Il collaboratore di giustizia Consolato Villani nel corso dell'interrogatorio del pm Ronchi ha rivelato l'avvicinamento di Antonino Lo Giudice a Pasquale Condello e di come si stessero intrecciando i rapporti tra le due famiglie
REGGIO CALABRIA - La cosca Lo Giudice rimandò indietro una grossa parte di un’estorsione, 80 mila euro, inviatagli da Pasquale Condello, perché non ne aveva bisogno. Lo ha rivelato questa mattina nell’aula bunker di Reggio Calabria il collaboratore di giustizia Consolato Villani, interrogato quale testimone dal pm Beatrice Ronchi nell’ambito del processo a presunti esponenti della cosca Lo Giudice. Villani ha spiegato l’avvicinamento di Antonino Lo Giudice a Pasquale Condello, e di come quest’ultimo intorno al 2005 volesse affidare a Lo Giudice il ruolo di suo uomo di fiducia per i locali di Santa Caterina e San Brunello. «Un suo rappresentante per conto della cosca Condello – ha specificato Villani – che era latitante». «E i Condello effettivamente mandavano le estorsioni ai Lo Giudice – ha raccontato ancora Villani – fino a un certo punto; hanno mandato l’estorsione, una somma non ricordo, circa 80 mila euro, ma Nino insieme al fratello Luciano Lo Giudice, la somma gliel'hanno mandata indietro». «Non l’hanno voluta – ha chiarito il collaboratore di giustizia – perché non hanno bisogno, gli hanno detto «abbiamo le attività e possiamo vivere senza nessun problema, di darla a chi ne aveva più bisogno». Il collaboratore ha poi aggiunto che «Nino Lo Giudice mi aveva chiesto di trovare una casa per Pasquale Condello, che era latitante, ma io rifiutai. Io ho rifiutato – ha proseguito Villani ricordando che Luciano Lo Giudice nel frattempo era divenuto confidente delle forze dell’ordine – perché ho capito che c'era qualcosa con lo Stato». «Se trovavo io la casa per la latitanza di Condello - ha concluso su quest’argomento il collaboratore, spiegando le ragioni del rifiuto – e poi Condello veniva arrestato, di chi era la colpa?».
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