Il pm Di Matteo ha concluso l’atto di accusa all’udienza preliminare. L’ex ministro Mannino ha chiesto il rito abbreviato
PALERMO. Il pm Nino Di Matteo ha concluso l'atto di accusa all'udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia con la richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli 11 imputati. Di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato sono accusati i boss Luca Bagarella; Totò Riina, Giovanni Brusca e Nino Cinà, gli ex ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, il senatore Marcello Dell'Utri e l'ex ministro Calogero Mannino. Per Massimo Ciancimino l'accusa è di concorso in associazione mafiosa, mentre per l'ex ministro Nicola Mancino di falsa testimonianza. Nel procedimento era imputato anche il boss Bernardo Provenzano, ma la sua posizione è stata stralciata.
L'ex ministro Calogero Mannino, ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato. 'istanza è stata fatta al gup Piergiorgio Morosini che sta celebrando l'udienza. Il giudice si è riservato la decisione.
L'ex ministro Calogero Mannino, ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato. 'istanza è stata fatta al gup Piergiorgio Morosini che sta celebrando l'udienza. Il giudice si è riservato la decisione.
Trattativa Stato-Mafia, Pisanu:
no trattativa ma parziale intesa fra le parti
Beppe Pisanu, presidente della commissione Antimafia, conclude così l’inchiesta sulle stragi del 1992-’93. “Ci furono tra le due parti convergenze tattiche, ma strategie divergenti”. E sull’attentato a Falcone: fu necessaria una "speciale competenza tecnica. Mi chiedo: 'cosa nostra' ebbe consulenze tecnologiche dall'esterno?".
ROMA. "Sembra logico parlare, più che di una trattativa sul 41bis, di una tacita e parziale intesa tra parti in conflitto". Lo dice Beppe Pisanu a conclusione della inchiesta sulla trattativa e le stragi del '92-93 da parte della commissione Antimafia. Possiamo dire - spiega Pisanu nella sua relazione - "che ci fu almeno una trattativa tra uomini dello Stato privi di un mandato politico e uomini di 'cosa nostra' divisi tra loro e quindi privi anche loro di un mandato univoco e sovrano. Ci furono tra le due parti convergenze tattiche, ma strategie divergenti: i carabinieri del ROS volevano far cessare le stragi, i mafiosi volevano invece svilupparle fino a piegare lo Stato". E Pisanu avanza una serie di irrisolte domande "Piegarlo fino a qual punto? All'accettazione del papello o di qualche sua parte? A rigor di logica e a giudicare dai fatti, non si direbbe. Se 'cosa nostra' accettò una specie di trattativa a scalare, scendendo dal papello al più tenue contropapello e da questo al solo ridimensionamento del 41bis, mantenendo però alta la minaccia terrificante delle stragi, c'è da chiedersi se il suo reale obiettivo non fosse ben altro: e cioè il ripristino di quel regime di convivenza tra mafia e Stato che si era interrotto negli anni ottanta, dando luogo ad una controffensiva della magistratura, delle forze dell'ordine e della società civile che non aveva precedenti nella storia.
Certo, l'obiettivo era ambizioso, ma il momento, come ho già detto, era propizio per la mafia e per tutti i nemici dello stato democratico".
NO VERTICI ISTITUZIONI IN TRATTATIVA. "I vertici istituzionali e politici del tempo, dal Presidente della Repubblica Scalfaro ai Presidenti del Consiglio Amato e Ciampi, hanno sempre affermato di non aver mai neppure sentito parlare di trattativa. Penso che non possiamo mettere in dubbio la loro parola e la loro fedeltà a Costituzione e a Stato di diritto", dice Beppe Pisanu. Rimane tuttavia "il sospetto che, dopo l'uccisione dell'onorevole Lima, uomini politici siciliani, minacciati di morte, si siano attivati per indurre 'cosa nostra' a desistere dai suoi propositi in cambio di concessioni da parte dello Stato", aggiunge Pisanu nella sua relazione.
"In particolare Calogero Mannino, Ministro per il Mezzogiorno nella prima fase della trattativa (lasciò l'incarico nel giugno del 1992), avrebbe preso contatti al tal fine col Comandante del ROS Generale Subranni.
TECNICI ESTERNI PER UCCIDERE FALCONE? A Capaci fu necessaria una "speciale competenza tecnica per realizzare un innesco che evitasse l'uscita laterale dell'onda d'urto dell'esplosione e la concentrasse invece sotto la macchina di Falcone. Mi chiedo: 'cosa nostra' ebbe consulenze tecnologiche dall'esterno?". Lo dice Beppe Pisanu,presidente dell'Antimafia.
Pisanu rivela nella sua relazione finale un aspetto finora inedito o dimenticato della uccisione del magistrato a Capaci. "Sulle scene degli attentati e delle stragi, abbiamo visto comparire, qua e là, figure rimaste sconosciute, presenze esterne: da dove venivano? Gruppi politico-terroristici come "Falange Armata" rivendicarono tempestivamente degli attentati di "cosa nostra": come si spiega?",dice il Presidente.
"Solo negli ultimi anni è stato scoperto il gigantesco depistaggio delle indagini su Via d'Amelio, depistaggio che ha lungamente resistito al tempo e a ben due processi: chi lo organizzò e perchè furono lasciati cadere i sospetti che pure emersero fin dagli inizi?".
Certo, l'obiettivo era ambizioso, ma il momento, come ho già detto, era propizio per la mafia e per tutti i nemici dello stato democratico".
NO VERTICI ISTITUZIONI IN TRATTATIVA. "I vertici istituzionali e politici del tempo, dal Presidente della Repubblica Scalfaro ai Presidenti del Consiglio Amato e Ciampi, hanno sempre affermato di non aver mai neppure sentito parlare di trattativa. Penso che non possiamo mettere in dubbio la loro parola e la loro fedeltà a Costituzione e a Stato di diritto", dice Beppe Pisanu. Rimane tuttavia "il sospetto che, dopo l'uccisione dell'onorevole Lima, uomini politici siciliani, minacciati di morte, si siano attivati per indurre 'cosa nostra' a desistere dai suoi propositi in cambio di concessioni da parte dello Stato", aggiunge Pisanu nella sua relazione.
"In particolare Calogero Mannino, Ministro per il Mezzogiorno nella prima fase della trattativa (lasciò l'incarico nel giugno del 1992), avrebbe preso contatti al tal fine col Comandante del ROS Generale Subranni.
TECNICI ESTERNI PER UCCIDERE FALCONE? A Capaci fu necessaria una "speciale competenza tecnica per realizzare un innesco che evitasse l'uscita laterale dell'onda d'urto dell'esplosione e la concentrasse invece sotto la macchina di Falcone. Mi chiedo: 'cosa nostra' ebbe consulenze tecnologiche dall'esterno?". Lo dice Beppe Pisanu,presidente dell'Antimafia.
Pisanu rivela nella sua relazione finale un aspetto finora inedito o dimenticato della uccisione del magistrato a Capaci. "Sulle scene degli attentati e delle stragi, abbiamo visto comparire, qua e là, figure rimaste sconosciute, presenze esterne: da dove venivano? Gruppi politico-terroristici come "Falange Armata" rivendicarono tempestivamente degli attentati di "cosa nostra": come si spiega?",dice il Presidente.
"Solo negli ultimi anni è stato scoperto il gigantesco depistaggio delle indagini su Via d'Amelio, depistaggio che ha lungamente resistito al tempo e a ben due processi: chi lo organizzò e perchè furono lasciati cadere i sospetti che pure emersero fin dagli inizi?".
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