Una lettera che il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari ha definito «interessante anche se non fa parte del fascicolo di indagine»
PALERMO. Comincia con il lei, ma subito passa al tu. «Lei non sa, ma io, da circa un trentennio che la conosco. So un po’ tutto di Lei, anche perché un bel po’ di amici li abbiamo avuto in comune. Pertanto mi perdoni se le do del tu».
A scrivere è il pentito Gaspare Spatuzza e il destinatario della lettera il «Gentilissimo Pietro Aglieri». Una lettera che il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari ha definito «interessante anche se non fa parte del fascicolo di indagine». U’ Tignusu scrive a U’ Signurinu e lo fa - come lui stesso specifica - «in un momento della mia vita molto particolare». Spatuzza è già pentito da tempo quando decide di scrivere al capomandamento di Santa Maria di Gesù. Scrive al boss che aveva avuto «tentennamenti» di pentimento, poi «trasformati» in dissociazione. Scrive al boss che quando venne arrestato si era da poco alzato dall’inginocchiatoio dell’altare che aveva fatto realizzare nel suo covo.
Scrive e punta l’indice Spatuzza. Lo fa quando fa riferimento agli «innocenti» che sono stati condannati per la strage di via D’Amelio e quando scrive sono ancora in carcere (successivamente saranno scarcerati su richiesta della Procura nissena in attesa della revisione del processo ndr).
Scrive e punta l’indice Spatuzza. Lo fa quando fa riferimento agli «innocenti» che sono stati condannati per la strage di via D’Amelio e quando scrive sono ancora in carcere (successivamente saranno scarcerati su richiesta della Procura nissena in attesa della revisione del processo ndr).
«Nel 1998 - si legge nella lettera - trovandomi nel carcere di Parma ho incontrato un ragazzo, Tanino Murana. Posso assicurarti che non avevo il coraggio neanche di guardarlo ”e tu sai perché”. Mi faceva pena soprattutto quando mi parlava del suo bambino. Lo faceva con le lacrime agli occhi. Era certo che nel processo sarebbe stato scagionato. ma sappiamo bene come è andata a finire». E ancora Spatuzza che scrive: «Nel carcere dell’Aquila incontro un’altra persona indagata per gli stessi fatti, Orofino. A questo proprio non avevo nemmeno la forza di guardarlo ”e tu sai perché”. Provavo un immenso dolore a tal punto di evitarlo il più possibile».
U’ Tignusu continua e racconta di un altro incontro, poco tempo prima di pentirsi: «Nel carcere di Ascoli incontro Totò Profeta. Da un bel po’ di anni avevo intrapreso questo bellissimo percorso spirituale e devo dirti che sicuramente per questo a momenti mi inginocchiavo ai suoi piedi per chiedergli perdono ”e tu sai perché”». Ma ecco giungere la «riflessione». «Ora, Pietro voglio dirti che al di la delle condanne che hanno riportato questi nostri fratelli, essendo anche loro figli di Dio, il mio pensiero va sempre a tutte le loro famiglie. Come si può restare impassibili di fronte a una tragedia del genere. Tu figli non ne hai, ma vallo a fare capire ai ragazzi che chi poteva scagionare il papà non l’ha fatto per via di quella cosa che si chiama ”uomo d’onore” e sappiamo che questa espressione si trova solo sulla carta». Spatuzza prosegue affermando che tutte le sere il suo pensiero «va a tutte le vedove e agli orfani che per nostra volontà gli abbiamo distrutto l’esistenza». E finisce con il dire: «Per conoscenza alla parola ”e tu sai perché” in riferimento a Murana ecc. l’ho detto perché sono sicuro che tu sai benissimo che tutta questa gente è innocente».
GIUSEPPE MARTORANA
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