giovedì 1 dicembre 2011

Lea, la donna sciolta nell'acido il processo riparte da zero

Tutto da rifare dopo la nomina del giudice Grisolia, che presiedeva la Corte d'assise, al ministero della Giustizia

 Milano
I giudici della prima corte d’assise di Milano, presieduta da Anna Introini che ha sostituito Filippo Grisolia, diventato capo di gabinetto al ministero della Giustizia, hanno deciso, accogliendo le richieste delle difese, che il processo con al centro la morte di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia sciolta nell’acido, deve ripartire da zero.

Fino al momento della nomina a via Arenula, Grisolia era presidente della Corte d’assise di Milano, davanti alla quale era in corso il processo. Al processo per la morte di Lea Garofalo , le difese degli imputati non hanno dato il consenso a che il nuovo collegio acquisisse le testimonianze rese in aula fino a quel momento, tra cui quella della figlia della donna uccisa. Proprio a seguito del clamore della vicenda, il Csm ha chiesto al presidente del tribunale di Milano Livia Pomodoro

dati dettagliati sullo stato dei singoli processi di cui si stava occupando Grisolia, soprattutto per valutare se vi fossero rischi scarcerazioni di imputati-detenuti per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Ecco la risposta arrivata a Palazzo dei marescialli: «alcuni contenuti ritardi» saranno «inevitabili», ha scritto Pomodoro; ma grazie alla tempestiva nomina di un presidente applicato che affiancherà il presidente supplente della Corte d’assise, non ci saranno «riflessi negativi sulla celebrazione e conclusione tempestiva dei processi pendenti».

La figlia della pentita, Denise, aveva sollevato il caso: per lei era stato, com'è comprensibile, terribile denunciare suo padre per la morte della madre e testimoniare al processo. Se entro luglio non arriverà la sentenza di primo grado i sei imputati, ora in carcere, tra i quali Carlo Cosco,
l’ex convivente di Lea Garofalo, potrebbero ritornare in libertà per la scadenza dei termini di custodia cautelare. I sei vennero arrestati a ottobre dell’anno scorso dai carabinieri di Milano coordinati dal pm della Dda Marcello Tatangelo e dalla collega Maria Letizia Mannella.

Denise, figlia della donna vittima di un caso di lupara bianca e del principale imputato, Cosco,
costretta a vivere sotto tutela e che per prima ha denunciata la scomparsa della madre, ha avuto il coraggio di costituirsi parte civile contro il padre. La giovane lo scorso settembre, per due udienze, da dietro un paravento, aveva ricostruito gli ultimi attimi vissuti con sua madre e raccontato la sua storia di figlia costretta per un anno a vivere con chi aveva ucciso la persona a cui era più

legata al mondo con il timore «di fare la stessa fine». E poi aveva definito quella di costituirsi parte civile contro il padre una «scelta di libertà interiore per ripartire con la vita».

Lea Garofalo, secondo le indagini, è stata uccisa a causa della sua decisione di collaborare con la giustizia e di offrire una testimonianza su alcuni fatti che riguardavano il clan al quale sarebbe affiliato l’ex convivente. Così fra il 24 e il 25 novembre di due anni fa, è stata rapita a Milano davanti all’Arco della Pace, poi torturata affinchè raccontasse quello che aveva rivelato agli inquirenti e uccisa con un colpo di pistola alla nuca. Il cadavere infine venne sciolto nell’acido, questa l’ipotesi, in un terreno nel Comune di San Fruttuoso, non molto distante da Monza.

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