Continua l'interrogatorio a Roma nell'ambito del processo All Inside alla famiglia Pesce. La pentita fa riferimento all'appoggio dato dal boss all'ex assessore regionale e fa anche il nome dell'ex sindaco di Rosarno e attuale assessore provinciale Gaetano Rao: «La cosca aveva il controllo totale delle elezioni comunali»
REGGIO CALABRIA – Ha parlato dei condizionamenti politici che riusciva ad esercitare la cosca Pesce, rispondendo alle domande dei pm Alessandra Cerreti e Giulia Pantano, la pentita Giuseppina Pesce nella deposizione fatta oggi nell’udienza del processo All Inside svoltasi nell’aula bunker del carcere romano di Rebibbia. Dopo la magistratura, per la quale ha fatto il nome del giudice Corrado Carnevale (il quale ha subito smentito), la rete della cosca descritta dalla pentita si allarga al mondo politico. Nelle altre deposizioni sono stati affrontati anche il tema del ruolo delle donne nel clan e gli interessi negli appalti e nel racket delle estorsioni.
Secondo Giuseppina, nelle elezioni comunali di Rosarno, il clan appoggiava i candidati che promettevano di aiutare il gruppo criminale. I Pesce, inoltre, secondo la pentita, avrebbero assicurato sostegno elettorale all’ex assessore regionale Pietro Fuda - ex presidente della Provincia di Reggio Calabria ed attuale consigliere provinciale - e all’ex sindaco di Rosarno negli anni '80 Gaetano Rao, attualmente assessore provinciale. Dei presunti collegamenti di Rao con la cosca Pesce aveva già parlato, in passato, un altro pentito, Salvatore Facchinetti, anch’egli ex esponente della cosca di Rosarno. I Pesce, a detta della pentita, avevano «il controllo totale delle elezioni comunali, indicando in maniera precisa chi bisognava votare». La cosca attuava un vero e proprio “controllo militare» del seggio elettorale. «Mio cugino Francesco (figlio del capo della cosca Antonino, ndr) – ha detto la pentita – accompagnava materialmente fino a dentro il seggio ciascun elettore ed imponeva quali candidati votare».
Giuseppina Pesce, nella deposizione, è tornata anche sui motivi che l’hanno indotta a collaborare con la giustizia. «Non ho ricevuto – ha detto – nessuna pressione da parte dagli organi inquirenti, nè nella prima fase della collaborazione nè quando l'ho ripresa nel luglio del 2011. È stata una scelta che mi è costata molta sofferenza e che ho deciso di assumere per evitare che i miei figli diventassero anche loro dei mafiosi». Alla domanda dei pm se teme per la sua vita Giuseppina pesce ha risposto di sì sostenendo che il fratello Francesco «non si rassegnerà mai».
Nel pomeriggio, dopo la conclusione dell’esame di Giuseppina Pesce da parte dei pm, è cominciato il controesame ad opera dei difensori degli imputati. Hanno posto domande alla pentita i legali di Antonino Pesce e Francesco Pesce, Francesco Di Marte, che è latitante, e Andrea Fortugno. Il controesame proseguirà anche sabato sempre a Roma. Nella stessa giornata, sulla base delle richieste dei difensori, si deciderà se proseguire nella prossima settimana il controesame sempre a Roma oppure in videoconferenza a Palmi.
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