In appello riconosciute le attenuanti generiche per Gaetano Cinà e i suoi figli Francesco e Massimiliano. Sono accusati di aver massacrato due uomini, Vincenzo Chiovaro e Antonino Lupo, con un grosso coltello, nella piazza principale del quartiere
PALERMO. La corte d'assise d'appello di Palermo ha ridotto da 20 a 16 anni la condanna per Gaetano Cinà e i suoi figli Francesco, di 31 anni, e Massimiliano, di 29, accusati di aver massacrato due uomini - Vincenzo Chiovaro e Antonino Lupo - con un grosso coltello, nella piazza principale del mercato nel quartiere popolare Borgo Vecchio, a Palermo.
Ai tre, assistiti dagli avvocati Marco Clementi e Giuseppe farina, sono state riconosciute le attenuanti generiche. L'omicidio risale al 23 aprile del 2002, ma gli imputati, che hanno scelto il rito abbreviato, furono arrestati nel 2009 grazie al racconto di Fabio Nuccio, collaboratore di giustizia come il fratello Antonino, che ha raccontato di aver assistito all'assassinio. Dietro al delitto, secondo gli investigatori, ci sarebbe stata una violenta lite scoppiata tra i Cinà e le vittime che avevano rubato la moto di uno degli imputati e avevano preteso del denaro in cambio della restituzione della refurtiva. Fabio Nuccio ha fornito agli investigatori della squadra mobile la ricostruzione della dinamica dell'assassinio e i nomi dei tre assassini.
Ai tre, assistiti dagli avvocati Marco Clementi e Giuseppe farina, sono state riconosciute le attenuanti generiche. L'omicidio risale al 23 aprile del 2002, ma gli imputati, che hanno scelto il rito abbreviato, furono arrestati nel 2009 grazie al racconto di Fabio Nuccio, collaboratore di giustizia come il fratello Antonino, che ha raccontato di aver assistito all'assassinio. Dietro al delitto, secondo gli investigatori, ci sarebbe stata una violenta lite scoppiata tra i Cinà e le vittime che avevano rubato la moto di uno degli imputati e avevano preteso del denaro in cambio della restituzione della refurtiva. Fabio Nuccio ha fornito agli investigatori della squadra mobile la ricostruzione della dinamica dell'assassinio e i nomi dei tre assassini.
Aveva una piccola pensione di invalidità Giovanni Vancheri, l'uomo che stamani si è suicidato dandosi fuoco incendiandosi all'interno della sua auto. Il vitalizio gli era stato concesso perché Vancheri era cardiopatico, ma era troppo poco per sbarcare il lunario e mantenere dignitosamente la sua famiglia. Così cercava di arrotondare le sue magre entrate svolgendo qualche lavoro di idraulica, dato che diversi anni fa aveva un laboratorio artigianale che poi ha dovuto chiudere quando le sue condizioni di salute sono peggiorate.
Vancheri, però, soffriva per la carenza di lavoro e ciò gli aveva procurato un lieve stato depressivo, secondo le testimonianze raccolte dai carabinieri. Inoltre incombevano le bollette e doveva anche mantenere la moglie e la figlia di 14 anni, studentessa al primo anno delle scuole superiori. Una situazione che non è riuscito più a sostenere, da qui la decisione stamani di recarsi nella casa di campagna che possedeva assieme ai due fratelli in contrada Portella Bifuto, nella parte alta di San Cataldo.
Non ha lasciato neanche un biglietto per spiegare i motivi del suicidio, ma solo i documenti della sua Punto e qualche banconota. Poi si è diretto in giardino, si è chiuso dentro l'utilitaria e si è cosparso di benzina appiccando il fuoco. A ritrovarlo sono stati i vigili del fuoco e gli stessi fratelli che erano stati avvertiti da alcuni vicini di casa allarmati per la colonna di fumo che si stava alzando dal cortile dell'abitazione dei Vancheri. Difficile il riconoscimento del cadavere anche se i familiari non hanno avuto dubbi sul fatto che si trattasse proprio del loro congiunto.
Vancheri, però, soffriva per la carenza di lavoro e ciò gli aveva procurato un lieve stato depressivo, secondo le testimonianze raccolte dai carabinieri. Inoltre incombevano le bollette e doveva anche mantenere la moglie e la figlia di 14 anni, studentessa al primo anno delle scuole superiori. Una situazione che non è riuscito più a sostenere, da qui la decisione stamani di recarsi nella casa di campagna che possedeva assieme ai due fratelli in contrada Portella Bifuto, nella parte alta di San Cataldo.
Non ha lasciato neanche un biglietto per spiegare i motivi del suicidio, ma solo i documenti della sua Punto e qualche banconota. Poi si è diretto in giardino, si è chiuso dentro l'utilitaria e si è cosparso di benzina appiccando il fuoco. A ritrovarlo sono stati i vigili del fuoco e gli stessi fratelli che erano stati avvertiti da alcuni vicini di casa allarmati per la colonna di fumo che si stava alzando dal cortile dell'abitazione dei Vancheri. Difficile il riconoscimento del cadavere anche se i familiari non hanno avuto dubbi sul fatto che si trattasse proprio del loro congiunto.
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