sabato 26 novembre 2011

Scattone professore nella scuola di Marta Russo

La famiglia indignata, lui: "Perché no?" I genitori della ragazza: "E' stato profanato il luogo dove nostra figlia ha studiato"


I genitori di Marta Russo, la studentessa uccisa nel 1997 da un colpo di pistola all'università La Sapienza, criticano l'assegnazione della cattedra nel liceo romano frequentato dalla figlia a Giovanni Scattone, condannato a 5 anni e 2 mesi per omicidio colposo di Marta. Per i Russo la notizia è "la profanazione del luogo in cui nostra figlia ha trascorso gli ultimi anni prima di iscriversi all'università dove ha trovato la morte".

"Ti senti come perseguitato dal destino, ma tanto è inutile perché non ci si può far nulla", commenta Aureliana Russo, madre di Marta. Sua figlia fu uccisa da un colpo di pistola all'università La Sapienza sparato, secondo la legge, da Giovanni Scattone che per una sorta di fatale coincidenza dall'inizio dell'anno ha visto assegnarsi la cattedra di Storia e Filosofia al liceo Cavour, lo stesso frequentato per tre anni dalla vittima.

"All'inizio dell'anno la madre di una alunna del Cavour mi telefonò sconvolta - racconta - per dirmi la novità: Scattone insegnava lì. Mi disse che volevano fare qualcosa per protestare, ma poi non ho più sentito nessuno, né tantomeno ho telefonato io. Del resto con chi me la potrei prendere? Con l'ultima sentenza Scattone non è più interdetto dai pubblici uffici, quindi... Capisco che si debba guadagnare il pane ma dovrebbe fare un altro mestiere. Dopo un delitto così atroce, lui non può essere un educatore di giovani; proprio lui non può insegnare filosofia. In tutte le scuole dove è andato ad insegnare i genitori si sono ribellati ma non hanno potuto far niente. E' la legge".

Scattone: "Non capisco perché non dovrei insegnare"
"Mi dovrei astenere dall'insegnamento? E perché? Io mi sono sempre dichiarato innocente. Con tutto il rispetto per i parenti di Marta Russo io sono sereno e non vedo perché non dovrei insegnare storia e filosofia". Così in un'intervista al Corriere della Sera, Giovanni Scattone si difende. "Vado dove mi si chiama. Sono un precario - dice - sposato con un'insegnante anche lei precaria". Quanto a polemiche anche in altri istituti per la sua presenza ha detto: "Non mi risulta. L'unica polemica fu innescata sette anni fa da un articolo di un quotidiano. Mi si contestava l'opportunità di insegnare al Primo Levi. In tutti questi anni tra i colleghi e gli studenti non ho mai trovato contestazioni di sorta".

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