mercoledì 16 novembre 2011

Processo Vitrano, parla l'imprenditore che denunciò il deputato

"Arrivò con l'auto blu, ci disse di seguirlo negli uffici dell'Azienda sanitaria provinciale di Palermo, in via Cusmano. E lì gli diedi la busta"

PALERMO. "Era stato il mio socio, Davide Di Vita, a portare alla nostra azienda, la Tecnotel, quei lavori a Roccamena (Pa) e Francofonte (Sr) per impianti fotovoltaici. Quando gli chiesi come li aveva avuti mi disse che era stato l'ingegnere Piergiorgio Ingrassia, che poi fu il direttore dei lavori nei cantieri. Da lì sono cominciati tutti i problemi".

Gianni Correro, l'imprenitore che ha denunciato Ingrassia e il deputato regionale del Pd, Gaspare Vitrano, per concussione ha testimoniato questa mattina davanti alla terza sezione del Tribunale di Palermo. Nel processo è imputato solo il deputato, mentre Ingrassia, che ha collaborato con gli inquirenti, ha patteggiato la condanna a due anni. Correro ha raccontato le pressioni di Ingrassia affinché versasse la tangente di diecimila euro e la sua decisione di denunciarlo il 4 marzo.

Poi Vitrano è stato arrestato, con la mazzetta nel giubbotto, l'11 marzo scorso. Il giorno prima, il 10 marzo, Correro aveva appuntamento con Ingrassia, che si è presentato davanti al Credem di viale Lazio. "In quell'occasione - ha detto Correro - mi spiegò di nuovo quello che già mi aveva detto quando mi chiese i soldi e cioé che io avevo avuto quei lavori grazie al suo intervento e a seguito di una richiesta espressa di due politici. Mi disse anche che questi due erano l'onorevole Vitrano e l'onorevole Bonomo".

Il pomeriggio dell'11 marzo i tre avevano appuntamento in un bar in via Principe di Belmonte, all'angolo con via Wagner. Correro aveva una microspia. "Poco prima che arrivasse Vitrano - ha proseguito - Ingrassia mi disse: se non paghi non potrai più lavorare. Poi arrivò Vitrano, verso le 18, con l'auto blu. Il deputato ci disse di seguirlo negli uffici dell'Azienda sanitaria provinciale di Palermo, in via Cusmano. E lì gli diedi la busta". Il deputato del Pd si è sempre difeso dicendo che il denaro nella busta non era una tangente ma una parte dei proventi di una delle aziende del fotovoltaico di cui era socio di fatto. Il processo è stato rinviato al 7 dicembre.

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