di MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - Tra il 2012 e il 2013 l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia ha trasmesso alla guardia di finanza una ventina di segnalazioni antiriciclaggio relative ad esponenti politici pugliesi. Prelievi o depositi di denaro contante, cambio assegni, bonifici da mittenti o verso destinatari «particolari», soprattutto nell’imminenza di scadenze elettorali. Almeno quattro di quelle segnalazioni, secondo quanto la «Gazzetta» ha appreso da una fonte qualificata, riguardano consiglieri regionali o loro congiunti. Quelle relative ai «personaggi politicamente esposti» sono una fetta molto particolare delle 3.091 segnalazioni di operazione sospetta partite nel 2012 dalla Puglia.
Per politicamente esposto si intende chiunque ricopra incarichi collegati alla politica, dunque dai parlamentari ai consiglieri circoscrizionali, passando - ad esempio - per i consiglieri di amministrazione delle società pubbliche. Nel 2012 - spiega l’ultima relazione al parlamento della Uif - «è cresciuta l’attenzione del sistema sui rapporti accesi a nome di partiti politici o loro esponenti, o di soggetti ad essi collegati, al fine di rilevare eventuali anomalie operative. Tale attività di controllo ha prodotto un numero significativo di segnalazioni di operazioni sospette, incentrate prevalentemente su un utilizzo anomalo di denaro contante e anche, in alcuni casi, sulla commistione tra conti personali e conti dei partiti/movimenti politici».
Non tutte le segnalazioni antiriciclaggio si trasformano in procedimenti penali, anche perché spesso le operazioni che «sembrano» sospette possono avere una spiegazione legittima che viene però ricostruita a posteriori. Nel caso dei pugliesi, ad esempio, lo scorso anno la Finanza ha verificato la segnalazione relativa alla moglie di un consigliere regionale: dal suo conto corrente era partito un bonifico, di una cifra non elevatissima, verso un’associazione della Bat presieduta da un sottufficiale delle forze dell’ordine. Il sospetto era che quel bonifico, motivato come un contributo all’associazione, potesse in realtà nascondere una tangente da parte del politico oppure una estorsione ai suoi danni: per questo le Fiamme gialle hanno ascoltato gli interessati, ricostruendone i rapporti reciproci.
Rispetto al riciclaggio «classico» (il reimpiego di capitali illeciti nel circuito legale), le segnalazioni che riguardano i politici a volte fanno emergere ipotesi di reato collaterali. Basti pensare, ad esempio, all’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, il cui caso è partito proprio da una segnalazione Uif. Oppure, per tornare all’esempio pugliese, al fascicolo d’indagine che riguarda reati fallimentari e che è nato a inizio 2013 proprio da una segnalazione antiriciclaggio su persona politicamente esposta: tra il commissario giudiziale (che è anche consigliere regionale) e l’amministratore di una importante società commerciale negli scorsi anni sono stati scambiati assegni per diverse decine di migliaia di euro. Il commissario (che al momento non è indagato) è stato ascoltato dalla procura di Bari insieme a diversi altri testimoni: l’obiettivo è chiarire la natura di quei passaggi di denaro, per escludere che possano essere collegati ad episodi corruttivi o magari al finanziamento illecito dell’attività politica.
La maggioranza delle altre segnalazioni sui politici partite dalla Puglia riguarda però l’utilizzo anomalo dei contanti, un fenomeno ancora molto diffuso: si tratta ad esempio di prelievi molto consistenti (oltre i 2.500 euro) che normalmente fanno scattare l’allarme perché (nel caso ad esempio di un imprenditore) potrebbero far pensare a pagamenti in nero piuttosto che a tangenti. Quando l’operazione viene effettuata da personaggi politici, però, il livello d’allarme è ancora maggiore in quanto il rischio di reato è ancora più alto, e per la verifica vengono utilizzati protocolli ancora più precisi: in caso di depositi in contanti per importi che appaiono ingiustificati, ad esempio, scatta di norma anche il monitoraggio degli investimenti mobiliari e immobiliari. Stesso discorso riguarda, ad esempio, le società appaltatrici della pubblica amministrazione, che oltre ad avere un conto corrente dedicato devono dichiarare in ogni operazione anche il codice dell’appalto cui si riferisce.
Un obbligo che serve, come ovvio, a monitorare le operazioni in nero da cui spesso si alimenta il meccanismo delle tangenti. Ed è anche il motivo per cui, ormai, le valigette piene di contante sono relegate ai film: oggi le tangenti si pagano con ben altri meccanismi
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