Sigilli a 400 immobili e 48 società
Nel mirino della guardia di finanza l’imprenditore Sebastiano Scuto, recentemente condannato in Appello a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa, e la sua famiglia. Il provvedimento comprende anche decine di conti bancari
di GERARDO MARRONE
CATANIA. Oltre 400 immobili e 48 società tra Milano e Catania, Siracusa, Enna e Reggio Emilia, patrimonio di quello che fu il "re dei supermercati" Sebastiano Scuto e della sua famiglia, sono stati sequestrati in queste ore dalla Guardia di finanza su ordine della Procura generale del Tribunale di Catania. Scuto era stato recentemente condannato in Appello a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa. Il provvedimento comprende anche decine di conti bancari. La Procura generale in una nota sottolinea come "la misura cautelare reale non ha alcuna ricaduta negativa sulla procedura di concordato in corso" che interessa supermercati e centri commerciali della "Aligrup". I magistrati precisano che "le legittime aspettative dei lavoratori, dei creditori, di acquirenti e aspiranti acquirenti dei beni possono trovare maggiore garanzia".
Il sequestro preventivo, eseguito dalla guardia di finanza, è stato disposto dalla prima sezione penale della Corte d'appello su richiesta del Procuratore generale del capoluogo etneo, Giovanni Tinebra. Sigilli sono stati posti a beni per i quali era stata disposta la confisca con la sentenza di secondo grado all'imprenditore, condannato, lo scorso aprile, a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa.
La sentenza non è definitiva, e per questo è stato disposto il sequestro preventivo e non la confisca. Il provvedimento, eseguito dalla polizia tributaria della guardia di finanza di Catania, riguarda 409 immobili, tra terreni e fabbricati, di proprietà di Sebastiano Scuto, della moglie e dei loro tre figli. Sequestrati anche tutti i beni (quote societarie o azionarie, mobili, immobili, conti correnti e quant'altro) appartenenti a 48 società intestate alla famiglia Scuto. Sono in corso di esecuzione anche i sequestri di conti correnti e rapporti con istituti di credito e finanziari delle varie società indagate.
La Corte d'appello di Catania, il 18 aprile scorso, ha ribaltato, in parte, la sentenza di primo grado, emessa il 16 aprile del 2010 dalla seconda sezione penale del Tribunale di Catania, che lo aveva assolto dall'accusa di avere gestito a Palermo centri commerciali in comune con i boss Bernardo Provenzano e i fratelli Lo Piccolo e dissequestrato tutti i beni dell'imprenditore, confiscandone "una quota ideale del 15%". I giudici di secondo grado lo hanno infatti riconosciuto colpevole di collegamenti con la mafia palermitana e disposto la confisca di tutti beni, nella misura in cui era stata decisa dal Gip in sede d'inchiesta. La difesa di Scuto ha sempre sostenuto che il 're dei supermercati' in Sicilia avrebbe agito da "vittima di estorsioni da parte delle mafia" e che "pagava il clan per evitare ritorsioni personali".
Il sequestro preventivo, eseguito dalla guardia di finanza, è stato disposto dalla prima sezione penale della Corte d'appello su richiesta del Procuratore generale del capoluogo etneo, Giovanni Tinebra. Sigilli sono stati posti a beni per i quali era stata disposta la confisca con la sentenza di secondo grado all'imprenditore, condannato, lo scorso aprile, a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa.
La sentenza non è definitiva, e per questo è stato disposto il sequestro preventivo e non la confisca. Il provvedimento, eseguito dalla polizia tributaria della guardia di finanza di Catania, riguarda 409 immobili, tra terreni e fabbricati, di proprietà di Sebastiano Scuto, della moglie e dei loro tre figli. Sequestrati anche tutti i beni (quote societarie o azionarie, mobili, immobili, conti correnti e quant'altro) appartenenti a 48 società intestate alla famiglia Scuto. Sono in corso di esecuzione anche i sequestri di conti correnti e rapporti con istituti di credito e finanziari delle varie società indagate.
La Corte d'appello di Catania, il 18 aprile scorso, ha ribaltato, in parte, la sentenza di primo grado, emessa il 16 aprile del 2010 dalla seconda sezione penale del Tribunale di Catania, che lo aveva assolto dall'accusa di avere gestito a Palermo centri commerciali in comune con i boss Bernardo Provenzano e i fratelli Lo Piccolo e dissequestrato tutti i beni dell'imprenditore, confiscandone "una quota ideale del 15%". I giudici di secondo grado lo hanno infatti riconosciuto colpevole di collegamenti con la mafia palermitana e disposto la confisca di tutti beni, nella misura in cui era stata decisa dal Gip in sede d'inchiesta. La difesa di Scuto ha sempre sostenuto che il 're dei supermercati' in Sicilia avrebbe agito da "vittima di estorsioni da parte delle mafia" e che "pagava il clan per evitare ritorsioni personali".
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