venerdì 4 novembre 2011

Concussione e riciclaggio a Palermo, in cella funzionario comunale e il figlio

Arrestato Francesco La Rocca, avrebbe costretto due imprenditori a versare 12 mila euro prospettando inesistenti irregolarità e ostacoli burocratici per ottenere le autorizzazioni all'agibilità dei locali. Conivolto anche Giacomo, il figlio ingegnere


PALERMO. Concussione e riciclaggio, queste le accuse di un funzionario del Comune di Palermo e del figlio ingegnere, finiti questa mattina in manette. Gli arrestati sono Francesco La Rocca, 62 anni, funzionario comunale, ed il figlio Giacomo, di 31 anni, ingegnere libero professionista.

Secondo l’accusa Francesco La Rocca, indagato per concussione, nella sua qualità di pubblico ufficiale, nello specifico quale responsabile del servizio Infrastrutture per la mobilità dell'ufficio Opere pubbliche del Comune di Palermo (e oggi dirigente dell'Area Infrastrutture - ufficio opere pubbliche - Servizio Edilizia Scolastica), avrebbe costretto due imprenditori palermitani a versare 12 mila euro prospettando loro inesistenti irregolarità e pretestuosi ostacoli burocratici per ottenere le richieste autorizzazioni all'agibilità dei locali aziendali.

Il figlio Giacomo è invece indagato per riciclaggio per aver ricevuto il provento della concussione e successivamente compiuto atti diretti a ostacolare l'accertamento della provenienza delittuosa di tale somma.

Questa mattina i carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Palermo hanno eseguito le due misure cautelari in carcere disposte dal gip Maria Pino, su richiesta del procuratore aggiunto Leonardo Agueci e del sostituto Calogero Paci.

La vicenda è emersa all’interno di una attività investigativa condotta dal Ros in merito a presunti rapporti tra elementi di Cosa nostra ed esponenti dell'imprenditoria del capoluogo. In tale quadro, grazie alle intercettazioni ambientali all'interno dello studio di un professionista, si è scoperto il passaggio di denaro risalente al periodo luglio-ottobre 2009.

In particolare, sfruttando la propria posizione La Rocca padre avrebbe avvicinato il professionista ed i responsabili di una società che da quest'ultimo avevano acquistato un terreno a Palermo. Le intercettazioni nell’ufficio hanno permesso di documentare sia le indebite pressioni del funzionario comunale che le successive richieste di denaro, dissimulate attraverso una fittizia consulenza professionale assegnata al proprio figlio, al fine di rimuovere gli impedimenti procedurali al progetto imprenditoriale.

Gli accertamenti sui conti bancari dei due indagati riscontravano l’incasso di un assegno per una cifra corrispondente a quella concordata (circa 12.000 euro) mentre le successive dichiarazioni delle parti offese confermavano lo sviluppo della vicenda e le condotte illecite segnalate all’esito dell’attività tecnica.

"La Rocca era al centro di un sistema"
 
PALERMO. Per dissimulare la tangente incassata fingeva che il figlio, Giacomo La Rocca, ingegnere, avesse effettuato una consulenza per la vittima: in questo modo la mazzetta di 12 mila euro, pretesa per concedere a due imprenditori un'autorizzazione all'agibilità di alcuni locali era stata regolarmente fatturata.


Ma per i carabinieri che oggi hanno arrestato il professionista, accusato di riciclaggio, e il padre Francesco La Rocca responsabile del servizio infrastrutture per la mobilità dell'ufficio opere pubbliche del Comune di Palermo questo episodio sarebbe solo la punta dell'iceberg di un sistema di tangenti in cui il pubblico ufficiale si sarebbe mosso con grande disinvoltura.

La Rocca padre, arrestato per concussione, avrebbe, come si evince dalle intercettazioni, chiesto agli imprenditori taglieggiati inizialmente 50 mila euro per risolvere gli ostacoli procedurali che erano nati nell'iter di rilascio dell'autorizzazione all'agibilità dei locali. La richiesta di denaro era poi scesa a 12 mila euro consegnati al funzionario dalle vittime.

I carabinieri, che si sono imbattuti quasi per caso, nell'ambito di un'altra indagine, nella vicenda, hanno effettuato una serie di accertamenti documentali che hanno confermato quanto era emerso dalle intercettazioni. La tangente era stata pagata con un assegno bancario e regolarmente fatturata.

Solo davanti alle prove schiaccianti raccolte dai militari le vittime hanno ammesso di aver pagato.

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