggi cinque postini del capomafia di Altofonte, accusati di associazione mafiosa, sono stati condannati complessivamente a oltre 37 anni di carcere dalla corte d'appello di Palermo.
Allo smistamento della corrispondenza del boss allora latitante la banda dedicava il week-end. I postini, tutti insospettabili, furono arrestati dalla polizia nel 2010. Mario Salvatore Tafuri, titolare della «Tafuri Costruzioni» e gestore dell'impianto di calcestruzzi Co. edil. cem di Altofonte ha avuto 9 anni di carcere. Stessa pena per l'imprenditore edile di Camporeale Girolamo Liotta e per un dipendente della Co.edil.cem Giacomo Bentivegna. A sette anni è stato condannato Giuseppe Campanella, impiegato del Comune di Salaparuta (Trapani); mentre tre anni e sei mesi sono stati inflitti a Marco Lipari, imprenditore agricolo di Camporeale.
Raccuglia venne catturato dopo 15 anni di latitanza. Soprannominato «il veterinario», il boss ha tre condanne all'ergastolo (una per l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo). Durante la sua latitanza, nonostante i servizi di osservazione disposti nei confronti della moglie, Raccuglia riuscì a diventare padre per la seconda volta. Il boss era considerato uno degli aspiranti al vertice della
mafia palermitana essendo il capo incontrastato delle cosche a Partinico grosso centro fra Palermo e Trapani.
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