martedì 29 gennaio 2013

Mamma di due bimbi: «Stuprata per tre ore a Venezia, ora vivo nel terrore»



Avvicinata da un uomo che le aveva chiesto una
sigaretta. Critiche a un medico: «Mi ha detto "tutto passerà"»


VENEZIA - Per tre ore in balia dell'orco, sotto la minaccia di un taglierino. Tre ore lunghissime, interminabili, fatte di violenza e umiliazione. Tre ore della sua vita che non dimenticherà mai. Lei è una giovane di 35 anni residente nel Portogruarese, madre di due bambini, rispettivamente di 8 e 10 anni, che sabato notte ha detto di essere stata ripetutamente violentata.

Così ha raccontato anche alla polizia, come risulta dalla denuncia sottoscritta davanti agli agenti. Da oggi la donna starà per qualche giorno in una comunità indicata dal Centro antiviolenza e dalla Caritas di don Dino Pistolato, perché ha paura che quell'uomo, che ha denunciato e contribuito a fare identificare dalla squadra mobile di Venezia, la possa trovare e identificare. Ma prima di partire ha voluto trovare la forza di rendere pubblico il dramma che ha vissuto: «Per mettere in guardia altre donne - afferma - e perché non è giusto che chi commette reati di questa gravità possa girare liberamente».

Secondo quanto ha riferito alla polizia, tutto ha inizio verso le 22, fuori della stazione dei treni di Mestre, con quello che sembrava un incontro fortuito. «Avevo avuto una discussione in famiglia - racconta la trentacinquenne - e quindi avevo deciso di andare a Mestre. Poco dopo le 22 vengono avvicinata da un uomo, distinto, ben vestito, educato, di origine romena. La scusa era di chiedermi una sigaretta. Mi suggerisce di continuare la chiacchierata a Venezia».

Aveva iniziato a fidarsi di lui, per quei suoi modi gentili. Con il bus arrivano a piazzale Roma, alla rimessa delle bici, dove chiacchierano fin quasi alle 3 di notte. «A quel punto si scatena la sua furia. Mi dice: scommettiamo che adesso fai quello che voglio io? Estrae un taglierino e me lo punta alla gola». È a quel punto che, secondo il suo racconto, sarebbe iniziata la violenza sessuale. Per una, due, tre volte. Solo in un momento lei riesce a prendergli il telefonino dalla tasca e compone il suo numero, così da averlo in memoria nel proprio cellulare. Sempre insieme ritornano a Mestre. «E mentre arriviamo mi dice, vedendo una Volante della polizia: non fare cavolate, perchè dove ti trovo ti ammazzo».

Quando se ne è andato, la 35enne chiama il Centro antiviolenza, quindi va al pronto soccorso a farsi visitare, quindi si reca alla Polfer. «Non finirò mai di ringraziare loro e la Mobile: sono stati tutti eccezionali». Grazie al numero di telefono, concorda un appuntamento con l'aggressore, permettendo così l’identificazione dell’uomo. «Ora vivo nel terrore. E ho paura che colpisca anche altre donne». E poi un pensiero alle cure mediche. «Il medico mi ha dato 35 giorni di prognosi dicendomi: vedrà, signora, che poi tutto passerà. Come è possibile dire una cosa del genere?».

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